di Nadia Redoglia
Ancora qualche giorno e poi la befana si porterà via mito e leggenda, lanciandoci nel ballo di Monti e l’agenda, di trombette, zuccheri filati e bugie da moti carnascialeschi che, a dispetto del Carnevale, l’Italia trascinerà fino a quaresima inoltrata e chiuderà non prima del 25 febbraio. Ci toccherà poi subire le giaculatorie dei buoni propositi che quelle maschere lì da capodanno hanno preferito rinviare a tutta la campagna elettorale. Sono talmente prese dalle stelle (e stalle) filanti radio-tv da non riuscire manco a recepire che “tutto” ciò che dovevano e potevano fare se lo sono più o meno già giocato ben prima di fine anno: tutto il resto è noia, a parte i quotidiani fardelli (macigni) che pesano sulle spalle di chi dovrà lavorare assai per tentare di smascherarle entro il 25 febbraio.
Se non fosse che in ballo ci stanno il nostro futuro e quello dei nostri figli, faremmo proprio a meno d’essere così apprensivi a fronte delle scene tra il pesante e il ridicolo cui stiamo assistendo, limitandoci, come siamo sempre stati costretti, a fare tappezzeria.
Ma questa volta non possiamo proprio, a costo di buttarci in pista anche pestando i piedi dei nostri ballerini in concorso.