Dall’Irlanda una notizia che non può che riempire di orrore: il caso di Savita Halappanavar, irlandese di origini indiane. La donna, una dentista hindu di 31 anni, è morta, dopo che i dottori le hanno negato un’interruzione di gravidanza alla 17esima settimana, spiegandole che «questo è un paese cattolico».
In Irlanda l’aborto è illegale ad eccezione di quando serve a salvare la vita della madre. I familiari di Halappanavar, hanno raccontato che la donna ha chiesto più volte ai dottori di interrompere la gravidanza, perchè avvertiva un fortissimo mal di schiena e stava per abortire.
Tuttavia, come racconta il marito Praveen all’“Irish Times”, i medici hanno risposto che la donna non poteva abortire perché l’Irlanda è un paese cattolico e il feto era ancora vivo: «Il consulente spiegò che “finché si sente un battito cardiaco del feto non possiamo fare niente”». Savita è morta di setticemia una settimana dopo il ricovero.
Una vicenda limite, si dirà; vicenda che comunque ripropone una annosa questione: quella del diritto di una donna di poter interrompere una gravidanza quando è in pericolo la sua vita, o anche quando in piena coscienza e consapevolezza decide di farlo, per ragioni e motivi che nessuno può e deve indagare e valutare all’infuori dell’interessata; e il diritto del medico di non compiere qualcosa che ritiene in conflitto con la sua coscienza: la cosiddetta “obiezione di coscienza”.
E veniamo all’Italia. La legge 194 è in vigore ormai da molti anni. Tutte le persone che decidono di fare per mestiere il medico-ginecologo sanno – devono sapere – perfettamente che tra le varie situazioni che possono capitare, c’è anche l’interruzione di una gravidanza. Se questo confligge con la loro coscienza (ed è legittimo), nessuno li obbliga a scegliere quella specializzazione. Potrebbero/dovrebbero dedicarsi ad altro: la medicina è un territorio enorme, vastissimo. A parte questo, chi cita la 194 per rivendicare il diritto all’obiezione di coscienza, regolarmente dimentica (vuole dimenticare), che la legge impone contestualmente alla struttura sanitaria di garantire in ogni caso alla donna che ne fa richiesta la possibilità di interrompere la gravidanza. Assistiamo invece, all’interno di intere strutture sanitarie, in intere città e regioni, a questa sistematica disapplicazione della legge.
L’obiezione di coscienza spesso, dunque, non è solo dei medici, ma dell’intera struttura, fino a coinvolgere i portantini. E’ tollerabile una situazione del genere? C’è chi pretende che l’obiezione di coscienza si possa estendere anche ai farmacisti, e ce n’è più d’uno che questa “obiezione di coscienza” la pratica. L’associazione Luca Coscioni lo ha documentato.
I vari leader che chiedono consenso per guidare prossimamente il paese, cosa dicono, cosa propongono, che cosa hanno fatto, che cosa intendono fare? Chiedo scusa se è su terreni come questo che li valuto e li misuro: quelli che oggi vengono definiti “temi eticamente sensibili” sono in realtà questioni e temi sociali. Abbiamo il diritto di chiedere, hanno il dovere di rispondere.