BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

Testo Audizione presidente Rai Anna Maria Tarantola

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GentilePresidente Zavoli,

Senatori, Onorevoli, mi si permetta di cominciare questa audizione, ringraziando la Commissione che, attraverso il suo voto, mi ha nominato alla guida della Rai, la prima azienda culturale del Paese. E’ una grande responsabilità e sono lusingata della fiducia accordatami nell’affidarmi questo delicato incarico. Vorrei assicurare Lei, signor Presidente, e voi, gentili Commissari, che è intenzione mia, del Consiglio di Amministrazione e del Direttore Generale improntare da subito i rapporti trala Raiela Commissione Parlamentareper l’indirizzo generale e la Vigilanza dei servizi radiotelevisivi alla massima collaborazione e trasparenza. Ritengo sia un atto dovuto nei confronti del Parlamento.

Negli ultimi anni la Rai ha visto assottigliarsi il rapporto fiduciario con i cittadini utenti, che è l’elemento fondante, la ragione d’essere di ogni emittente pubblica. I cittadini si riconoscono sempremeno nella Rai equesto si riflette nell’alta percentuale di evasione del canone – assai più elevata che negli altri paesi europei. D’altra parte l’innovazione tecnologica e la pressione competitiva hanno mutato il contesto in cui la Rai opera: richiedono modifiche organizzative, evoluzione di prodotto, maggiore efficienza.

Migliorare la qualità del prodotto per ripristinare il rapporto fiduciario e portare l’azienda Rai adoperare in equilibrio economico – patrimoniale – finanziario sono i due grandi filoni su cui la nuova dirigenza intende intervenire. In questa mia prima audizione focalizzerò l’attenzione sul primo aspetto: il ruolo del servizio pubblico, le sfide che deve affrontare, gli obiettivi che si deve porre. Il Direttore Generale riferirà invece sulla situazione economica patrimoniale e sulle possibili azioni da intraprendere.

 

Un momento cruciale

In tutti i paesi europei il servizio pubblico radiotelevisivo si trova ad affrontare una fase estremamente delicata, oserei dire critica, per almeno tre motivi: la rapida, intensa rivoluzione tecnologica e i mutamenti negli stessi comportamenti che essa ha indotto, la crescente competizione sul mercato, la minore disponibilità di risorse pubbliche rispetto al passato.

Il primo motivo è correlato al processo di digitalizzazione che influisce  sull’organizzazione degli operatori, sul modo di rivolgersi al pubblico, sulle modalità con cui gli spettatori esprimono le loro opinioni, si confrontano con gli operatori e tra di loro: occorre tenerne conto. Gli assetti organizzativi, la cultura aziendale, il modo di interagire con il pubblico devono evolvere in coerenza con tali mutamenti.

Il secondo elemento di questa rivoluzione è di ordine economico ed è connesso al processo di consolidamento indotto dalla ricerca di economia di scala e di scopo che rendono più convenienti le grandi dimensioni. Ovunque nel mondo osserviamo una diminuzione del numero degli operatori audiovisivi dovuta alla concentrazione tra i gruppi privati. Questo processo si riverbera anche in minore qualità e originalità dei prodotti: i format culturali, i programmi, si impoveriscono in quanto ad originalità e vengono trasmessi o ri-trasmessi in un numero sempre crescente di paesi diversi. Lo stesso principio della diversità culturale su cui si è costruita l’Europa viene da alcuni messo in discussione. Ci si può chiedere persino se il consolidamento può essere tale da  incidere sul pluralismo esterno, cioè se l’insieme di voci offerte al cittadino rimanga sufficientemente articolato.

Il terzo aspetto è politico-finanziario. Le crisi economiche e finanziarie che hanno generato le difficoltà delle finanze pubbliche portano i governi a riformulare le proprie scelte di bilancio. In Europa, in Italia in particolare, il settore pubblico degli audiovisivi, per certi versi la spesa pubblica per la cultura nel suo complesso, non è più considerato prioritario e dunque i finanziamenti stanziati a suo favore tendono a diminuire.

