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Le domande di Ingroia riguardano anche l’articolo 21 della Costituzione

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Il prossimo possibile governo di centro sinistra procederà alla eliminazione di tutte le norme “Ad personam” e “Ad aziendam” che hanno segnato l’ultimo ventennio? Questo il cuore della lettera e delle domande che Antonio Ingroia ha rivolto al segretario del Pd Bersani, in qualità di candidato alla presidenza del Consiglio. Sarebbe un gravissimo errore liquidare queste domande con fastidio o, peggio, lasciarle cadere perché si tratta di domande rilevantissime per chiunque creda nei valori della legalità e si riconosca nella Carta costituzionale.

Ingroia si riferisce in modo esplicito al settore della giustizia perché, come lui stesso scrive, si tratta della materia che meglio conosce e forse perché proprio in quel campo Berlusconi, e non solo Lui, ha dato il peggio di sé, alterando e colpendo al cuore quel principio di uguaglianza che rappresenta la chiave di volta della legalità repubblicana e della Costituzione.
L’abrogazione di quelle norme non avrebbe nulla di radicale, ma sarebbe una doverosa premessa per ricondurre l’Italia nei parametri europei, per risalire posizioni nelle graduatorie internazionali che ci vedono agli ultimi posti in materia di corruzione, in altre parole per riconquistare, anche in sede internazionale, una dignità perduta.
Naturalmente questo adeguamento dovrà essere realizzato anche sulle condizioni delle carceri e dei carcerati, sulla lunghezza dei processi, sui diritti degli imputati, sui tempi delle sentenze, per fare solo qualche esempio.

Realizzare una positiva interlocuzione su questi punti, al di là di qualsiasi valutazione sugli schieramenti e sulle alleanze, potrebbe aprire la strada ad un positivo dialogo tra forze politiche, sociali, movimenti che pure hanno avuto ed avranno posizioni e percorsi distinti e forse anche distanti.
Una convergenza pubblica e trasparente sul tema della legalità e sulla necessità di chiudere definitivamente la stagione delle norme ad personam dovrebbe registrare la convergenza di un ampio schieramento capace di superare qualsiasi steccato di parte o di partito, perché mai un moderato non dovrebbe sentire come “Roba sua” questi valori?

Alle domande di Ingroia vorremmo solo aggiungerne altre a partire proprio da una sua affermazione quando chiede che si introduca il reato di “Ostruzione alla Giustizia”.
Questo medesimo concetto, pari pari, andrebbe introdotto ed applicato anche in riferimento alla libertà di informazione e all’articolo 21 della Costituzione.
Cosa altro é stato ed é l’irrisolto conflitto di interessi? Non é forse il prevalere dell’interesse privato sull’interesse generale e non ha prodotto un ostacolo grave alla libera circolazione delle notizie e al diritto di ogni cittadino ad essere informato?
Non ha determinato una prolungata situazione di oscuramento di temi e soggetti sociali sgraditi al proprietario dell’interruttore mediatico?
Gli editti bulgari, l’abrogazione della normativa antitrust, il controllo politico sulle Autorità di garanzia e sulla Rai, i colpi alle spalle inferti al principio di concorrenza, la soppressione autoritaria dei programmi sgraditi, i tentativi di introdurre norme bavaglio, l’uso delle “querele temerarie” come strumento di intimidazione nei confronti dei cronisti, non sono forse stati un grave e permanente ostacolo alla realizzazione dell’articolo 21 della Costituzione?

Per queste ragioni sarebbe giusto e doveroso che tutti coloro che si candideranno alle elezioni politiche negli schieramenti alternativi a quello della destra, dicessero con chiarezza se queste “ostruzioni” saranno rimosse in modo radicale e sostituite con leggi e norme capaci di far rientrare l’Italia nei parametri europei, come per altro é stato chiesto, più volte, dal Parlamento e dalla Commissione europea e dallo stesso Consiglio d’Europa.
Sarà una casualità, ma l’Italia occupa le ultime posizioni di tutte le graduatorie internazionali sia in materia di corruzione, sia in materia di libertà di informazione.
Dal momento che tutti, Monti compreso, ci invitano un giorno si e l’altro pure, a “fare come in Europa”, non si comprende perché mai l’invito sia sempre fermato una volta arrivati nei pressi del perimetro del conflitto di interessi.

Non si tratta di fare la guerra a qualcuno, ma più semplicemente di smetterla di fare la guerra al principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.
Almeno su questo, anche solo su questo, si può ipotizzare una grande alleanza civile e culturale, ancor prima che politica?

* da Micromega


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