di Tommaso di Francesco*
«I croati devono sbarazzarsi di questo vampiro…», «È un bastardo italo-serbo…», «Le operazioni Fulmine e Tempesta non si realizzarono da sole nel ’95. Ci vorrà ancora una epurazione uragano, per eliminare tutti i nemici della Croazia». Con queste parole, a fine 2012 e nelle prime settimane del 2013 si è intensificata la campagna di Hrvatski List, il giornale dell’estrema destra croata contro lo scrittore Giacomo Scotti, da sempre collaboratore del manifesto
Non sono passati nemmeno due mesi dall’assoluzione al Tribunale dell’Aja per i crimini nell’ex Jugoslavia, dell’ex generale croato Ante Gotovina e del capobrigata Mladen Markac, che gli effetti revanscisti di questa vergognosa impunità cominciano a vedersi. Scriviamo «vergognosa» perché è questo l’aggettivo che è stato usato da alcuni ex responsabili ed ex esponenti del Tribunale dell’Aja, a cominciare dal procuratore Carla Del Ponte che Gotovina aveva incriminato e ricercato. E tale naturalmente è stata considerata negli altri paesi balcanici, a cominciare dalla Serbia dove vivono, si fa per dire, più di trecentomila serbi di Slavonia e Krajina cacciati nel terrore – fu la più grande operazione di pulizia etnica dell’intera guerra balcanica – che difficilmente dimenticheranno la loro espulsione violenta e le più di duemila vittime.
Di cosa erano responsabili i serbi di Croazia? L’unica loro colpa fu l’avere proclamato un’entità autonoma serba nella Croazia che si era autoproclamata stato indipendente sulla sola base etnico-nazionalista della «croaticità». Elemento che bastò perché venisse immediatamente, quanto irresponsabilmente, riconosciuta come nazione subito da Germania e Vaticano e poi da tutta la «civile» Europa, ma senza tenere conto di un problema: che fine facevano quelli che croati non erano? Gotovina e Markac furono i protagonisti del crimine della loro cacciata violenta. Dopo le minacce dell’Unione europea perché senza la consegna di Gotovina, nella fuga dorata alle Baleari, e dopo la sua cattura e condanna a 24 anni di carcere, è arrivata in appello la sconcertante assoluzione «per mancanza di prove» sulle responsabilità dirette dei due criminali di guerra. Grazie a «pressioni americane», secondo lo stesso New York Times. Alla faccia del diritto internazionale che, da questa sentenza, giace ancora di più morto e seppellito. Con in più il danno provocato alla possibilità di una giustizia condivisa per le responsabilità dei nazionalismi balcanici che, tutti, hanno insanguinato l’ex Jugoslavia dal 1991 al 2002. Un clima revanscista che indubbiamente peserà anche sul destino della fragilissima democrazia croata.
Ora, l’avere raccontato i crimini dell’Operazione Tempesta, e probabilmente anche la denuncia dell’assoluzione del duo criminale Gotovina-Markac, è costato allo scrittore e storico italiano Giacomo Scotti – collaboratore da sempre del manifesto – l’«onore» di essere ammesso nella «lista nera» dei fascisti neo-ustascia croati che, semplicemente, ora lo minacciano di morte. Scotti è nato a Saviano (Napoli) ed è vissuto fin da giovane nell’ex Jugoslavia, ed è fra l’altro famoso in tutto il mondo per il libro Goli Otok, ritorno all’isola calva (Lint, 1991) nel quale racconta i crimini del regime di Tito contro i cosiddetti «cominformisti», vale a dire i comunisti che al momento della rottura tra Tito e Stalin nel 1948, rimasero fedeli a Mosca.
La campagna neofascista contro di lui, cominciata alla fine dell’anno appena trascorso, fatta «scoppiare» alla vigilia di Natale con il coinvolgimento dei vertici della città di Fiume-Rjeka, continua e si intensifica in queste prime settimane dell’anno nella forma di una vera e propria battuta di caccia intrapresa dagli estremisti del nazionalismo croato. Sul portale on-line del Hrvatski List, settimanale di estrema destra, si va allungando l’elenco di coloro, per lo più celati sotto pseudonimi o cosiddetti nomi di battaglia, che additano in Scotti «il più grande nemico della Croazia al di qua e al di là del fiume Drjina», chiedendo la sua lustracija, sostantivo che vuole dire, letteralmente, epurazione, eliminazione, liquidazione, annullamento. Insomma un invito a fargli la pelle. Tra l’altro si legge: «I croati devono sbarazzarsi di questo vampiro, topo di fogna e scarafaggio». «Se ci sarà bisogno di una terapia radicale in Croazia, lo vedremo presto…. le operazioni Fulmine e Tempesta non si realizzarono da sole nel 1995. Ci vorrà ancora una epurazione uragano, per eliminare tutti i nemici della Croazia». Fulmine e Tempesta sono le denominazioni date dall’allora «guida suprema» e presidente croato Franjo Tudjman alle operazioni di guerra condotte nel 1995, in maggio la prima e in agosto la seconda, per la cacciata dei serbi dalla Slavonia orientale e dalle regioni della Lika e dal Kordun che portarono alla cancellazione della cosiddetta Repubblica autonoma serba della Krajna.