Nuove tecnologie, maggiore concorrenza, minori finanziamenti ci impongono di ripensare alla funzione stessa del servizio pubblico, forse ai suoi obiettivi fondanti. Cosa si aspettano da noi i cittadini? Qual è il valore aggiunto del servizio pubblico rispetto ai media privati?

 

Cos’è, cosa può fare il servizio pubblico

Io credo che in un mondo in cui l’universo della comunicazione umana è destinato a diventare sempre più interattivo, interconnesso, globale, il servizio pubblico debba evolvere, rimodellarsi, per svolgere un’azione educativa finalizzata a far apprendere ai cittadini una nuova lingua, a non essere passivi, sedotti, discriminati, ma consapevoli ed autonomi. Tutte le democrazie – e la nostra non fa eccezione – si sono costruite ponendo l’accento sull’importanza di una cittadinanza attiva, fornendo ai cittadini degli strumenti pluralisti per consentire loro di forgiarsi un’opinione responsabile e di esprimere le proprie scelte civiche. Sono valori che costituiscono il fulcro del servizio pubblico e a maggior ragione del servizio pubblico nel XXI secolo.

Fornire, assicurare strumenti per interpretare la realtà che ci circonda è la principale responsabilità degli operatori della comunicazione; contribuire alla formazione libera e senza condizionamenti delle opinioni è la loro principale missione; l’indipendenza dagli interessi politici ed economici è lo strumento perché si realizzi questa missione.

Indipendenza e pluralismo dell’informazione devono quindi caratterizzare il servizio pubblico. In tutti i Paesi europei l’opinione pubblica critica il servizio pubblico perché non lo considera indipendente. E questo nonostante diversi studi mostrino come anche le emittenti private in tutti i grandi mercati europei, (anzi in tutti i mercati mondiali), presentino legami stretti, ambigui e poco trasparenti tra gli interessi capitalistici da un lato e i grandi gruppi privati dei media dall’altro, con una serie di derive. Ma ovviamente questa non può essere una scusante: il servizio pubblico deve continuare a garantire il pluralismo e dunque un’informazione che non deve essere orientata in modo non trasparente a beneficio di una determinata corrente di pensiero o di determinati gruppi.

Il servizio pubblico, come possiamo evincere dalla nostra stessa Carta Costituzionale, deve contribuire a rendere i cittadini consapevoli, informati, deve sostenere il pieno sviluppo della persona per rendere effettiva la partecipazione dei singoli alla vita politica economica e sociale del Paese. Deve fare ciò  ponendo attenzione a tutte le esigenze espresse ed inespresse del pubblico, sia nelle sue componenti più tradizionali che in quelle più dinamiche (giovani, ecc.) innovando i contenuti e sviluppando una offerta multipiattaforma.

In concreto cosa possiamo fare per realizzare questa missione?

 

Cinque assi per la missione possibile del servizio pubblico

Come ha ben indicato il Presidente dell’European Broadcasting Union (EBU)Jean-Paul Philippotin un recente intervento al Prix Italia, occorre agire lungo cinque grandi assi che costituiscono il vero valore aggiunto che il servizio pubblico audiovisivo può e deve impegnarsi a garantire a tutti i cittadini.

  1. Educare all’uso delle nuove tecnologie e garantire l’accesso al mondo digitale a tutti coloro che ne sono esclusi per questioni di età, censo o di livello di istruzione. I dati europei ci dicono che le nuove tecnologie sono assimilate con facilità solo dal 5-10 per cento della popolazione; una elevata percentuale, 20-25 per cento ne ha paura, non ha i mezzi intellettuali, né la disponibilità economica per accedervi o si trova semplicemente nella condizione di non osare farlo per motivi culturali. In Italia nel 2011 solo il 57 per cento circa dei cittadini usava Internet, ponendo il Paese al 47° posto della graduatoria ITU-UNESCO, dopo Malta (37°), Oman (38°), Malaysia (43°) e altri paesi meno sviluppati di noi.

