Se fossi in voi, mi riferisco ai lettori, non sottovaluterei l’impatto della sesta discesa in campo di Silvio Berlusconi (che era prevedibile almeno da una settimana, dieci giorni) soprattutto nel settore dell’informazione, più che mai importante in un periodo che possiamo già definire di apertura della campagna elettorale. Ormai la data delle elezioni può oscillare tra la fine di febbraio e la metà di marzo 2013 dopo la decisione, sempre dell’uomo di Arcore, di considerare conclusa la stagione del governo tecnico di Mario Monti e concedere al massimo l’approvazione di due o tre provvedimenti (la legge di stabilità e quella di bilancio ma probabilmente non la delega fiscale nè il riordino delle province) prima di invitare (per usare termini cortesi) il Capo dello Stato a sciogliere le Camere e a indire le prossime elezioni politiche.
Non è un mistero l’influenza notevole che il leader populista di Mediaset esercita non solo sulle sue televisioni ma anche sulla Rai, come del resto le nomine recenti dei responsabili delle tre reti hanno messo in luce in maniera chiara e inequivocabile.
A questo si aggiunge che la fine precoce della legislatura (intendiamoci si tratta di poco meno di due mesi prima del previsto) rende letteralmente impossibile il varo di una riforma elettorale, anche se probabilmente tutti, o alcuni, dei leader presenti in parlamento non abbiano voluto resistere
di fronte a una legge che attribuisce ai segretari di partito, o almeno ai loro staff più ristretti, la facoltà di scegliere, con criteri in nessun modo sindacabili o discutibili, i nomi di quelli che gli elettori faranno entrare (o rientrare) in parlamento.
E dunque si va verso uno scontro politico ed elettorale che, con ogni probabilità, non consentirà nè all’uno nè all’altro schieramento di raggiungere una sicura maggioranza, e tanto meno di conseguirla alla Camera e al Senato, visti i criteri diversi con i quali si determinano le maggioranze nell’una e nell’altra Camera.
Insomma un’altra situazione di stallo non in grado di consentire a un governo, comunque formato, di funzionare per il periodo necessario a ricostruire un paese avvolto in una grave crisi che è, nello stesso tempo, morale e politica, sociale ed economica.
Proprio perchè sono convinto – quanto lo è l’on. Bersani o altri che conosco da tempo nell’attuale parlamento – che si tratterà di un’opera necessaria quanto difficile, la prospettiva di un nuovo periodo di transizione e nuove elezioni a breve scadenza mi appare come una pericolosa perdita di tempo.
E come se, nel momento di sicuro tramonto della sua stella, Berlusconi riuscisse a porre le basi di una sosta, di cui il Paese non ha nessun bisogno, per evitare che il destino degli italiani si allontani definitivamente dalla sua predicazione retorica e dal sogno del miracolo con cui vent’anni fa riuscì in pochi mesi ad ottenere la maggioranza elettorale e a diventare per la prima volta capo del governo italiano.
Pessimismo eccessivo? Credo di no ma forse consapevolezza di un pericolo che non dovremmo ancora una volta sottovalutare.