In quei territori, come ha scritto Scotti nel suo libro Croazia, operazione Tempesta, (pubblicato a Roma nel 1996 dalla Gamberetti Editrice con prefazione di chi scrive), «fu cacciata quasi interamente la popolazione serba che vi abitava da secoli, fu attuata una radicale e sanguinosa pulizia etnica in Croazia». A sedici anni di distanza i seguaci di estrema destra della lista croata chiedono vendetta ovvero l’«eliminazione» di Giacomo Scotti. Come se non bastassero le minacce, quelli del Hrvatski List sono intervenuti anche sulle pagine croate di Wikipedia inserendo una nuova pagina di calunnie e di vergognose accuse contro lo scrittore italiano per il quale l’espressione meno oltraggiosa usata è quella di «omiciattolo». Ne è stata pertanto modificata e falsificata la biografia e presentato con questi attributi: fascista, comunista, fascista rosso, esponente dell’irredentismo italiano, traditore della Croazia. Con una interpellanza al comune di Fiume-Rjeka, che nel 2008 assegnò a Scotti il premio Città di Fiume per l’opera omnia in letteratura e per avere conseguito all’amicizia tra i popoli delle due sponde dell’Adriatico, l’esponente dei «difensori della patria» Cedo Butkovic ha chiesto l’annullamento di quel riconoscimento dato «al peggiore nemico della Croazia».
Che la persecuzione subìta da Scotti sia di origine neo-ustascia lo dimostra l’articolo di Josko Celan, sempre su Hrvatski List, che ha dato inizio alla caccia contro lo scrittore. Come prova della diplomaticità di Scotti ci sono, scrive Celan, due suoi libri Ustascia fra il fascio e la svastica (Udine, 1976) nel quale l’autore denunciò gli stermini compiuti dal regime del duce croato Ante Pavelic sostenuto da Mussolini e Hitler, e il libro Kraguievac, la città fucilata (Milano, 1968) nel quale il «bastardo italo-serbo» descrisse il massacro operato nel 1941 dai nazisti a Kraguievac trucidando oltre oltre settemila serbi, compresi gli alunni di tutte le scuole, in una sola giornata. Quindi per i neo-ustasca croati scrivere un libro contro i nazisti finisci tra i traditori della Croazia.
Celan si è guardato bene dal ricordare che «il peggior nemico della Croazia», così definisce Scotti, fu per lunghi anni, dal 1992 al 1999, presidente dell’Associazione pacifista e umanitaria Arcobaleno che coordinò gli aiuti ai profughi in Croazia di una quarantina di associazioni umanitarie italiane distribuendo da trenta a quaranta tonnellate di viveri ogni mese alle vittime della guerra rifugiatesi nella regione del Quarnero. E dimentica di scrivere che Giacomo Scotti ha avuto il doppio onore di finire anche nella «lista nera» dei fascisti italiani del Msi-Destra nazionale che hanno scatenato contro di lui una campagna di demonizzazione. Perché Scotti ha raccontato la vicenda delle foibe non solo nei contenuti poi diventati revisionismo storico aperto e celebrazione di stato nel solo ricordo delle vittime italiane, ma nella sua origine e responsabilità: quella degli occupanti italiani, fascisti ed esercito, che inventarono il sistema di eliminazione rappresentato dalle foibe e commisero, tre anni prima delle ritorsioni dei partigiani jugoslavi, crimini e stragi efferate tra le popolazioni civili dei Balcani, a cominciare dal massacro di quelle slovene, ancora in gran parte nascoste dalla storiografia ufficiale del Belpaese che preferisce ancora rappresentare gli italiani in guerra come «brava gente». Valgano per tutti ancora due libri di Scotti, da Dossier Foibe (Ed. Manni, 2005, prefazione di Enzo Collotti), fino a L’isola del male, il regno della morte, sulle stragi compiute dai fascisti italiani nell’occupazione e annessione della Dalmazia tra il 1941 e il 1943, (ed. Guido Zanella, Verona 2012).
Insomma, come si vede Giacomo Scotti si è sempre posto, anche come scrittore, dalla parte delle vittime. È questo probabilmente il contenuto davvero insopportabile per ogni fascismo, croato o italiano che sia.
* Il Manifesto 17 gennaio 2013