La missione del servizio pubblico è anche quella di insegnare ai cittadini ad avvicinarsi a queste nuove tecnologie, a saperle usare correttamente anche per la gestione nel quotidiano, per i rapporti conla Pubblica Amministrazione.

  1.  Proteggere i più deboli e i più “esposti”. Questo compito tradizionalmente assolto dalle radiotv pubbliche, diventa più importante che mai nel momento dell’accesso sempre più “facile” a Internet, che – tra l’altro – fa saltare i concetti di “fasce orarie protette” o di programmi “difficili”. Occorre quindi creare spazi protetti, in particolare per i minori, dare a tutti, in un contesto educativo, gli strumenti per evitare le trappole contenute in questi nuovi media.
  2. Informare in modo pluralista, indipendente e autorevole, sapendo selezionare l’enorme quantità di dati e di notizie. Il servizio pubblico è il più titolato a svolgere il ruolo di distinguere il vero dal falso, di ordinare l’informazione secondo priorità e spiegare ai cittadini il senso delle mille notizie offrendo loro gli strumenti per forgiarsi la loro opinione.
  3.  Innovare, creare in modo originale e qualitativo prodotti che siano capaci di dare forma e voce ad una identità unica, al dinamismo delle imprese locali. Anche questo è un compito proprio delle emittenti pubbliche che devono operare con una visione di lungo periodo e non con una visione di breve termine orientata al facile profitto. Ma questo costa molto di più che comperare serie, ad esempio americane che, grazie all’ampio bacino di utenti, possono godere di economie di scala rilevanti.

Va poi considerato che nell’universo digitale la creazione assume una nuova dimensione. Ieri solo un professionista poteva creare, oggi tutti i cittadini lo possono fare. Le emittenti pubbliche sono chiamate a riconciliare l’obiettivo culturale della creazione con l’uso degli strumenti teconologici: è un compito sfidante, non facile, non semplice. Si tratta di dare al cittadino la possibilità di avere un “posto” in onda, sui siti internet, sulle reti mobili e di contribuire alla creazione, con suggerimenti e indicazioni. Anche questo processo costa; per essere conseguito richiede ingenti investimenti.

  1. Coinvolgere i cittadini, renderli telespettatori e ascoltatori attivi. L’ambizione di contribuire a creare una cittadinanza attiva, che, come ho in precedenza detto, è nel codice genetico del servizio pubblico, è uno dei cardini di una democrazia sana e progredita.

 

Obiettivo: educare-divertire-informare bene

Operare lungo i cinque assi sopra richiamati è la via per riportare il servizio pubblico alla sua originale autorevolezza e funzione: informare, educare, divertire bene, distinguendosi nettamente dagli operatori privati. Un traguardo estremamente ambizioso che va perseguito avendo ben presente da un lato il contesto in cui opera la Rai, la sua difficile situazione economica-patrimoniale e dall’altro la complessità che caratterizzerà il tracciato del servizio pubblico nel prossimo decennio. La complessità del processo di integrazione delle nuove tecnologie di cui ho già trattato; la complessità dell’abbandono del dogma che l’informazione vada dal giornalista ai telespettatori, dal creatore di programmi verso i cittadini. E ancora la complessità di dover creare programmi che trasmettano significato, che facciano cultura e al tempo stesso facciano audience. Gli ascolti non sono tutto, ma sono importanti. Se si offre un prodotto di qualità che nessuno guarda o segue, il servizio pubblico ha fallito la sua missione. La Rai cercherà di governare questa complessità, attivando tutte le leve possibili, orientandosi sempre più a una gestione basata su efficienza, merito e trasparenza.

