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Giornalisti minacciati. Pietro Grasso, per proteggerli serve una legge ad hoc

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www.ossigenoinformazione.it– Per proteggere i giornalisti italiani da minacce e intimidazioni così gravi e diffuse “si avverte la necessità di una legge, da studiare bene, che abbia l’obiettivo di sanzionare chi ostacola la libertà di informazione”, ha detto il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso al convegno “Mafia e Informazione. I giornalisti minacciati e le notizie oscurate”che si è svolto oggi nella sala “Caduti di Nassirya” di Palazzo Madama, sede del Senato.

“Il nostro osservatorio”, ha commentato il direttore di Ossigeno, Alberto Spampinato, “lo chiede da anni. Abbiamo provocatoriamente proposto  un reato di ostacolo all’informazione, pur sapendo che creare una nuova figura di reato è pressoché impossibile, ma certamente è possibile prevedere delle aggravanti specifiche per tutte quelle intimidazioni che si configurano come reati esistenti quando siano commessi allo scopo di ostacolare il diritto dei cittadini di essere informati”. “Ciò a cui penso”, ha precisato Grasso, è una legge che tuteli l’applicazione dell’articolo 21 della Costituzione.

“Occorrono certamente innovazioni legislative. Alcune – ha commentato il sen. Enrico Musso (Antimafia) – sarebbero semplicissime da approvare. Mi chiedo perché non siano state ancora approvate” .

Queste battute danno l’idea dell’andamento del confronto che si è svolto al convegno. Sul tavolo dei relatori dell’evento, organizzato da Ossigeno per l’Informazione e dall’Associazione della Stampa romana, oltre a Grasso, Spampinato e Musso c’erano i giornalisti Lirio Abbate e Giuseppe Mennella (in rappresentanza dell’Università Tor Vergata) e il segretario dell’Associazione Stampa Romana Paolo Butturini. Il presidente del Senato Renato Schifani ha inviato un messaggio sottolineando l’importanza del lavoro dei giornalisti che sfidano i rischi per garantire una informazione completa (vedi il testo in calce).

“La mafia – ha detto il procuratore Grasso – teme gli attacchi sul terreno dell’informazione: pretende il silenzio stampa e mal digerisce i giornalisti scomodi. In Italia ci sono regioni in cui un giornalista rischia la vita per raccontare senza veli la realtà del potere, ci sono regioni in cui si combatte una battaglia quotidiana fra la passione e il potere dell’informazione e la pretesa del silenzio che diventa violenza, intimidazione, minacce di morte”.

Grasso è partito da un ricordo personale del giornalista Mario Francese, ucciso nel 1979 a Palermo per aver portato alla luce gli interessi della mafia corleonese sul grande affare della costruzione della Diga Garcia, nel Belice. Occorre, ha detto, difendere sempre con il dovuto equilibrio tre diritti garantiti dalla Costituzione italiana: il diritto di cronaca esercitato dai giornalisti; quello della magistratura, che deve poter portare avanti le indagini senza interferenze e godendo di un grado necessario di riservatezza; e quello dei cittadini di essere informati. Questi tre diritti, ha detto Grasso, devono essere rispettati ed esercitati senza abusi.

Alberto Spampinato ha inquadrato il problema delle minacce ai giornalisti italiani nel quadro europeo mostrando una mappa dell’Europa che riassume i dati dell’osservatorio internazionale Freedom House. In questa mappa l’Italia è l’unico Paese dell’Unione Europea in cui l’informazione è ‘parzialmente libera’, come in Turchia, nei Balcani, in alcui paesi ex sovietici dell’Est europeo. Una delle cause di questo declassamento, ha ricordato, è il fatto che in Italia la professione giornalistica e la libertà di stampa non è sufficientemente protetta, né dalla giurisprudenza, né dalla società civile.

