Progettare nuovi sistemi dove pubblico e privato convivano nella sperimentazione dell’ideazione, produzione e distribuzione dei contenuti, è la “sfida impossibile” su cui riflettiamo da anni con la segreta speranza di fare proposte costruttive anche per il legislatore. L’ambizione è mettere al centro del sistema della conoscenza la RAI Tv – Servizio Pubblico per creare sviluppo e occupazione in questo settore strategico dell’economia della conoscenza.
La rivoluzione della “tecnologia digitale” dei mezzi di comunicazione e diffusione di contenuti (cultura, informazione, intrattenimento), attraverso la circolarità delle risorse immateriali, come la conoscenza, l’informazione, la creatività, la ricerca scientifica e tecnologica, offre un’infinita gamma di potenzialità applicative, ideative, produttive e di architetture comunicative nuove, attraverso i nuovi media digitali.
Il mercato della comunicazione, e della produzione dei contenuti, è caratterizzato dalla concorrenza globale; questa situazione, richiederebbe in Italia la presenza di un soggetto imprenditoriale pubblico, finalizzato alla realizzazione degli interessi culturali generali del paese con l’obbiettivo di pensare un Welfare della comunicazione, promuovendo la produzione di contenuti italiani, rispetto a quelli acquistati. La RAI TV è la più grande casa editrice italiana e pensare ad una sua ristrutturazione significa pensare ad un soggetto pubblico che metta insieme tecnologia e creatività, propulsore dell’innovazione digitale, della produzione e della diffusione di contenuti. La sfida è quindi quella di far convivere le ragioni del Servizio Pubblico con quelle legate all’esigenza di stare sui mercati con un’impresa efficiente. La RAI deve diventare un grande gruppo multimediale e riconquistare la leadership nell’informazione, nella cultura, nell’ intrattenimento, nei programmi di servizio pubblico e in quelli legati al mercato, allargando la propria attività ai nuovi servizi digitali dell’industria della comunicazione digitale.
A mio giudizio le ragioni per una riforma della RAI TV sono:
1) La ricerca del pluralismo culturale come criterio editoriale essenziale per svolgere il ruolo di Servizio Pubblico;
2) Il rilancio della produzione, soprattutto nei settori della fiction e del cinema; la scelta dell’innovazione del prodotto, con creatività e professionalità, negli scenari aperti dalla tecnologia digitale per tentare di competere nei mercati globalizzati;
3) Utilizzare nella diffusione digitale internazionale della RAI TV i contenuti prodotti in Italia, come risposta alle sfide della globalizzazione;
4) La ricerca di alleanze strategiche con altri gruppi della comunicazione e l’acquisizione di capitali privati, per non essere subalterni nella sfida della tecnologia digitale e per progettare il futuro.
La Proposta è trasformare la RAI TV in un’ azienda a rete, un’ “azienda corta” che privilegi la flessibilità e l’autonomia dei giornalisti e degli autori, rispetto ai super-condizionamenti politici e burocratici, assicuri le condizioni strutturali del pluralismo e ricerchi la propria unitarietà nella coerenza del progetto strategico .
Un possibile modello organizzativo è basato sui seguenti elementi:
Una Fondazione RAI: con “atto di Dotazione” viene istituita una fondazione che ha il fine di perseguire l’interesse generale con l’esercizio del servizio pubblico radiotelevisivo; il Parlamento nomina gli amministratori che restano in carica per almeno sette anni;
RAI Holding : società per azioni di proprietà della Fondazione alla quale vengono conferite le azioni Rai oggi detenute dal Ministero del Tesoro; possibilità di avere una piccola quota di azioni cedute a finanziatori istituzionali (non speculativi per es. i “Fondi pensione”);
Gruppo dirigente RAI Holding: La Fondazione RAI nomina un Amministratore Delegato e il Consiglio D’amministrazione della RAI Holding;
Società Operative: La Rai Holding nomina gli amministratori delegati delle singole società operative; decide le relative quote d’ ingresso dei privati nelle singole società operative finalizzate ad attività legate al mercato. Il gruppo dirigente delle società operative lo decidono i soci che hanno le quote di maggioranza .
Trasformare la RAI in Holding per creare una struttura che renda meno opprimente e più difficile il condizionamento esercitato dai partiti e dai poteri forti, far entrare i privati nelle società operative della Holding nei settori più legati alle esigenze del mercato.
Il vertice della Fondazione RAI, destinato ad assorbire le funzioni della Commissione Parlamentare di Vigilanza, dovrà essere nominato dal Parlamento con criteri di garanzia, uguali a quelli che regolano la nomina della Corte Costituzionale.
Cosa molto importante la proprietà dell’ Azienda deve rimanere pubblica, mentre le risorse economiche derivanti dal canone e dalla pubblicità confluiranno nella RAI Holding. Criterio fondamentale è la distinzione fra produzione di contenuti strettamente di servizio pubblico (informazione, informazione parlamentare, programmi di interesse sociale, ecc..) che saranno finanziate solo con il canone; attività con finalità di servizio, ma con una dimensione di mercato (ad esempio le reti televisive generaliste) che potranno essere finanziate in parte con il canone e, in parte, con i proventi della pubblicità e attività prettamente di mercato (ad esempio produzione di fiction, film, spettacoli di intrattenimento, ecc..) che dovranno essere finanziate solo con la pubblicità. Ognuna di queste aree dovrà far capo a distinte società operative e l’ingresso di privati sarà possibile, in maniera differenziata, solo per le attività rivolte al mercato.
Tutte queste attività potranno essere collocate nella holding finanziaria con autonomia organizzativa facendo capo, come già detto, a distinte società operative. Su tutto deve dominare il criterio della trasparenza. Unitarie devono restare l’identità, la missione e la coerenza strategica del gruppo RAI TV che comunque, nello scenario italiano, deve avere obbiettivi peculiari in termini di sviluppo culturale, di pluralismo informativo, di contributo alla modernizzazione digitale del paese (banda larga) e alla politica industriale del sistema-Italia, in collaborazione coi territori e con le risorse finanziare private.
È bene chiarire che l’ingresso di capitali privati non significa privatizzare la RAI TV o abbandonare la funzione di servizio pubblico. Significa, invece, creare le condizioni perché la RAI TV possa entrare nelle aree di mercato, con una politica industriale di produzione di contenuti digitali per tutte le piattaforme, non solo rivolta al mercato nazionale, ma anche a quelli internazionali.
Il disegno di una holding finanziaria, articolata in società operative con una forte unitarietà strategica, è dunque la sfida per lo sviluppo, per crescere economicamente e creare buona occupazione.
Questo è un progetto concreto e adeguato ai tempi, non è fatto di sogni, che sono belli e riempiono le nostre notti, tutelano il nostro sonno, ma svaniscono quando al mattino ci svegliamo.