40 anni fa, il 12 dicembre 1972, il Parlamento approvava la legge che riconosceva il diritto all’obiezione di coscienza al servizio militare e istituiva il servizio civile alternativo. Ieri un altro Parlamento, figlio di una pessima legge elettorale e di una politica peggiore, ha approvato un’altra legge ma di segno opposto. Al posto dell’obiezione (alle armi) c’è l’obbedienza (alla lobby delle armi).
Ieri sera il Parlamento ha approvato la legge che delega al prossimo governo la riforma delle Forze Armate. Ho ascoltato le ultime battute di questa vicenda seduto accanto alle donne che si portano sulle spalle il peso intero di una famiglia che non ce la fa, a quelle che fanno due/tre lavori per arrivare a fine mese, agli uomini disperati a cui è stato tolto il lavoro e che oggi si sentono uno zero, ai dipendenti e artigiani che stanno lottando con le unghie e con i denti per difendere il proprio lavoro, ai nuovi poveri che fanno la fila alle mense della Caritas e provano vergogna per quello che non avevano mai immaginato di dover fare, ai giovani che trovano le porte chiuse dell’università e del mondo del lavoro, alle famiglie di anziani che stanno sempre peggio, a quelle che sostengono delle persone con disabilità e sono state lasciate sole. E oggi sono ancora qui, seduto accanto a loro, a cercar di dare un senso a quello che è successo. Ma un senso non c’è.
Che le forze armate abbiano dei problemi non v’è dubbio. Ma di questi tempi i problemi ce l’hanno in tanti. Il Parlamento ha scelto di occuparsi dell’esercito come non ha fatto per nessun altro. Poveri, disoccupati, inoccupati, esodati, precari, bisognosi, nessuno ha ricevuto tanta attenzione, tanta dedizione quanto questo piano per le forze armate. In soli 6 mesi questo parlamento ha approvato una legge che garantisce ai generali più di 230.000 milioni di euro per i prossimi 12 anni. Roba da guinness dei primati. Cosa posso dire a tutta questa gente che ho a fianco e che non sa più dove andare a sbattere la testa? Che il futuro delle forze armate è più importante del loro? Che fare la guerra in giro per il mondo è più importante che dichiarare guerra alla miseria e alla disoccupazione? Che comprare gli F-35 è più importante che dare un po’ d’aiuto a chi ne ha disperato bisogno?
40 anni fa, il 12 dicembre 1972, il Parlamento approvava la legge che riconosceva il diritto all’obiezione di coscienza al servizio militare e istituiva il servizio civile alternativo. Ieri un altro Parlamento, figlio di una pessima legge elettorale e di una politica peggiore, ha approvato un’altra legge ma di segno opposto. Al posto dell’obiezione (alle armi) c’è l’obbedienza (alla lobby delle armi). Al posto della coscienza (personale) c’è l’incoscienza (collettiva). Al posto del servizio civile c’è il servizio ai generali. Al posto dei valori (della pace, del disarmo, della solidarietà, della condivisione, della partecipazione e dell’educazione) ci sono i dolori provocati da una riforma che taglia 43.000 posti di lavoro per comprare altre bombe e organizzare altre guerre. Non c’era modo peggiore di chiudere questa legislatura.
Il fatto più grave, tra i molti che non smetteremo di denunciare, è il furto di libertà e democrazia perpetrato ai danni del prossimo parlamento e, quindi, di noi tutti. Si può delegare un governo a fare una riforma. Non un governo dimissionario. Non su una materia così delicata. Non c’era nessun bisogno di farlo. C’erano solo, in fin dei conti, la pretesa e la paura. La pretesa dell’Ammiraglio Di Paola di fare tutto da solo. E la paura della cattiva politica di doversi confrontare con un parlamento (il prossimo) che immagina peggiore di questo. Ieri hanno vinto loro ma domani dovranno fare i conti con le conseguenze delle loro decisioni. E soprattutto con tutta quella gente che non sopporta più di veder buttare tanti soldi inutilmente. Intanto la partita si fa politica, entra nella campagna elettorale e investe tutte le forze che si candidano a cambiare per davvero. Diamo all’Italia un governo di pace.
*Coordinatore nazionale della Tavola della pace