In Corte di Assise l’ex leader Br Renato Curcio e l’allora dirigente del Pci, Salvatore Maria Cusenza
Ci voleva l’ex capo delle Br Renato Curcio chiamato a testimoniare davanti alla Corte di Assise di Trapani per riaccendere i riflettori sul processo per l’omicidio di Mauro Rostagno, sociologo – giornalista ucciso a Trapani nel settembre del 1988. Mercoledì 7 novembre l’aula bunker “Giovanni Falcone”, al piano terra del Palazzo di Giustizia di Trapani, dove dal 2 febbraio 2011 si tengono le udienze del dibattimento (mercoledì è stata la 37ma udienza) era oltremodo piena, presente in aula alcune scolaresche, ma in aula tanti giornalisti, ai “soliti pochi noti” che seguono il processo, alcuni arrivati apposta proprio per ascoltare Renato Curcio, che già prima di cominciare a testimoniare aveva detto di “non avere niente da dire”. Lui è arrivato in aula dopo due citazioni andate a vuoto, chiamato a testimoniare dalla difesa dell’imputato Vito Mazzara, presunto killer del delitto Rostagno, e acclarato sicario di tanti altri delitti di mafia trapanesi.
Curcio è entrato nel processo per via di un paio di verbali di interrogatorio resi dopo che in una intervista del 1996 aveva detto che le tante piste seguite per l’omicidio non c’entravano nulla col delitto – e quindi anche la pista mafiosa oggi “imputata” – e che il delitto di Rostagno faceva parte e sarebbe rimasto a fare parte dei tanti misteri italiani. Per la difesa di Mazzara, avvocato Vito Galluffo, ma anche per quella di Vincenzo Virga, l’altro imputato, capo del mandamento mafioso di Trapani e presunto mandante del delitto – difeso dagli avvocati Ingrassia e Vezzadini – , Curcio avrebbe dovuto costituire il teste in grado di scagionare “Cosa nostra”, e tra ragionamenti filosofeggianti, e analisi sociologiche ha invece mandato all’aria i piani della difesa, ha detto che sul delitto non ha mai saputo nulla, che quelle dichiarazioni erano frutto di un impatto emotivo, ancora vivo comunque, e che i suoi ragionamenti nel tempo sono stati sempre sollecitati dalle letture dei giornali e delle cronache sulle indagini. Sono state quasi 4 ore di escussione del teste da parte delle difese e delle altre parti (solo i pm non hanno fatto domande).
Cusenza (Pci): “Rostagno raccontava in tv la nuova faccia della mafia trapanese”. Molto più lunga la testimonianza precedente di un ex dirigente di partito, l’avv. Salvatore Maria Cusenza, maggiorente per anni del Pci trapanese e siciliano. Una testimonianza certamente molto più ricca di contenuti, maggiormente interessante, ricca di elementi, ma che non è finita come meritava “sotto i riflettori”. Cusenza ha raccontato della Trapani di quegli anni, che non si discosta molto dalla Trapani di questi anni, lui che al contrario di Curcio che ha ricordato la lunga amicizia con Rostagno, ha parlato di una amicizia molto breve, ma molto intensa, gli incontri, le discussioni, l’attenzione di Mauro Rostagno per le dinamiche trapanesi che vedevano mischiarsi la mafia e la politica, “che costituivano – ha ricordato Cusenza – un blocco antidemocratico”, ha descritto lo scenario mafioso, e non solo mafioso, perfettamente compatibile con quello nel quale la Dda di Palermo ha calato il delitto di Mauro Rostagno. Ma come da anni accade ogni volta che si alza il coperchio sugli affari segreti della città di Trapani ci sono riflettori che si spengono, e mercoledì sono rimasti spenti, si sono accesi solo per la testimonianza di Curcio e per quel suo “non ho nulla da dire”, Cusenza non ha avuto attenzione dai mass media, per fortuna c’è stata quella della Corte di Assise che in fin dei conti è quello che interessa almeno a chi ha a cuore il raggiungimento della verità e non una sentenza qualsiasi. Se è consentita una sintesi a proposito delle due testimonianze, quella di Curcio e quella di Cusenza, si può dire che chi pensava di trovare fuori e lontano da Trapani la verità sul delitto, usando le parole dell’ex capo delle Br, resta smentito e semmai la testimonianza di Cusenza è tra quelle ascoltate nel processo e forse la più rilevante dopo quelle degli ex dirigenti della Squadra Mobile di Trapani, Rino Germanà e Giuseppe Linares, che provano come la verità sull’assassinio di Mauro Rostagno va cercata a Trapani.
