Ri-pensiamo il servizio pubblico. Ci ri-proviamo da anni e non ri-usciamo. Ri-chiediamoci perché? Una risposta c’è. La ri-diciamo: dobbiamo ri-partire dalla riforma dell’Auditel, e dotare la Rai di un sistema di rilevamento degli ascolti affidabile e credibile nel misurare la quantità, il gradimento e le attese del pubblico sulla programmazione. E’ scritto nero su bianco da 10 anni ne “La favola dell’Auditel”, quanto questo sistema sia del tutto inaffidabile sul piano tecnico, per come viene composto campione, per come viene realizzato il rilevamento incentrato su comportamenti umani assolutamente variabili e per l’impossibilità di registrare con fedeltà il reale ascolto; un sistema del tutto distorsivo nel modo di elaborare i dati grezzi; un sistema del tutto fuorviante per l’uso che se ne fa nelle redazioni dei programmi e perfino dei telegiornali, quale giudice insindacabile di una partita viziata all’origine, manipolata ad arte, dove vincitori e vinti sono impegnati in una finta guerra dell’audience, che ogni giorno fa morti e feriti, inutilmente, per spartire la torta degli investimenti pubblicitari tra Rai e Mediaset, secondo quote rimaste sostanzialmente invariate da 26 anni!
Basti dire che l’Auditel in quattro anni di sisma televisivo, nel passaggio dall’analogico al digitale, non ha fatto quasi una piega! Eppure da 7 canali nazionali analogici siamo passati a 37 digitali terrestri e se comprendiamo anche tutti i satellitari sono ben 250 canali. Solo la Rai è passata da 3 a 14 canali, 3 generalisti, 2 semigeneralisti, 8 tematici, 1 in alta definizione.
Un panorama tanto più variegato che l’Auditel non rileva. Nei dati d’ascolto del 2011 vediamo: la Rai a quota 40,2 (-1,1 rispetto al 2010); Mediaset a 36,1 (-1,5); La 7 a quota 3,8 (+0,8); Altre terrestri 5,8 (-2,7); Tv satellitari Sky 4, Fox 1,6, Disney 0,6, altre satellitari 7,4 (+4,4).
Mentre nei dati d’ascolto del 2010 vediamo: la Rai a quota 41,3 (+0,6 rispetto al 2009); Mediaset a 37,6 (-1,8); La 7 3 (0); Altre terrestri 8,5 (+0,9); Tv satellitari 9,4 (+0,1).
Da rilevare gli ascolti Rai, negli ultimi tre anni, quasi immutati -0,5 (2009-2011). Mediaset in calo del -3,3 (2009-2011), perdita da controbilanciare in termini pubblicitari con gli abbonamenti alle sue pay Tv digitali. La 7 in aumento solo nell’ultimo anno (+08), dopo le ripetute polemiche e vibrate proteste riprese dalla stampa per essere rimasta da sempre a quota (3) nonostante le ricche campagne acquisti degli ultimi anni di star della tv e del giornalismo. Le altre Tv terresti e satellitari (circa 800 canali) continuano nell’insieme a raccogliere briciole: il notevole aumento nell’ultimo anno delle satellitare (+4,4) è andato ad erodere le altre terresti in calo del -2,7, quindi nel totale sono aumentate solo del +1,7.
Una scena televisiva che resta cristallizzata. Eppure quando accendiamo la Tv spesso vediamo la qualsiasi: tra decoder che impazziscono e oscurano a giorni alterni reti Rai e reti Mediaset, canali che periodicamente saltano anche nelle Tv digitali, Tv locali bistrattate e rimpallate da una frequenza all’altra, barriere architettoniche e naturali che ancora oscurano il segnale digitale in diverse zone dell’Italia, telecomandi che selezionano tanti e tanti più canali e selezionano programmi a casaccio.
Allora sono avvertiti di questa situazione i vertici della Rai? La presidente Tarantola all’inizio del suo mandato ha elaborato un manifesto di lodevoli intenzioni, diffuso tra tutti i dipendenti, ben scritto e argomentato. Mentre il direttore generale Gubitosi si preoccupa di riportare all’ordine le redazioni che sprecano risorse, sostenuto nella sua missione anche da lettere anonime. I consiglieri nel frattempo per lo più tacciono. E nell’azienda si diffonde un clima di paura per un futuro difficile da immaginare, con un management incapace di relazionarsi con i vertici, che chiedono qualità ma non liberano la dirigenza dagli obiettivi di ascolto misurati con l’Auditel, che premia sovente la peggiore Tv, fatta di emozioni forti, di cronaca nera, di gossip e volgarità, di reality ‘bolliti’, di talk show demenziali farciti di idiozie propinate da tuttologi del nulla. Inutile cambiare i direttori e vicedirettori di rete e di tg senza riformare l’Auditel perché ai nuovi si chiederà l’impossibile: ovvero qualità e quantità di ascolti, per contentare gli investitori pubblicitari.
In nome dell’audience abbiamo visto in Tv la realtà dei fatti di cronaca vera assumere le forme del reality, la politica sempre più piegata alle leggi dello spettacolo, la vita vera delle persone raccontata come puntate di una fiction, e l’informazione giornalistica trasformarsi sempre più in intrattenimento.
Riformare l’Auditel è la condizione necessaria per ripensare la missione del servizio pubblico nella multimedialità, liberandolo quanto più possibile dalla schiavitù pubblicitaria. A tutt’oggi il canone Rai (112 euro) è il più basso d’Europa (Germania 204 – Gran Bretagna 187 – Svizzera 281) ed anche il più evaso: se già nel 2005 l’evasione ammontava al 22 per cento, nel 2011 è arrivata al 41 per cento, contro l’8 per cento della media europea. Con una perdita lo scorso anno pari a 550 milioni di euro.
*Autrice de “La favola dell’Auditel” (Nutrimenti) e “Dalla Tv dei professori alla Tv deficiente” (Nutrimenti)