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MedFilm Festival: il “nuovo” Mediterraneo in pellicola

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di Alessandro Ferretti
Ormai è diventato maggiorenne. Fin dalla nascita si è servito di armi cinematografiche per sostenere la cooperazione tra nazioni vicine,  facendo proprio il motto dell’ Unione europea, “in varietate concordia”, nella convinzione che la diversità sia un valore. A suon di pellicole ha perseguito i suoi obiettivi, dalla tutela dei Diritti Umani al Dialogo Internazionale, dall’educazione dei giovani in ambito socio-culturale alla lotta al razzismo e alla xenofobia, senza mai  tralasciare la promozione e la diffusione della cultura europea e mediterranea. E quest’ anno, proprio in occasione del suo 18° compleanno, il Medfilm Festival indossa il suo abito migliore e l’ invito alla  festa non è di quelli che passano inosservati: 86 film, 50 anteprime nazionali, 28 paesi partecipanti e 22 ospiti internazionali. La buona riuscita dell’ evento è garantita dall’ adesione del Presidente della Repubblica e dal parere del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali che lo ha giudicato “Festival di interesse nazionale” e  “Manifestazione Storica” del Comune di Roma. Saranno ancora una volta l’ Auditorium della Conciliazione e la Casa del cinema ad accogliere gli ospiti della più antica kermesse cinematografica romana che, dal 19 al 28 ottobre, si trasformerà in un’ immaginaria crociera sul Mediterraneo, lambendo le afose coste Africane, passando per quelle pericolose del Mediorente . Un viaggio dai contenuti intensi e dalle tematiche forti che non ha paura di imbattersi ed affrontare gli iceberg del razzismo, dell’intolleranza e della xenofobia.

Se avrete tempo da dedicare al Festival, la vostra scelta è pressoché illimitata. Potrete intraprendere un percorso tematico che si aprirà con Amore e Psiche, concorso ufficiale conteso da dieci pellicole che si fanno portatrici di un cinema intimo che indaga alterazioni sociali ed esistenziali e che vede protagonisti personaggi spesso intimoriti dal presente, ma alla perenne ricerca di relazione con l’altro. Ne è una chiara testimonianza “Boiling dreams”, il film di Hakim Belabbes, la storia di un padre marocchino che, per amore verso la sua famiglia, decide di partire illegalmente per la Spagna. La vicenda viene raccontata attraverso gli occhi di chi resta in patria e che aspetta, invano, una telefona che non arriverà mai. L’ approccio all’ Africa non si limita ad essere introspettivo, ma tenta di analizzare la delicata situazione politica che il continente nero sta attraversando. “Half revolution”di Omar Shargawy ha come sfondo la primavera araba d’ Egitto,  in “It was better Tomorrow” Hinde Boujemma descrive con vivo realismo la lotta di una madre tunisina che cerca, con tutte le proprie forze, di salvare i suoi figli dallo scenario cataclismatico della rivoluzione a Tiblisi. Con “Le Repenti”, invece, Merzak Allouache descrive la travagliate vicende di un giovane jihadista algerino il cui pentimento politico si scontra con l’assenza di perdono da parte del proprio paese. Ne conseguirà un viaggio in cui la speranza lascerà ben presto posto alla violenza, ai segreti e alla manipolazione. Questi film, abbandonati gli entusiasmi delle rivoluzioni, sottolineano come la primavera araba sia un fenomeno tutt’altro che omogeneo e concluso, caratterizzato da poche luci e tanto ombre che offuscano la conoscenza del fenomeno da parte del mondo europeo proteso sempre più a generalizzare ciò che generalizzabile non è. Il Medfilm Festival, attraverso queste pellicole, ci restituisce un’ Africa variegata e diversificata che non si può imbalsamare in definizioni indistinte e generiche.

Se, invece, vi trovate nei pressi di Villa Borghese e avete poco più di un’ora di tempo libero, potreste vedere uno degli undici documentari in corsa per vincere il concorso Open eyes, un premio a cui possono ambire solamente  pellicole di massimo 75’ che pongono il focus delle loro analisi su temi caldi che infiammano l’Europa così come tutte le altre zone del Mediterraneo. La critica cinematografica non ha lesinato complimenti al film di Antonio Bellia, “Il santo nero”, il racconto drammatico e sensuale della storia di Francis e Mirelle, due giovani africani sbarcati ad Agrigento dopo essere fuggiti dai soprusi e dalle persecuzioni della dittatura in Congo. Questa storia di immigrazione raggiunge lo spannung del nonsense in un paesino siciliano dove gli abitanti del luogo, mentre mostrano la più totale indifferenza nei confronti dei due immigrati, venerano in maniera ossessiva il proprio Patrono, San Calogero. Fin quì nulla di male, se non fosse che Calogero, proprio come Francis e Mirelle, fu un clandestino che sbarcò poverissimo sulle coste siciliane. Ne deriva un’analisi amara sul ritardo culturale del nostro Bel Paese. La stesso senso di vergogna che proverà il fortunato spettatore di ”Io sono lì”, il capolavoro di Andrea Segre che entra a pieno titolo nella Hall of fame del cinema realista moderno. Il regista sa toccare, con la giusta delicatezza, le corde dell’ animo attraverso la commovente storia di Shun Li, immigrata cinese trapiantata a Chioggia, piccola cittadina della laguna veneta, per lavorare come barista in un’osteria locale. Il suo obbiettivo è quello di guadagnare più soldi possibili per poter riabbracciare il figlio, sogno destinato a restare tale e ad infrangersi contro il limite culturale della gretta mentalità provinciale italiana.

Qualora, infine, voleste approfittare di una pausa lavorativa senza il timore di buttare via tempo prezioso, quale migliore scelta se non andare a vedere uno dei diciannove cortometraggi da 30’ che si contenderanno il premio Methexis?  Dalla Giordania al Portogallo, dal Marocco ad Israele, dall’ Iran alla Francia, senza paura di volare, con gli occhi e con la mente, negli accidentati territori palestinesi e siriani. Ai vostri occhi non passerà inosservato il talento del regista sloveno Metod Pevec ed il fascino del suo mini-documentario,“Donne di Alessandria”,  storia di  donne che, a fine ‘800, partirono da Lubiana, Trieste e Gorizia per andare a lavorare come balie, tate e dame di compagnia presso le ricche famiglie del più grande emporio del Mediterraneo. Una volta tornate in patria, però, ad aspettarle non c’era più l’amore dei propri cari, bensì il disprezzo e la diffidenza di un paese ostile “a ciò che era conosciuto, ma che ora è diverso”.

Insomma, il Medfilm Festival è sempre più eterogeneo, versatile, variegato, flessibile agli orari ed alle esigenze di un pubblico quanto mai diversificato. Queste caratteristiche non intaccano, però, lo spessore culturale ed artistico di un evento che, a merito, si è ritagliato nel corso della sua adolescenza un posto privilegiato nel panorama intellettuale europeo. La crociera cinematografica è pronta. Ai romani non resta che salire a bordo.

*tratto da www.piuculture.it


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