“Quattro anni fa – ha spiegato Spampinato – con questo osservatorio promosso dalla FNSI e dall’Ordine dei Giornalisti abbiamo iniziato a raccogliere un dossier sulle intimidazioni ai giornalisti. Abbiamo scoperto un continente inesplorato, abbiamo certificato dal 2006 a oggi oltre 1200 minacciati. Ma ancora oggi e difficile far capire la gravità della situazione. Le minacce non vengono solo dalla mafia, ma quelle mafiose sono certamente le più gravi, quelle che caratterizzano negativamente alcune regioni. Bisogna sempre tenere presente che la mafia può esistere solo a condizione di negare la propria esistenza e ha fra i suoi compiti irrinunciabili quello di oscurare le informazioni ad essa nocive. Se non riusciamo ancora a sconfiggere la mafia è perché non c’è, nell’opinione pubblica, la adeguata percezione culturale di questo fenomeno e perché non si combattono abbastanza le azioni che sviluppa per proteggersi”.

“Se ad esempio la Rai – ha proseguito Spampinato – per fare informazione e approfondimenti sulla criminalità organizzata spendesse gli stessi soldi che spende per seguire il campionato di calcio, io credo che si dimezzerebbe il tempo che ci separa dalla sconfitta delle mafie”.

Enrico Musso, presidente del comitato Scuola e Legalità della commissione Antimafia, ha parlato delle audizioni di venti giornalisti minacciati svolte  quest’anno dalla commissione. “Abbiamo appena deciso di renderele pubbliche integralmente. Non sono emerse novità clamorose – ha detto –  ma numerosi elementi fanno capire bene questo fenomeno dei giornalisti minacciati di cui si parla così poco. La cosa forse più rilevante che abbiamo scoperto è che accanto alle vittime e gli eroi riconosciuti, intendo i giornalisti che resistono benché  minacciati nella loro integrità fisica, ce ne sono moltissimi altri di cui non parla nessuno, tranne Ossigeno che ha fornito alla Commissione una ricca e utile documentazione. C’è un vasto sottobosco di minacce che sfugge alla comune conoscenza. Sono quelle minacce che colpiscono la possibilità dei giornalisti di continuare a lavorare, che colpiscono il loro reddito, la loro reputazione”.

“È necessario predisporre tutele per questi cronisti minacciati ‘in modo minore’ – ha detto il senatore – intervenendo sulle tipologie del loro contratto di lavoro, sulle loro retribuzioni ed estendendo il segreto professionale anche ai pubblicisti”.

“Mi sono reso conto – ha aggiunto – che le minacce ai giornalisti danneggiano non solo i giornalisti ma la pubblica informazione. È certamente importante tutelare ogni singolo giornalista, ma è ancora più importante tutelare il valore informazione, il diritto dei cittadini di essere informati. Se non ci si accorge di questo si rischia di fare il gioco della criminalità organizzata, che vuole che i cittadini non conoscano certe cose che la danneggiano”.

“Servono certamente delle riforme legislative – ha concluso Musso, ed alcune sarebbero semplicissime: ad esempio l’estensione del segreto professionale ai pubblicisti. Mi chiedo perché non si siano ancora fatte. Quando l’ho scoperto sono rimasto sbalordito”.

Durante l’audizione, ha detto Musso,  “la giornalista di Reggio calabria Nerina Gatti ci ha detto che nell’imminenza della trasmissione di un suo servizio per la Rai che coinvolgeva il governatore della Calabria Giuseppe Scopelliti – il governatore avrebbe fatto pressioni per non farla andare in onda. La giornalista ci ha anche riferito, e questo va detto ad onore della Rai, che i suoi superiori hanno respinto queste pressioni. Abbiamo segnalato questo episodio alla Commissione di Vigilanza sulla Rai”.

Paolo Butturini, segretariod ell’ASR, ha assicurato un maggiore impegno del sindacato contro le miancce, le intimidazioni, le querele pretestuose, i risarecimentri danni infondati sottolineando che le pressioni mafiose contro la
libera informazione “non sono solo un crimine perseguito dal codice penale, ma un attentato contro l’articolo 21 della Costituzione in quanto il condizionamento su chi fa inchieste che svelano gli ‘affari’ di Cosa Nostra, è un modo di impedire ai cittadini di vivere appieno la vita del loro paese”.

