Se lo sport – e il calcio in particolare – sono lo “specchio” del Paese, dei suoi vizi e delle sue virtu’, quello che e’ successo oggi a Busto Arsizio nell’amichevole della Pro Patria col Milan ne e’ la prova provata, nel bene e nel male. Protagonisti (in negativo) quei “tifosi” della Pro Patria che hanno da subito insultato i giocatori di colore del Milan e – dall’altra parte – protagonisti (in positivo) i calciatori del Milan che dopo neanche mezz’ora di gioco hanno abbandonato il campo d’accordo con l’arbitro , sia in segno di protesta che di solidarietà coi loro compagni. Una “prima volta” importante nel calcio, visto che il razzismo nei nostri stadi e’ purtroppo fenomeno non nuovo alle cronache. Importante che venga da una grande squadra come il Milan, importante – si spera – perché faccia testo e sia un messaggio al campionato. Mai finora,infatti, si e’ verificata una cosa del genere nelle partite che valgono tre punti, pur avendo l’arbitro il “potere” di farlo. Nessuno, stavolta, ha finto di non sentire i “buu” e i cori razzisti, nessuno ha voluto comunque andare avanti (perché guai a interrompere lo spettacolo e lasciare a bocca asciutta il pubblico delle tv!). Basta con le solite giustificazioni (“erano solo pochi tifosi”), basta col tentativo di minimizzare. Una grande squadra, con milioni di tifosi ha dato l’esempio. Un esempio, quello del Milan, che mediaticamente ha un enorme impatto e, per una volta, ci rende orgogliosi: il razzismo negli stadi e’ un virus che non conosce frontiere, in Inghilterra,come in Francia o nei paesi dell’ Est (gli ultra’ dello Zenit-San Pietroburgo hanno addirittura proclamato di non volere “negri e gay” nella squadra del cuore, facendo arrabbiare un altro italiano di cui andare orgogliosi, Luciano Spalletti, allenatore della squadra russa). Ora dall’Italia arriva un segnale forte, che – lo ripetiamo – si spera trovi seguito in campionato, dove la stupidita’ dei tifosi razzisti va punita così come e’ successo oggi a Busto Arsizio.