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Pippo Fava e i suoi eredi

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“A che serve vivere se non c’è il coraggio di lottare…”, parola di Pippo Fava ammazzato dalla mafia a Catania il 5 gennaio del 1984. Aveva trascorso la vita contrastando mafie di ogni natura, non smettendo mai di fare nomi e cognomi, contestualizzando gli eventi, riportando alla luce quello che avrebbe dovuto restare nascosto, invisibile agli occhi della pubblica opinione. Lo hanno ammazzato perché non si era lasciato intimidire e aveva usato la parola recitata e scritti per colpire i mafiosi, i loro mandanti, i loro protettori, nella politica e nelle istituzioni, locali e nazionali.

Il suo “coraggio di lottare” lo ha pagato con la vita, ma ha trasmesso una eredità che continua a vivere e a produrre frutti, e non solo tra i compagni di allora (Antonio Roccuzzo e Riccardo Oriolesscrivono in questo stesso spazio, per non parlare del figlio Claudio), ma anche tra i giovani che neppure lo hanno conosciuto.
In questo stesso 5 gennaio, mentre a Catania si ricorda Pippo Fava, a San Cipriano d’Aversa, Caserta,Don Luigi Ciotti é andato ad abbracciare Umberto Pagano e quanti hanno dato vita alla Nuova Cucina Organizzata, un ristorante dal nome ironico e simbolico, realizzata in uno dei beni confiscati alla camorra. I loro piatti della legalità sono andati di traverso a qualcuno, che ha pensato bene di prendere a pistolettate il portone di ingresso del ristorante anti camorra, ultimo di una serie di avvertimenti.

Allo stesso modo, per la quarta volta, le mani della camorra hanno dato fuoco alla struttura  che ospita a Borgo Sabotino, Latina, il Villaggio della Legalità e che é stato realizzato in un bene confiscato. Oggi decine e decine di ragazzi e di ragazzi si sono recati al villaggio per rimettere tutto in ordine e per ripartire. Chiunque ne abbia o ne avrà la possibilità passi a Borgo Sabotino oppure si fermi a San Cipriano per gustare un piatto “anticamorra”, perché comunque la si pensi, queste ragazzi e ragazzi stanno difendendo la Costituzione e la legalità repubblicana.

Sicuramente Pippo Fava, e con lui i tanti morti ammazzati dalle mafie e dalle camorre, avrebbero apprezzato chi vive e continua a coltivare il “coraggio di lottare” anche per questo il 5 gennaio ha assunto un sapore non solo di ricordo, ma anche di impegno per il futuro.

da Il Fatto Quotidiano


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