La Rai punterà ad ottenere un primato di interesse, di gradimento, di soddisfazione di tutti i pubblici per rinsaldare il rapporto fiduciario con i cittadini. Auspichiamo che ogni cittadino, dal più giovane al più anziano, ritrovi nella Rai un punto di riferimento per la sua crescita culturale e sociale. Per questo sarà necessario prestare sempre maggiore attenzione a tutti quei fenomeni che attraversano il Paese e lo scenario internazionale. Sarà richiesta una particolare cura della qualità complessiva del prodotto a cui dovremo improntare la gestione, la programmazione e l’identità stessa dell’Azienda. In questo contesto auspico che i messaggi trasmessi dal Servizio Pubblico, ho già avuto modo di dirlo in altri contesti ma credo sia opportuno ripeterlo anche in questa sede, siano rispettosi della figura femminile e della dignità umana, culturale e professionale della donna, e trasmettano valori positivi ai giovani dando anche spazio al loro modo di essere, alle loro aspettative, alle opportunità.

Essere il più grande produttore di cultura di un Paese è una grande responsabilità: è anche un’opportunità che non va sprecata e che richiede di avere chiara l’idea di cultura chela Raideve trasmettere. Credo chela Raidebba essere portatrice di una cultura inclusiva che sappia coniugare senso di appartenenza, tradizione, sapere, innovazione, legalità, rispetto delle regole, sostenibilità e poi ancora senso dello Stato, della cosa pubblica e dell’etica. Il servizio pubblico deve contribuire a diffondere quei valori che hanno fatto e fanno progredire le società nel loro complesso e i singoli cittadini che le popolano.

Auspico dunque chela Raisia una azienda competitiva che punti ad eccellere e primeggiare offrendo prodotti di qualità e innovativi sia dal punto di vista dei contenuti, sia sotto il profilo tecnologico. In sintesi un’informazione autorevole e indipendente e un intrattenimento capace di coniugare divertimento e rispetto e che possa in questo modo contribuire ad elevare il livello culturale e sociale di tutti i cittadini; contribuire ad aumentare il capitale sociale del Paese.

Rispetto alla rivoluzione digitale, la Rai potrà ritrovare un’importanza e un significato nuovi, solo se si dimostrerà capace di utilizzare al meglio le opportunità che derivano dalla multimedialità adattando e modificando i propri assetti organizzativi e i modelli produttivi.

Per tutto questo la Rai ha bisogno del vostro sostegno, di un contesto chiaro per la sua missione, di un finanziamento stabile.

 

 

Obiettivo a medio termine: i palinsesti

Nel medio-breve termine questo ambizioso progetto di rilancio passa necessariamente attraverso un intervento sui palinsesti che consenta alla Rai di svolgere sempre di più quel ruolo di volano della cultura televisiva che è proprio del servizio pubblico fornendo ai nostri utenti non solo ciò che si aspettano ma soprattutto ciò che a loro manca. Infatti dare un miglior prodotto vuol dire andare incontro e saper soddisfare anche quelle esigenze inespresse di cittadini che, è auspicabile, torneranno a pagare più volentieri il canone o, ancora più auspicabile, cominceranno a pagarlo.

I tempi per avere un nuovo palinsesto declinato in modo da soddisfare le finalità che ho indicato non sono brevi, perché il palinsesto 2012 è già stato definito così come la programmazione di alcune iniziative che andranno in onda nel 2013, perché costruire un nuovo “catalogo” di prodotti richiede elaborazione e creatività e l’impiego di consistenti risorse finanziarie e umane. Dobbiamo comunque intervenire da subito sulle linee editoriali. E’ ciò che stiamo facendo.

La linea editoriale della Rai non potrà che essere rispettosa del pluralismo, dell’eticità, della responsabilità, sempre attenta alla finalità pubblica. E di questa linea editoriale parte essenziale sarà l’informazione che è – e deve essere – un diritto per tutti. Sono convinta che autonomia e indipendenza siano il modo migliore per garantire il pluralismo.

Vi sono ormai diverse analisi che mostrano come mezzi di comunicazione indipendenti ed efficaci consentano una migliore aggregazione e rappresentanza degli interessi generali rispetto a quelli “di parte”; come i media possano svolgere un ruolo importante come presidio di una buona governance delle imprese; come esista una correlazione negativa tra grado di indipendenza dei mezzi di comunicazione e diffusione della corruzione in un paese.