Salvatore Maria Cusenza è entrato in aula come Renato Curcio, citato dalla difesa dell’imputato Mazzara. Ad un certo punto nelle scorse udienze quando il presidente Pellino chiese alle difese di accorciare la lista dei testi da citare, l’avv. Galluffo aveva pensato (bene per lui) di rinunziarvi, ma non è giunto il consenso della parte civile, avv. Miceli, per conto di Chicca Roveri e Maddalena Rostagno. E quindi le’ex dirigente Pci è stato sentito ugualmente. Su di una cosa Cusenza e Curcio hanno concordato, Mauro Rostagno non era solo un giornalista, ma qualcosa di più, Cusenza ha usato parole precise, “un grande intellettuale”. L’amicizia tra i due si è consolidata su un preciso obiettivo, “scuotere la città dal suo perbenismo”, “scardinare il sistema di potere antidemocratico che la governava”. “Si lavorava ad un progetto politico preciso, l’Altra Trapani, pensavamo alle elezioni, non c’erano nomi pronti da candidare ma idee, Mauro Rostagno poteva essere il candidato sindaco, poteva diventare il sindaco di Trapani”.
La rottura con la Trapani di quegli anni segnata da tragici fatti ma anche da gravissimi episodi di corruzione politica – denunciati e seguiti da Rostagno che da un importante esponente politico, l’allora assessore alle Finanze e poi deputato regionale Psi Bartolo Pellegrino (lo stesso appena finito prescritto per una corruzione ad opera della mafia), si prese un giorno l’invito “ad andare a zappare”, così per dire del clima ostile che girava attorno alle sue cronache – fu la messa in onda ad Rtc, la tv dove Rostagno lavorava, di uno speciale sulla mafia e sugli intrecci che le davano a vivere (mentre il resto dei cittadini sopravviveva) dove furono intervistati lo stesso Cusenza, Umberto Santino del centro Impastato e lo scrittore Michele Cimino.
Lo speciale sugli affari della mafia trapanese. Uno speciale che prendeva spunto dal processo per l’omicidio di un potente politico, il sindaco di Castelvetrano Vito Lipari, “quel delitto – ha ricordato Cusenza – è da paragonare al delitto del 1992 di Salvo Lima, Lipari era il Lima di quegli anni, anche per i suoi legami con gli esattori Salvo, quel delitto era un segnale proprio per i Salvo. In quel processo vennero fuori incredibili verità rimaste in ombra per decenni, le alleanze tra i mafiosi di Trapani e quelli di Catania, le coperture delle quali i mafiosi si servivano, la disponibilità in questo senso di un capitano dei carabinieri a coprire quei boss imputati”. Tra gli imputati c’era Mariano Agate il boss di Mazara del Vallo che al’epoca dava già ospitalità a Mazara a Totò Riina. E contro Agate, Mauro Rostagno aveva puntato la sua atenzione, intuendone, anzi forse percependo bene quale era il suo calibro. “Io non pensavo che l’editore di Rtc, Puccio Bulgarella – ha detto Cusenza – avrebbe permesso la messa in onda di quella intervista, non ero a Trapani quando Rostagno mandò in tv lo speciale, quando tornai chiesi come fosse finita, Rostagno mi confermò che la mia intervista era andata integralmente, chiesi della reazione dell’editore, Rostagno mi riferì che non si era opposto ma gli aveva detto che eravamo dei pazzi”. Puccio Bulgarella nel frattempo è morto. Il pentito Angelo Siino, l’ex ministro dei lavori pubblici di Cosa nostra, sentito durante il dibattimento ha confermato i rapporti con Bulgarella, loro si vedevano spesso per parlare di appalti da pilotare, per ordine di Riina, ha anche detto di avere richiamato Bulgarella perché tenesse meglio a bada Rostagno “per evitare che finisse come è andato poi a finire”. “In quella trasmissione – ha detto Cusenza rispondendo all’avv. Carmelo Miceli – c’era descritta la nuova riorganizzazione della mafia, non c’era un linguaggio cifrato ma nomi e cognomi. Ragionavamo sulla presenza di servizi segreti deviati nella provincia di Trapani. Parlammo anche di massoneria, della più grande loggia massonica presente a Trapani, quella di Campobello di Mazara….”. Cuore della Valle del Belice, la terra dei Messina Denaro, ieri come oggi capi della mafia.
