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Un errore chiudere il premio giornalistico intitolato a Sandro Curzi

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Apprendo che la Rai avrebbe deciso di chiudere il premio giornalistico intitolato ad Alessandro Curzi. Peccato. Perché Sandro non rappresenta solo un pezzo di un glorioso passato, Curzi fu innovatore. Ricordo un tempo in cui i grandi Tg della Rai aspettavano il giorno dopo prima di dare le notizie difficili della politica. Per non sbagliare. E Sandro volle invece che il suo Tg, già alle 19, avesse i titoli e le notizie dei giornali in edicola il giorno dopo. Rischiando! Ricordo come ci consentì di buttare a mare “il pastone” sostituendolo con i documenti della giornata (brani salienti di interviste vere) e interpretazioni giornalistiche agili e dirette.  Né posso dimenticare l’attenzione che ebbe lui, comunista italiano, per  i fenomeni che sembravano poter innovare lo stagnante quadro politico (Craxi a metà degli anni 80, Bossi già dal 91, Segni quando si cominciò a parlare di maggioritario).

Ricordo come ci portò a seguire i fatti di piazza Tien An Men (come se avvenissero in Italia), e le lunghe dirette al tempo della prima guerra d’Iraq o delle guerre di mafia nel 92, con un giornale in onda da Palermo. Seppe dare fiducia, insieme a Guglielmi, a giornalisti come Santoro. Seguì le vicende del post comunismo raccontandole non solo da Botteghe Oscure ma  anche dalle cucine delle feste dell’Unità. Dando spazio a quel popolo frastornato che ispirò “la cosa” di Nanni Moretti.

E’ di “Giovani” come Curzi  che la Rai oggi ha bisogno.


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