Due detenuti suicidi. Un terzo salvato… E’ un quotidiano bollettino di guerra

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Avere 34 anni, essere in carcere per reati legati alla droga…Non doveva essere un reato molto grave, quello commesso; forse. Chissà, un piccolo spaccio per procurarsene a sua volta un po’…Fatto è che quest’uomo, detenuto nel carcere di Taranto, ieri pomeriggio ha legato la corda dell’accappatoio alla grata della finestra del bagno, e così si è tolto la vita. E dire che avrebbe finito di scontare la sua pena nel 2013, ancora pochi mesi e sarebbe uscito…

Dice Federico Pilagatti, segretario nazionale del sindacato autonomo di polizia penitenziaria: “Ormai ne abbiamo piene le tasche di protocolli, di convegni, di ordini del giorno del consiglio regionale, di garanti, di monitoraggi ecc. ecc. sul sistema carcerario pugliese. L’ultimo protocollo firmato qualche settimana fa addirittura si prefiggeva lo scopo di ‘prevenire il rischio autolesivo e suicidario dei detenuti’. Il presidente della Regione, ed cosa ancora più grave, i responsabili dell’amministrazione penitenziaria regionale vengono da un altro pianeta se si legge quanto concordano, poichè sembrano ignorare o non conoscere quello che accade giornalmente nelle carceri pugliesi”. Pilagatti poi ricorda che le carceri regionali “sono piene di malati con gravi disturbi mentali, o con patologie molto gravi, ed a questi spesso non vengono garantiti né medicinali né assistenza specializzata, lasciando da soli a fronteggiare tali situazioni, un numero irrisorio di personale sanitario e poliziotti penitenziari”.

Da Taranto a Piacenza. A togliersi la vita questa volta è un detenuto di appena 22 anni. “E’ l’ennesima tragedia nelle sovraffollate carceri italiane dove ormai è un vero e proprio bollettino di guerra”, dice Giovanni Battista Durante, che del Sappe è segretario generale aggiunto. Durante ricorda alcuni dati: nel primo semestre del 2012 “ci sono stati 3617 gesti di autolesionismo, 637 tentativi di suicidio, 25 suicidi, 51 decessi per cause naturali, 541 ferimenti e 2322 colluttazioni. Dal primo gennaio del 1992 al 30 giugno del 2012 ci sono stati 112844 atti di autolesionismo, 16388 tentativi di suicidio, 1097 suicidi e 1924 decessi per cause naturali”.

A Teramo invece la tragedia è stata scongiurata. Il fatto è successo l’altro giorno. Un tunisino di 35 anni, recluso per reati legati allo spaccio di droga, ha infilato la testa tra le sbarre della feritoia della porta blindata della sua cella. Per tirarlo fuori da quella situazione è stato necessario l’intervento dei Vigili del fuoco che hanno dovuto segare le sbarre. Non è la prima volta che il tunisino si rende protagonista di simili gesti: trasferito da un mese e mezzo a Teramo, dove è presente un reparto per detenuti con patologie psichiatriche, ha tentato altre due volte il suicidio. Prima si è tagliato una vena, in un secondo tentativo ha ingoiato lamette da barba e due batterie: in quest’ultima occasione è stato necessario trasferirlo in ospedale per un intervento chirurgico. Era rientrato da pochi giorni dal trattamento sanitario obbligatorio.

Qualche giorno fa l’associazione “Antigone” ha reso noto il rapporto sulle condizioni detentive in Italia, dal titolo eloquente “Senza dignità”. Si apprende che nelle carceri italiane il sovraffollamento ha raggiunto il tasso record del 142 per cento, che ancora una volta assegna al nostro Paese la maglia nera d’Europa. Dalla dichiarazione dello stato di emergenza per il sovraffollamento carcerario del 13 gennaio 2010 i detenuti sono infatti aumentati di 1.894 unità. Dal 2007 la popolazione reclusa è lievitata del 50 per cento. E chiudiamo con una serie di lettere di detenute e detenuti del carcere di Bergamo. Testimonianze emblematiche che vanno al di là della specifica realtà bergamasca:

Antonio: “Sono nato. Era di sabato: non che io me lo ricordi, me lo hanno detto ed era il 3.3.1973. Tutta questa sovrabbondanza di tre avrebbe dovuto portare una gran fortuna a sentire i cabalisti. Invece no. Sono nato. Perché poi? A volte uno finisce per chiederselo forse nel tentativo di gratificare la propria esistenza, di non sentirsi uno qualsiasi in quei sette miliardi d’individui che popolano il pianeta e magari un po’ più utile. Ci ho pensato tutte le volte che ho sofferto, tutte le volte che la fortuna mi voltava le spalle, in tutte quelle occasioni in cui l’essere nato e l’essere vivo sembravano condizioni inutili. Sono morto: succede a tutti quelli che sono nati, ma io non per davvero, non nel modo “tradizionale”. E ora sono qui, in attesa di ricominciare a vivere, di nascere un’altra volta”.
Giovanni: “Sono nato un giorno d’estate, dicono che era il 13 di agosto, dicono che sono nato in ospedale. Dico “dicono”, perché io ero così piccolo che non me lo ricordo e quindi mi devo fidare di quanto mi hanno raccontato. Sono nato di venerdì e sempre per sentito dire so che, pur essendo d’estate, pioveva… sarà stato che forse qualcuno voleva avvertire che ero nato io, quello che, diventando grande, ne avrebbe combinate di cotte e di crude? Boh, non lo so”.
Emanuele: “Sono nato nel 1985. Ovviamente allora non sapevo cosa stesse succedendo nel resto del mondo, ma di sicuro fu il giorno più felice per i miei genitori. Credo che il primogenito maschio sia il sogno di tante coppie che vogliono avere figli. Io sono nato nel continente che sopravvisse all’invasione degli arabi all’epoca dell’espansionismo islamico. Sono nato nel continente che seppe accogliere ingenuamente, con gioia ed entusiasmo i primi missionari europei e che gli storici e gli archeologi hanno definito la culla dell’umanità. Sono nato nel continente che sopravvisse alla tratta dei neri e alla schiavitù e che venne chiamato Terzo mondo e so per certo che non otterrò mai una risposta soddisfacente ed esauriente da nessuno se chiedessi il perché di quell’appellativo. Sì, sono nato nel continente dove fu scoperto il ferro e che ha la mappa a forma di revolver. Sono nato nell’Africa nera occidentale francofona. Sono nato nella comunità Madinga, sono originario del popolo ma-dingo. Il popolo che ha concepito la mentalità espansionistica nel corso dei secoli prima ancora dell’arrivo dei colonialisti europei, grazie ad una situazione geografica particolarmente favorevole. Partito da una piccola area tra il territorio dell’attuale Guinea e il Mali, percorse le alte valli del fiume del Niger e del Senegal, fino alle porte del deserto, insieme ad alcune contrade al margine della foresta tropicale. Questa è la storia della mia gente, del mio popolo con una dimensione rara nella storia di tutti i popoli africani. Sono nato in un piccolo Paese alle porte del Golfo di Guinea, ricco di materie prime, avorio, oro, un pò di petrolio, ma anche cacao e caffè. Una terra battezzata nel 1893 con il nome di Costa d’Avorio. Sì, sono ivoriano e sono nato nel lontano 1985”.
Marika: “Il mio nome è Marika e ho venticinque anni, sono di Novara e fin qui nulla di strano. Però sto in carcere e questa è la cosa strana! Non posso dire di non avere commesso “il fatto”, ma sicuramente non mi meritavo di finire qui. Sono sempre stata spavalda, non mi interessava niente di ciò che mi veniva detto e a causa della mia testa dura sono stati più i danni che i guadagni. Nonostante tutto, però, sono una persona leale e sincera con chi se lo merita e in amore e amicizia do tutta me stessa, molte volte sbagliando. Se mi fisso una cosa in testa, non c’è nulla che mi possa fermare, ma molte volte l’indecisione o l’insicurezza mi frenano e quindi preferisco fermarmi e ragionare bene per evitare scelte che mi complichino la vita. Ci sono, però, momenti in cui presa dalla foga del momento, agisco senza pensare troppo e lì, sì, che arrivano i guai! Sono abbastanza lunatica e purtroppo mi annoio in fretta. Ecco questa sono io!”.
Adama:“Sono nata il 19.04.1970. L’inizio di una vita normale, forse troppo normale, tanto da volerla movimentare. Durante gli anni della mia crescita andare controcorrente era diventato uno stile di vita. Questo mio modo di fare mi ha permesso di adattarmi a qualsiasi situazione, anche a quella che sto vivendo in questo momento. Penso che ogni volta che la mia vita subisce un cambiamento, non è altro che il primo giorno di una mia nuova vita”.


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