Amicizia, ideali, progetti, fermati dai killer di mafia quella sera del 26 settembre 1988. “Quella sera – ha ricordato Cusenza – avevamo decisi di vederci a cena alla Saman per parlare della copertina del giornale che avevamo deciso di fare, era una copertina azzurra, è diventata il suo sudario”. Allora come oggi il nodo a Trapani resta l’informazione. A Salvatore Cusenza è stata fatta anche la domanda su come l’informazione locale affrontava il tema della mafia: “La più coraggiosa era Rtc ma in quella stagione così tragica tutti si occupavano di mafia, il punto di differenza – ha detto – era determinato dal ragionamento su quanto accadeva che veniva fatto da Rtc e da Rostagno”.
Curcio e Rostagno, una amicizia lunga una vita. Poi è stata la volta di quello che è stato trattato dai mass media come “una star”, Renato Curcio. Nonostante ha subito detto di non avere verità da offrire, non ha distolto attenzione, e le difese degli imputati hanno cercato in tutti i modi di provocare una lettura opposta a queste parole. Ha alzato la voce contro i pm l’avv. Vito Galluffo quando ad un certo punto Curcio ha detto che nel settembre dell’anno scorso era stato sentito dal pm Ingroia sul delitto Rostagno ed era stato chiamato a dire se sapesse qualcosa su un traffico di armi avvenuto sulla pista di un aeroporto dismesso trapanese, quello di Chinisia. Galluffo ha insistito per avere il verbale, i pm hanno detto che quella audizione è avvenuta nell’ambito di altra indagine (è notorio che esiste una inchiesta stralcio sul delitto Rostagno), la Corte di è riservata di chiedere quel verbale, ma non vi è stata alcuna violazione delle regole processuali….d’altra parte Curcio non è stato citato dai pm (che nel qualcaso avrebbero forse dovuto produrre tutti gli interrogatori) ma dalle difese degli imputati. Un inutile polverone. Le parole di Curcio dette nel 1996 sono state dallo spiegate ripetutamente.
“Io non mi sono mai interessato delle ragioni locali che hanno riguardato la morte di Mauro, mi sono semmai interessato del suo destino umano…sono cose differenti…..la sua è una morte che ancora oggi procura grandissimo dolore e sofferenza non solo per la morte di un amico ma anche perché questa è stata una morte provocata da una dinamica per me imprevedibile e imprevista, un delitto che mi inquietò tanto sebbene io provenissi da un percorso di lotta armata……Io non sono interessato a sapere chi lo ha ucciso ho altro interesse, l’interesse della trasparenza sulla sua morte che è un’altra cosa…..Mi interessa questo per restituire a Mauro una sua vita e la sua morte…. non mi auguro nient’altro sulla trasparenza della sua morte”. Nel tempo attorno alle parole dette da Curcio è girato un “giallo”, quello di un incontro in carcere tra lui e Mariano Agate nel corso del quale quest’ultimo, interrogato da Curcio, gli disse che “quella morte era cosa loro”.
La questione è stata riproposta mercoledì in aula attraverso una domanda della difesa: “Mai parlato con Agate mai stato in carcere con Agate, i terroristi erano nei settori di massima sicurezza con i mafiosi ma frequentavamo “territori carcerari” diversi (insomma non c’erano frequentazioni ndr)”, “ non mi è mai giunta notizia che la mafia aveva responsabilità sul delitto” aveva detto Curcio in un verbale di interrogatorio che è stato anche letto in aula, in quel verbale Curcio aggiungeva, in sostanza, che questo non significava che la mafia davvero non c’entrasse per nulla. Prima di concludere si è parlato del “famoso” sogno di Curcio. Nel 1996 al termine di un interrogatorio sul delitto Rostagno svelò ai pm che lo ascoltavano che poco tempo prima sua moglie, che non aveva mai conosciuto Rostagno, gli disse che aveva sognato Rostagno che cercava tra alcune rocce una cassetta….Tra realtà e leggenda ancora oggi si parla di una misteriosa cassetta vhs che Rostagno custodiva gelosamente e che non si è più trovata dopo la sua morte, lì aveva registrato un misterioso traffico di armi (quello rimasto presunto sulla pista di Chinisia)…”Quello era solo un sogno come uno dei tanti che ognuno di noi può fare …nessun messaggio cifrato nessuna verità che si voleva accennare….” – ha concluso Curcio – che poi in tutta fretta ha lasciato l’aula per correre in aeroporto e non perdere l’aereo per Torino. L’uomo che per decenni ha tenuto sotto scacco lo Stato adesso si è trovato come ad ognuno di noi può accadere, correre verso un aereo, cercando di fare il check-in in tempo.