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Diffamazione. L’appello dei direttori

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Continuano le adesioni all’appello lanciato dalla Fnsi durante la giornata internazionale “Stand up for journalism”, promossa dalla Federazione europea dei giornalisti (Efj), da parte di direttori di testate. Si può continuare ad aderire mandando un’email al sito della Fnsi: “sito@fnsi.it”.

Ecco le prime adesioni all’appello, che riportiamo di seguito dopo le firme:

Gianfranco Astori (Asca), Bianca Berlinguer (Rai Tg3), Claudio Brachino
(Videonews), Umberto Brindani (Oggi), Mario Calabresi (La Stampa), Ugo
Cennamo (Il Giorno), Luigi Contu (Ansa), Ferruccio De Bortoli (Corriere
della Sera), Paolo De Paola (Il Corriere dello Sport), Pierangela
Fiorani (La Provincia Pavese), Giorgio Gandola (L’Eco di Bergamo),
Mario Giordano (Tgcom24), Alberto Maccari (Rai Tg1), Pier Luigi
Magnaschi (Italia Oggi), Marcello Masi (Rai Tg2), Ezio Mauro (La
Repubblica), Corradino Mineo (RaiNews24), Andrea Monti (La Gazzetta
dello Sport), Roberto Napoletano (Il Sole 24 ore), Mario Orfeo (Il
Messaggero), Paolo Provenzi (La Prealpina), Norma Rangeri (Il
Manifesto), Alessandro Sallusti (Il Giornale), Claudio Sardo (L’Unità),
Mario Sechi (Il Tempo), Marco Tarquinio (L’Avvenire), Dusan Udovic
(Primorski Dnevnik), Vittoriano Zanolli (La Provincia di Cremona).

Il Testo dell’appello:
I giornalisti italiani avvertono e denunciano i limiti e i rischi per
il diritto all’informazione che potrebbero derivare dall’approvazione
delle norme contenute nel disegno legge sulla diffamazione a mezzo
stampa in discussione al Senato. Il combinato disposto di tale disegno
con quello precedente in materia di intercettazioni renderebbe più
difficile produrre informazione senza peraltro rendere più rapido ed
efficiente il ristoro dell’onorabilità dei singoli lesa da una notizia
diffamatoria.

Il diritto alla tutela della dignità di tutti i cittadini è questione
che interpella i giornalisti italiani e sulla quale i giornalisti –
attraverso la Fnsi – hanno avanzato proposte e suggerito soluzioni,
perfettibili, ma tese a tenere insieme interessi e diritti in apparente
conflitto.

E’ anche per questa ragione che i giornalisti ritengono di potere
riaffermare che l’opposizione ai contenuti del disegno legge sulla
diffamazione non trae origine dalla difesa di privilegi, ma, al
contrario, recupera quelle stesse ragioni che tre anni fa mobilitarono
l’opinione pubblica in difesa del diritto all’informazione che,
specularmente, carica i giornalisti del dovere – incomprimibile – di
informare, ricercare e offrire notizie. Per questa ragione, i
giornalisti non ritengono che il Paese abbia bisogno che alla stampa
sia imposto il guinzaglio di misure figlie della fretta, ma anche del
rancore. Misure che sottendono al tentativo di imporre una censura
preventiva soprattutto su quegli organi di informazione  che, magari in
territori di frontiera condizionati dalla criminalità organizzata,
svolgono un ruolo essenziale di presidio della democrazia che si
alimenta di conoscenza, consapevolezza, responsabilità.

I giornalisti che non intendono certo sfuggire alle loro responsabilità
e ai loro doveri, confidano che anche il Parlamento sappia evitare atti
che porrebbero l’Italia ai margini dei paesi democratici maturi.
Continueremo a batterci, quindi, perché l’Italia non abbia a pagare
anche i costi di uno spread di democrazia. Non verremo meno al dovere
di onorare il patto che ogni giorno rinnoviamo con i lettori,
indipendentemente da multe, arresti e sanzioni. Ma, qui e ora,
avvertiamo l’urgenza di fermare il disegno legge sulla diffamazione –
così come concepito – perché la democrazia e l’informazione in Italia
non tollerano alcun bavaglio.

E’ con questo spirito che i giornalisti italiani, i direttori delle
principali testate hanno raccolto l’invito della Federazione Nazionale
della Stampa Italiana a celebrare “Stand up for journalism”, la
giornata europea del diritto all’informazione promossa dalla
Federazione Europea dei giornalisti (Efj).


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