Libero, autonomo da governi e partiti, e tecnologicamente rinnovato. E’ l’idea di servizio pubblico a cui aspira Vittorio di Trapani, il nuovo segretario Usigrai recentemente eletto al congresso di Salerno del sindacato Rai. “Una Rai in cui si valorizzino le risorse interne e tornino le professionalità escluse e i temi sociali cancellati dal video”.
Due giorni fa il Consiglio di Amministrazione della Rai ha varato le nuove nomine per le tre reti Rai principali e il Tg1.
Un esito piuttosto preoccupante dal momento che il risultato è stato un 5 a 4 quindi con una maggioranza risicata e per di più con i voti determinanti dei consiglieri di emanazione governativa.
Qual è la causa della spaccatura?
Il metodo innanzitutto, nessuna discontinuità rispetto al passato. E una Legge Gasparri tuttora in vigore che è un ostacolo a qualsiasi tipo di cambiamento.
In che termini va riformata la Legge?
In un modo solo: sottraendo la Rai dal controllo e dal condizionamento di partiti, governi e lobbies. E’ la precondizione per garantire autonomia e indipendenza del servizio pubblico.
Al Congresso di Salerno avete affermato che prima ancora di parlare di nomine era necessario riportare in Rai i soggetti esclusi.
Soggetti e oggetti: le professionalità escluse, marginalizzate e sottoutilizzate – e non mi riferisco solo al Tg1 – ma anche i contenuti, quei tanti temi nazionali ed internazionali troppe volte tenuti fuori dai telegiornali.
La Rai in questi anni ha fatto spesso ricorso a professionalità esterne.
Sbagliato. E’ sulle risorse interne che bisogna investire. Penso ai tanti giornalisti che in Rai potrebbero svolgere autorevolmente qualsiasi ruolo, sia nei telegiornali che negli spazi di approfondimento.
Da dove bisogna ripartire per migliorare la Rai?
Da una riforma complessiva dell’azienda, che rilanci il concetto di servizio pubblico nell’ottica dell’innovazione e di un vero e proprio piano per la digitalizzazione. Non si tratta di un mero passaggio tecnico ma della ridiscussione degli stessi modelli produttivi. Per questo penso che in Rai la guida della “rivoluzione tecnologica” dovrebbe essere affidata a un giornalista, non per una “difesa di casta” ma perché l’innovazione affidata ad un giornalista che conosce il prodotto finale è un’innovazione finalizzata al prodotto…
Rai innovata ma non privatizzata quindi.
Assolutamente no. Al contrario andrebbe avviato un grande dibattito nazionale sul ruolo del servizio pubblico, in vista del rinnovo della concessione, in scadenza nel 2016”.
C’è un modello di servizio pubblico al quale dovremmo ispirarci?
La Royal Charter Bbc incarna perfettamente l’idea di servizio pubblico: con il massimo livello di innovazione e soprattutto di autonomia da ogni forma di condizionamento.