Solo 1 giornalista su 5 (il 19%) oggi in Italia ha un contratto di lavoro dipendente. Questo dato si scontra con la crescita del numero di giornalisti, che va a formare un bacino di cronisti dal futuro incerto e precario. E’ quanto emerge da ‘La fabbrica dei giornalisti’ , il rapporto Lsdi (Libertà di stampa e diritto all’informazione), presentato oggi alla Federazione Nazionale della Stampa. Non tutto il mondo si trova davanti a questa crescita. In gran parte dei paesi occidentali il numero dei giornalisti diminuisce…, in Italia continua ad aumentare: il 31 dicembre 2001 l’Ordine ne contava 100.487, il 1 ottobre 2012 erano già 103.036. Ovvero il doppio della Francia e il triplo del Regno Unito.
Tanti, precari e dal futuro incerto. I rapporti di lavoro sono in graduale diminuzione dal 2008 e con un passaggio dai 22.197 di quell’anno ai 21.069 del 2011. Chi non ha stabilità soffre anche a fine mese, con un gap crescente nei redditi: 62.228 euro il reddito annuo lordo per un giornalista dipendente, praticamente cinque volte i 12.456 degli autonomi e 6,4 volte i 9.703 di un Co.co.co.
Poi ci sono i precari fra i precari: un lavoratore autonomo su 4, ad esempio, dichiara redditi annui lordi sotto i 1.500 euro e 14.800 sotto i 5 mila. Unico barlume di miglioramento, il +2,9% registrato nelle retribuzioni dei liberi professionisti e il +14,1% dei Co.co.co. Stabile la disoccupazione (nel 2011 erano 1514 assegni contro 1527 del 2010), crescono il ricorso agli altri ammortizzatori sociali (+18,9% dal 2010) e i pensionati (+18% dal 2008).
All’ incontro – che per il terzo anno consecutivo farà il punto sulla condizione del lavoro giornalistico nel nostro paese – sono intervenuti, insieme a Franco Siddi e Roberto Natale, segretario generale e presidente della Fnsi, i presidenti degli altri istituti di categoria, Andrea Camporese (Inpgi), Daniele Cerrato (Casagit), Marina Cosi (Fondo complementare) ed Enzo Iacopino (Ordine). Oltre al processo di contrazione del numero di rapporti, il Rapporto di Lsdi segnala:
– la progressione degli stati di crisi – sono stati trattati solo nel 2011 55 accordi, di cui una decina ancora aperti, relativi a una cinquantina di testate e ai maggiori gruppi editoriali italiani –, con un alto flusso di prepensionamenti;
– il sostanziale blocco del turn over: i praticanti sono scesi da 1.306 del 2009 a 868, mentre dal 2007 al 2011 solo nei tre maggiori gruppi, Rcs, Espresso e Mondadori, sono stati tagliati quasi 3300 posti, il 21% circa del totale. Una situazione che, osserva Lsdi, sta producendo un progressivo invecchiamento della professione e uno squilibrio nel rapporto fra attivi e pensionati che preoccupa gli istituti di categoria.
Il presidente dell’ Inpgi, Andrea Camporese, sottolinea come il rapporto fra attivi e pensionati continui a scendere, passando da 2,58 del 2010 a 2,45 del 2011. Mentre Daniele Cerrato, presidente della Casagit, indica che oggi i pensionati sono il 27% dei soci, mentre nel 2008 erano il 22%.
Tra l’ altro, la maggiore contrazione riguarda il settore dei contratti Fieg-Fnsi – quelli che producono la parte più consistente della massa retributiva -, scesi a 14.951 rispetto ai 15.172 del 2010 (con una diminuzione dell’ 1,46%).
L’analisi di Lsdi ha il merito di rendere visibile i numeri e le dimensioni di un fenomeno, quello del precariato giornalistico, che sfugge a soluzioni o a proposte di miglioramento. Il mercato del giornalismo è saturo, le testate sono in crisi decennale, aggravata dagli “stati di crisi” dichiarati dalle singole proprietà editoriali. Giornalisti che sono stati a lungo precari e che si trovavano ad un passo dalla stabilizzazione oggi vedono sfumare questa possibilità. Tornano nel mercato fragile del giornalismo, svolgendo con meno garanzie e più precarietà quello che rimane un’ affascinante professione ma un mestiere dal futuro incerto. Clicca qui per scaricare il rapporto
Tratto da www.liberainformazione.org