Il rapimento di tre marinai italiani ed uno ucraino nel sud e gli attentati della notte di Natale contro due chiese cristiane nel nord ripropongono drammaticamente l’emergenza che sta vivendo la Nigeria, il paese più popoloso d’Africa con 160 milioni di abitanti. Il sequestro della nave è avvenuto nelle acque dello stato petrolifero di Bayelsa, dove le grandi multinazionali sono impegnate nell’estrazione del petrolio. In questa area sta guadagnando consensi il Mend, il movimento per la emancipazione del delta del Niger, che riunisce bande criminali ed esponenti politici che si battono per una equa distribuzione del reddito proveniente dal petrolio alle popolazioni locali (che assistono impotenti all’inquinamento delle falde acquifere e dei campi agricoli e alla diffusione di tumori). Accanto a questo a questo movimento dalla forte caratterizzazione politica, si sta diffondendola pirateria. Solonel 2012 si sono registrati 51 atti di pirateria al largo della Nigeria e nel golfo di Guinea. I rapimenti di solito si risolvono positivamente con il rilascio degli ostaggi dopo il pagamento del riscatto.
Con il sequestro dei tre marinai campani, sale a 5 il numero dei nostri connazionali nelle mani dei rapitori. Gli altri due italiani sono l’ingegnere Mario Belluomo (63 anni, catanese) rapito in Siria lo scorso 17 dicembre ed il cooperante Giovanni Lo Porto (38 anni, palermitano) da quasi un anno (precisamente dal 19 gennaio scorso) nelle mani di un gruppo talebano in Pakistan.
Intanto per il terzo Natale consecutivo le chiese cristiane nel nord della Nigeria a maggioranza musulmana sono state prese di mira dai terroristi islamici. Almeno 12 fedeli sono stati uccisi in due diversi attentati mentre pregavano alla messa di mezzanotte. Andare in chiesa è diventato per i cristiani nigeriani un atto di coraggio, una opzione per il martirio visto che gli attacchi si susseguono con drammatica periodicità ogni settimana. E’ l’espressione del forte disagio di un paese che sta conoscendo un fortissimo e veloce sviluppo economico di cui usufruisce solo una ristretta cerchia di imprenditori e politici vicini ai centri di potere economici e militari, in un paese dove la gran parte della popolazione sopravvive con meno di due dollari al giorno. La Nigeria rischia di diventare la polveriera d’Africa se anche la comunità internazionale continuerà ad ignorarne le contraddizioni.