di Roberto Arduini*
“Dovrai morire”, gli hanno detto al telefono più di una volta. Gli hanno rotto anche i vetri alle finestre di casa, in cui però non passa più molto tempo. «Lo rifarei», dice Dwight Worley, senza mostrare timori per tutte le intimidazioni subite. «E gran parte della redazione è dalla mia parte». Il giornalista è l’autore dell’articolo sul Journal News, che circa due settimane fa ha pubblicato onlineinsieme a una mappa interattiva, i nomi di oltre 33mila persone con porto d’armi nelle contee di Westchester e Rockland, alla periferia di New York. Da allora, Worley e i suoi colleghi non fanno che subire minacce di morte.
Ma non solo. Chi si è
indignato per l’iniziativa è arrivato al punto di rispondere
diffondendo sul web i dati personali di redattori e dipendenti del
quotidiano: l’indirizzo di casa e quello delle scuole frequentate
dai figli. Diversi giornalisti sono stati minacciati di essere uccisi
mentre uscivano di casa per prendere l’auto. Alcuni blogger hanno
anche incoraggiato gli hacker a rubare le informazioni relative alle
carte di credito dei dipendenti del quotidiano. E due pacchi con
polvere bianca sono stati recapitati alla redazione, con un terzo
inviato a casa di un giornalista: tutti si sono poi rivelati innocui.
La decisione di pubblicare la lista dei possessori di armi da fuoco,
come reazione alle strage compiuta da un folla nella vicina Newton,
nel Connecticut, ha scatenato molte polemiche negli Stati Uniti I
politici locali hanno condannato la mappa, mentre un deputato
democratico, Stephen Dargan, co-presidente del Comitato pubblico per
la sicurezza, ha presentato un disegno di legge per rendere pubblici i
nomi e gli indirizzi dei 170mila cittadini del Connecticut in possesso
di porto d’armi.
I sostenitori locali delle armi stanno invece incoraggiando il
boicottaggio della pubblicità sul Journal News. Sommavilla Scott,
presidente dell’associazione locale dei possessori di armi, che
conta 35mila membri, ha riferito che dal loro sito web ben 44mila
persone hanno scaricato l’elenco degli inserzionisti del quotidiano
da boicottare. Ma ha sottolineato che la sua associazione non
incoraggia in alcun modo le minacce personali: «Fare pressione sugli
inserzionisti è il modo migliore da parte dei possessori di un’arma
per esprimere la nostra disapprovazione per l’articolo».
La presidente ed editrice del gruppo, Janet Hasson, si è così
trovata costretta ad assumere guardie armate per sorvegliare le sedi
del gruppo. Hasson sta inoltre pagando il soggiorno in albergo ai
dipendenti che non si sentono sicuri nel rimanere nelle proprie case.
Sono state anche offerte guardie per accompagnare alle loro autoi
dipendenti del giornale. Ai giornalisti e al personale è stato infine
consigliato di cambiare tutti i recapiti telefonici. «La gente ha il
diritto di sapere chi possiede armi all’interno della propria
comunità tanto quanto i possessori di armi ha il diritto di averle in
casa», ha difeso la sua decisione Worley.
*tratto da L’Unità