Un Consiglio dei Ministri d’emergenza, convocato in piena notte, ha partorito l’ennesimo conflitto di attribuzione con la magistratura per fermare il controllo di legalità nei confronti di personaggi intoccabili. Giusto in tempo per impedire che martedì prossimo la Corte d’appello di Milano possa emettere la sentenza che conclude il processo a carico del gen. Pollari e di altri funzionari del SISMI, imputati di concorso con gli agenti della CIA nel sequestro di Abu Omar. Anche i ciechi vedrebbero che il segreto di Stato non ha nulla a che vedere con questa vicenda. Il segreto di Stato, come ha ribadito la Corte costituzionale, persino con l’ultima sentenza con cui ha salvato il gen. Pollari da un altro processo a suo carico (Sent.n. 40/2012), è preordinato alla salvaguardia della “sicurezza nazionale”, interesse da considerarsi preminente rispetto alle esigenze dell’accertamento giurisdizionale.
Le vicende che hanno portato al sequestro di Abu Omar, compiuto da agenti della CIA in pieno centro di Milano, il 17 febbraio 2003, sono state oggetto di accertamento da parte dell’autorità giudiziaria che ha fatto piena luce sulle responsabilità degli agenti esteri, condannati con sentenza passata in giudicato, senza che ciò abbia recato alcun pregiudizio alla sicurezza nazionale.
I funzionari dello Stato italiano che hanno concorso con gli agenti della Cia, il gen. Niccolò Pollari, all’epoca Direttore del SISMI ed il suo collaboratore Marco Mancini, l’hanno fatta franca nei due giudizi di merito, agitando come uno scudo un preteso segreto di Stato che avrebbe loro impedito di difendersi, in ciò sostenuti dai governi Berlusconi e Prodi che hanno ambiguamente confermato il segreto opposto dai due 007, sollevando ripetuti conflitti di attribuzione per sbarrare la strada all’autorità giudiziaria.
Ma la Corte di Cassazione non si è fatta abbindolare e con la sentenza del 19 settembre 2012, ha statuito che: “il segreto può coprire soltanto operazioni del servizio di informazione debitamente disposte e/o approvate dal Direttore dello stesso e che rientrino nella finalità istituzionali del servizio stesso ma non la condotta illegale posta in essere da singoli agenti del servizio che abbiano partecipato a titolo individuale ad una operazione della CIA “. La Corte ha rilevato che il Presidente del Consiglio (Berlusconi) con una nota dell’11 novembre 2005 aveva escluso ogni coinvolgimento del SISMI e del Governo italiano nel sequestro Abu Omar ed ha osservato che: “mai il SISMI avrebbe potuto partecipare ad una azione illegale che era del tutto estranea alle finalità istituzionali del SISMI, non potendosi far rientrare nelle predette finalità condotte dirette a privare della libertà personale, senza alcun provvedimento dell’autorità giudiziaria, persone allo scopo, per di più, di trasferirle in luogo dove poterle interrogare sottoponendole a torture”.
Nel vigore del Governo Prodi è stata approvata una legge di riforma organica dei servizi di informazione che ha riconosciuto agli agenti segreti le c.d. “garanzie funzionali” per consentire l’esercizio del loro mestiere senza tema di incorrere nei rigori della legge. L’art. 17 della L. 124/2007 prevede che, ricorrendo determinate circostanze, non sono punibili gli agenti che abbiano realizzato condotte vietate dalla legge penale, purchè non si tratti di “delitti diretti a mettere in pericolo o a ledere la vita, l’integrità fisica, la personalità individuale, la libertà personale, la libertà morale, la salute o l’incolumità di una o più persone”.
Insomma la legge italiana non ha concesso agli 007 italiani la licenza di uccidere, a differenza del più noto 007, agente segreto di sua Maestà britannica. Ma gli 007 nostrani la licenza, se non di uccidere, almeno di rapire e torturare, se la sono presa lo stesso, costringendo i Governi italiani, di qualunque colore, a sbarrare la strada all’accertamento dei reati da parte dell’autorità giudiziaria, attraverso l’uso strumentale del segreto di Stato. Di fronte a questo scempio, persino le leggi ad personam confezionate a misura di Berlusconi impallidirebbero di vergogna.