La società italiana è cambiata. E’ finito il tempo in cui tutti andavano dietro questo o quel pifferaio, capace soltanto di lanciare slogan vuoti di contenuti. Gli italiani sono più consapevoli, ma dopo la paura, ora sono pervasi di rabbia. Speriamo che sia vero, che siano vere entrambe le osservazioni. Cambiamento vuol dire in ogni caso un nuovo futuro – e ce lo auguriamo ovviamente migliore – e dalla rabbia, poi, in qualche modo si esce. La paura è paralisi. E’ questa una lettura possibile del 46° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, che rileva come qualità principale delle famiglie la capacità di “sopravvivenza”.
Una prova straordinaria quella che abbiamo dato, sostiene Giuseppe De Rita, straordinaria e inaspettata: chi poteva immaginarsi che dopo l’annus horribilis dei suicidi per debiti, per disoccupazione, per disperazione, gli italiani sapessero accettare ed eseguire un ordine di autoflagellazione venuto apparentemente da uno sceriffo nostrano, in realtà emesso da una o più autorità che si nascondono dietro una bandiera azzurra decorata con un tondo di stelline dorate?
Eppure, il Rapporto dell’Istituto che De Rita presiede parla chiaro.
Tra il 1991 e il 2010 il ceto medio, che rappresenta il 60% della popolazione italiana, ha visto ridursi la sua quota di ricchezza posseduta dal 66% al 48% del totale. Risultato questo di venti anni di Seconda Repubblica, con governi decisionisti a parole, incapaci nei fatti di condizionare positivamente i processi della società e delle singole persone, ma responsabili di una caduta verticale del peso internazionale del nostro Paese, con conseguente perdita di sovranità.
Come è stata dunque possibile tale prova di sopravvivenza? E’ difficile individuare nel sistema della comunicazione italiana un concreto e persuasivo filo d’Arianna che abbia saputo condurre per mano i cittadini attraverso le sabbie mobili della crisi. Attenzione: attraverso e non fuori. Magari. E allora, ci si chiede, come hanno fatto gli italiani a decidere di cambiare rotta, come risulta chiaramente nel rapporto Censis, che parla di capacità di restanza?
Nonostante la palese disinformazione (per lo meno insufficiente!), le famiglie italiane – specie proprio quelle dell’ex ceto medio – hanno operato un riposizionamento su molti fronti. Come dire: il mondo è cambiato, mi devo trovare una nuova collocazione in questa nuova società, utilizzando al meglio ciò di cui dispongo.
Ecco la scoperta della Rete utilizzata ormai almeno dal 60% delle famiglie, del consumo low cost tramite i gruppi d’acquisto digitali (20%), della formazione dei giovani in quanto strumento per acquisire professionalità e non soltanto status (78%), dello sfruttamento dello spazio domestico affittando stanze di casa (2,5%).
Da questo riposizionamento non sono estranee le imprese che hanno recuperato competitività all’estero e conquistato nuovi mercati nelle economie emergenti. Ma anche in questo ambito, i soggetti sono altri: è cresciuto – si tratta di assunzioni vere – il sistema cooperativo, le imprese al femminile, l’high-tech, tutto ciò che è Internet.
Ma se questo è il quadro, perché la rabbia di cui si parlava all’inizio? Dopo anni di prese in giro al gioco del federalismo e di vere proprie truffe a quello del ghe pensi mi, è la politica a catalizzare i peggiori sentimenti della gente, spettatrice di una pièce che ha sempre gli stessi protagonisti: corruzione, sprechi, evasione fiscale, pressione tributaria alle stelle.
Ci sarà dunque veramente la ripresa? Speriamo, ma non potrà avvenire – si legge nel Rapporto – se non si getta un ponte fra potere e società, che continuano a marciare separatamente.
Facile a dirsi e, per una volta, forse, anche facile a farsi. Cioè basta slogan vuoti, basta equilibrismi sulla cresta dell’onda, basta leader carismatici. Bisogna lavorare insieme senza opportunismi – sotto questo profilo il mondo dell’informazione deve mettersi a disposizione con umiltà – e forse, per la prima volta nella storia del nostro Paese, chi crede nei valori fondanti della nostra Costituzione potrà trovarsi al potere con una Nazione in crescita.