Specificamente i mezzi di comunicazione possono contribuire a costruire una maggiore fiducia nelle istituzioni. Autonomia e indipendenza sono qualità che aiutano a fare una buona informazione e un buon giornalismo, affidabile, corretto, rigoroso e competente. Alla base di tutto, ovviamente, sta l’onestà intellettuale di tutti e di ciascun operatore del mondo dell’informazione. L’informazione della Rai dovrà richiamarsi sempre ai più saldi principi dell’imparzialità per superare taluni limiti contenuti nel necessario rispetto del pluralismo. Purtroppo non sempre la somma delle diverse posizioni rispecchia correttamente le complessità politiche, economiche, civili e religiose della nostra società.

Ma per dare soddisfazione a queste necessità occorre fornire una informazione tempestiva, completa e sempre disponibile. Ci stiamo lavorando potenziando e rilanciandoil canaleall news della Rai, un presidio presente 24 ore su 24 cui il cittadino potrà rivolgersi attraverso ogni piattaforma per conoscere le notizie e capire l’evoluzione delpanorama nazionale einternazionale.

Ogni singolo pezzo della nostra programmazione, quale che siail mezzoper cui è stato pensato o attraverso il quale arriva al pubblico, dovrà comunque avere ben chiaro il marchio autorevole del servizio pubblico. Così la fiction, che è uno strumento importante con cui, attraverso la narrazione, si possono aiutare i cittadini a capire e a crescere. Così lo stesso intrattenimento che, mi sento di dirlo con chiarezza, non deve più indulgere nel sensazionalismo e nella tv del dolore. Sono convinta che in Rai vi siano risorse adeguate per cambiare, innovando con intelligenza e equilibrio.

Credo infine chela Raidebba aumentare la sua attenzione verso i grandi temi di carattere internazionale, farli comprendere sempre di più al pubblico tenendo conto che le chiavi di lettura di questi fenomeni finiscono, sempre di più, per condizionare la nostra vita.

Il prodotto informativo della Rai dovrà evolversi, spostare il proprio baricentro da una lettura troppo italiana ad una lettura in chiave europea, euro-mediterranea e mondiale.

In proposito ritengo utile richiamare un autorevole intervento delPresidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Riferendosi alla “intuizione lungimirante” del mercato unico con la quale l’Europa “precorse i tempi della globalizzazione”, il Presidente ha affermato che “la direzione di marcia non è cambiata, ma il ritmo è diventato incalzante. Nessun singolo paese europeo, per quanto grande ed efficiente, può competere con successo nel contesto di grandi economie emergenti e dinanzi al disegnarsi di macro-regioni sovranazionali”. Tuttavia, ha ammonito il Capo dello Stato, “la nostra visione del progetto europeo non può limitarsi alla sua dimensione monetaria, finanziaria, economica”. Deve comprendere la cultura e comportare un cambio di mentalità. Anche perché, rileva il Presidente, “nel2050 l’Europa rappresenterà soltanto il 6 per cento della popolazione mondiale”. Anche da questo punto di vista l’Italia ha oggi davanti a sé “una grande e ineludibile sfida”. La “grande e ineludibile sfida” riguarda anche la Rai.

In conclusione ritengo sia necessario chela Raisi muova verso un “pluralismo culturale trasversale”. Per questo il tema del come si pensa e si confeziona il prodotto è fondamentale. E per questo stesso motivo ho già proposto al Consiglio di Amministrazione – che ha approvato all’unanimità nel corso della riunione del 5 settembre u.s. – la costituzione di due Comitati Consultivi per la qualità del prodotto e per la linea editoriale. Dobbiamo studiare, ragionare, confrontarci per dare nuova linfa al ruolo di servizio pubblico, declinandolo in modalità concrete.

