Primarie show. La lunga campagna elettorale tra i cinque candidati ed il successivo ballottaggio hanno avuto un effetto mediatico, prima ancora che politico, dirompente. Il Pd ha fatto un balzo avanti nei sondaggi, sfondando quota 30 e tornando ai livelli del 2008, con picchi oltre il 33%. Da un 26 di partenza. 7 punti percentuali guadagnati che dovranno essere mantenuti da oggi sino al voto. Se Bersani non commetterà errori clamorosi, questo ‘tesoretto’ lo proietterà a Palazzo Chigi. Le primarie si sono dimostrate uno strumento di comunicazione politica dall’efficacia straordinaria. Innanzitutto hanno imposto l’agenda ai media. In quest’ultimo mese il dibattito politico nel centrosinistra è stato di fatto dominato dalla compartizione tra Bersani, Renzi, Vendola, Puppato e Tabacci. Tv, radio e giornali hanno parlato prevalentemente del confronto per la leadership nel campo progressista, costringendo anche la destra a fare i conti col sistema delle primarie. Imposta l’agenda, le primarie hanno avuto un ruolo fondamentale nello stimolo alla partecipazione, alla mobilitazione e alla motivazione dell’elettorato del centrosinistra. Circoli riaperti, sezioni in fibrillazione, le primarie hanno messo in moto con largo anticipo rispetto alle elezioni politiche la macchina organizzativa di partiti e movimenti, già pronta ad affrontare una lunga campagna elettorale. Anche sui social network la presenza del tema e la partecipazione al confronto sono state massicce, aprendo discussioni e polemiche continue. Un effetto di moltiplicazione che ha permesso al Pd e Sel di smarcarsi dal dibattito quotidiano, lasciando le questioni più spinose nelle mani del governo e degli altri partiti, costringendo questi ultimi all’inseguimento su un terreno ostile. Basta dare un’occhiata all’altro schieramento. Il tentativo del pdl di imitare le primarie rischiano di trasformarsi in farsa, per la mancanza di una tradizione di partecipazione e per la presenza di candidati alquanto improbabili. La democrazia non s’improvvisa.