Lirio Abbate, minacciato in più occasioni dalla criminalità organizzata, ha detto che i dati di Ossigeno descrivono un quadro desolante e ha rivendicato la libertà dei giornalisti di raccontare i fatti nel loro svolgimento, con quella libertà in più che è consentita ai giornalisti rispetto alla magistratura, che deve esprimersi con le limitazioni del  Codice di procedura Penale e sulla base di documentazioni certe e di sentenze. I giornalisti non hanno questo limite, devono raccontare gli affari sospetti, gli interessi dei mafiosi, descrivere i contatti fra il mondo della politica, dell’imprenditoria e della criminalità nel momento in cui i fatti emergono. “Il giornalista-cittadino può raccontare queste cose, questi personaggi, le loro frequentazioni, tutto ciò che accade nel territorio e su cui il magistrato, in assenza di un reato chiaro, non può intervenire. Gli articoli dei giornalisti non sono delle sentenze, ma hanno un valore sociale, aiutano i cittadini ad orientarsi. Raccontare che un mafioso va a pranzo o a cena con un esponente politico,  o con un politico e gli imprenditori può valere molto di più di un avviso di garanzia o di un processo. Molte volte i mafiosi riescono a cavarsela nei processi, perché è difficile raccogliere le prove formali della loro colpevolezza. Non a caso il mafioso ha più paura dei giornali che fanno sapere chi collabora, chi gli permette di fare gli affari, commercialisti e professionisti, referenti politici, che di un processo. E bisognerebbe porre un freno alle liti temerarie che hanno il solo obiettivo di fermare le inchieste scomode”.

Su questo punto il procuratore Grasso ha detto che nelle querele penali si potrebbe consentire al giudice di valutare già in via preliminare la infondatezza della denuncia se ci foisse la collaborazioen della parte querelata. Per le citazioni in sede civile invece si potrebbe pensare ad una udienza filtro per valutarne l’ammissibilità, ferma restando la sua richiesta di una legge ad hoc per tutelare più attivanmente la libertà di stampa.

Pietro Grasso ha concluso con l’aupicio che  ”le forze politiche che tra breve saranno impegnate nella campagna elettorale mettano il problema della mafia e delle strategie su come contrastarla al centro del programma con il quale si presentano a correre per la prossima legislatura: è un fenomeno complesso che riguarda l’economia e la società, la politica deve spiegare, organizzativamente, che cosa intende fare”.

Il senatore Vincenzo Vita ha condiviso questa richeista e ha illustrato il contenuto di una interrogazione rivolta due mesi fa al ministrod elal Giustizia per sapere dal governo cosa intende fare per tutelare un numero così granmde di giornalisti minacciati.

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IL MESSAGGIO DEL PRESIDENTE DEL SENATO RENATO SCHIFANI

“Gentile direttore,

è per me motivo di vivo piacere ospitare in Senato il convegno “Mafia. Giornalisti minacciati e notizie oscurate”. Questa iniziativa è un’importante occasione per tributare il giusto riconoscimento allo straordinario lavoro di indagine svolto quotidianamente dai giornalisti impegnati nella cronaca e nelle inchieste di mafia. Si tratta di professionisti che svolgono il proprio lavoro con grande coraggio e spirito di sacrificio, esponendosi in prima persona in nome dei valori fondamentali della deontologia, della passione civile, della trasparenza e della ricerca della verità dei fatti. Il giornalismo libero e documentato è uno dei pilastri della democrazia e del nostro ordinamento costituzionale.

L’azione dei giornalisti per la difesa della legalità e per la diffusione dell’informazione sulla criminalità organizzata è per tutti noi un modello di impegno civile e motivo di speranza per il futuro del Paese. A lei, ai relatori e a tutti coloro che prenderanno parte all’evento invio i miei più cordiali saluti e auguri di buon lavoro.”

Renato Schifani – Presidente del Senato della Repubblica


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