“Il mestiere di chi fa informazione è di porre delle domande, non di dare delle risposte”. La citazione è di Massimo Mazzucco, una delle voci più accreditate – insieme a quella di Giulietto Chiesa – sull’11 settembre 2001, che in un video inviato da Los Angeles (dove vive) commenta così “You decide”, il theatreality di e con Ferdinando Maddaloni, in scena al Teatro Elicantropo di Napoli dal 7 al 9 dicembre. Un invito ai rappresentanti del “quarto potere”, che Mazzucco lancia affinché si faccia chiarezza sui fatti accaduti a New York oltre undici anni fa. Un invito che non sempre viene colto da chi fa informazione, contrariamente a noi di Articolo 21. La spiegazione viene da un aneddoto che lo stesso Maddaloni riferisce: “Ancora con quest’11 settembre?”, fu la risposta che un’insegnante di una scuola diede all’attore-regista in seguito alla proposta dello spettacolo per gli studenti. Ecco. Su questo bisognerebbe riflettere. Sul fatto, cioè, che la maggior parte della gente non ha ancora un’idea (chiara) sull’11 settembre 2001. Fu strage o complotto? Perché nessuno sa nulla del processo a Guantanamo contro uno dei presunti responsabili? Perché si ha interesse ad affossare la verità che potrebbe emergere dalle inchieste di giornalisti come Leandro Del Gaudio del quotidiano “Il Mattino” di Napoli, che addirittura parla di un ruolo determinante della camorra nella vicenda? E perché un ex giudice come Ferdinando Imposimato ha inviato una denuncia al Tribunale internazionale dell’Aja per il fatto che, a suo dire, la Cia era al corrente di ciò che sarebbe avvenuto e non è intervenuta? E ancora, perché mai nel rapporto della Commissione governativa americana non viene menzionato il crollo della Torre 7? E perché al di là del processo a Zacharias Moussaoui, il dirottatore sopravvissuto ed esponente di Al Qaeda, nessun altro è stato chiamato a rispondere delle inefficienze del governo statunitense? Di questo e tanto altro Maddaloni parla nel suo spettacolo di teatro civile. Ma perché parlare dell’11 settembre attraverso la formula del reality? «Visto l’enorme successo della formula televisiva e la crisi nella quale è sprofondato il nostro teatro – spiega Maddaloni – ho deciso di riproporre gli ingredienti del reality portandoli sulle tavole di un palcoscenico. Dopo anni di facile televoto da comode poltrone casalinghe su temi di indubbia inutilità sociale, si passa a scomode poltrone teatrali per affrontare scomodi temi di indubbio valore sociale, come l’informazione e la disinformazione sulla strage dell’11 settembre. “Il giorno che ha cambiato il mondo”, è stato più volte detto. Affermazione sacrosanta, se pensiamo che dopo quei tragici fatti vi sono state due guerre (in Afghanistan e la seconda guerra del Golfo in Iraq). Ecco perché l’11 settembre riguarda anche me, italiano». In questi undici anni Maddaloni ha letto (quasi) tutto ciò che è stato scritto, ha visto (quasi) tutti i documentari sull’argomento e tratto poi ispirazione dalle tesi “complottiste” di giornalisti e studiosi quali Massimo Mazzucco e Giulietto Chiesa e, dall’altra parte, debunker ovvero cacciatori di bufale come Paolo Attivissimo. Sono andato in scena solo quando mi sono sentito pronto sull’argomento, in tutti i suoi aspetti e risvolti e dopo aver superato la fase emotiva, raggiungendo lucidità ed equilibrio necessari a rappresentare entrambe le versioni in maniera corretta, senza trucchi o inganni, per sostenere un pubblico contraddittorio». Sempre in prima linea, dunque, nel nome dei diritti civili. Quegli stessi che l’ex Capo della Casa Bianca George Bush ha annullato, emanando subito dopo l’11 settembre, la Patriot act, la legge federale che viola la privacy dei cittadini rafforzando il potere di corpi di polizia e di spionaggio statunitensi. Un invito a riflettere dopo oltre undici anni – forse – urge.