 

L’azienda Rai: i pilastri economico-gestionali

La sfida che deve affrontare oggi la Rai è quella di trovare, realizzare la compatibilità tra il ruolo di servizio pubblico, di essere un’azienda al servizio del Paese e quello di essere impresa sottoposta a pressioni competitive elevate e crescenti dovute alla prevalenza di numerosi produttori, di cui alcuni con notevoli disponibilità finanziarie.

Come azienda la Rai presenta diversi problemi di natura congiunturale, ma soprattutto strutturale, che si riflettono in una ingente perdita semestrale. Come sapete il 2012, anno in cui il conto economico aziendale sconta anche l’aggravio dei costi per l’acquisizione dei diritti delle grandi manifestazioni sportive, si potrebbe chiudere con una perdita vicina ai 200 milioni di euro. Il Direttore Generale vi fornirà elementi più analitici ma, per grandi linee, oltre al peso dei diritti sportivi la Rai sta subendo una forte riduzione sul fronte della raccolta pubblicitaria. Ma i problemi non sono solo questi, vi sono criticità strutturali, primo fra tutti il modello di business, che vanno affrontate con determinazione e tempestività. La Rai deve recuperare efficienza e produttività. Deve tornare a produrre reddito. Perché solo in questo modo potrà effettuare i necessari investimenti in tecnologia e in prodotto. Abbiamo avviato un processo di analisi completo e approfondito per individuare le inefficienze e affrontare le necessarie azioni correttive

La Rai, è a me ben presente, è un’azienda con finalità particolari derivanti dal fatto di essere concessionaria del servizio pubblico ma è, e resta, pur sempre un’azienda. E come ogni azienda deve essere sana, solida e vitale, gestita secondo canoni di efficienza, merito, trasparenza.

A tal fine vi sono alcuni obiettivi economico-gestionali che vanno assolutamente perseguiti:

–         una buona governance aziendale che si fondi su una chiara distinzione di ruoli e di responsabilità eliminando le sovrapposizioni e le aree grigie e gli eccessivi riporti; abbiamo avviato una analisi delle criticità organizzative propedeutica alla adozione di un nuovo assetto meglio rispondente anche alle esigenze del mondo digitale;

–         una situazione economico-finanziaria-patrimoniale in equilibrio e sostenibile nel tempo che consenta di conseguire anche un nuovo e profittevole posizionamento sul mercato e di sostenere i rilevanti, necessari investimenti in tecnologia e in nuovi contenuti;

–         una gestione aziendale basata sull’autonomia e sul merito, che sappia valorizzare, stimolare e premiare le professionalità e i talenti, presenti in azienda.

Il Piano Strategico in corso di predisposizione terrà conto della natura ibrida del prodotto (servizio pubblico e attività commerciale) della necessità di mantenere elevata la qualità del prodotto, della necessità di rispettare gli obblighi del Contratto di Servizio. Questi obblighi dovranno comunque essere formulati avendo presente la perseguibilità, la flessibilità che necessariamente l’azienda sarà chiamata a ricercare al proprio interno e le disponibilità finanziarie. A questo riguardo ricordo che i mezzi finanziari della Rai provengono mediamente per il 40 per cento dalla pubblicità e da ricavi commerciali, e per il 60 per cento dal canone (non è così in altri Paesi europei dove il canone copre quasi per intero i costi). Altra specificità negativa italiana è che il canone viene ampiamente evaso (da oltre il 27 per cento degli contro medie in altri Paesi intorno al 5-10 per cento). Questo determina il venir meno di circa 500-600 milioni di introiti riducendo le possibilità di investimento in prodotto, in tecnologia. Recuperare il canone evaso è quindi un ulteriore obiettivo.

Il nostro progetto di migliorare la qualità del prodotto e l’efficienza gestionale, spero che possa essere il volano per ricostruire il rapporto di fiducia tra Rai e i cittadini e innestare un circolo virtuoso che porti tutti a pagare il canone, perché serve a produrre buona informazione, buon divertimento, buona cultura in modo efficace ed efficiente.


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