Mi sembra strano non trovare in nessuno dei grandi quotidiani italiani un articolo capace di spiegare che la crisi attraversata dal nostro paese in questi anni è morale prima che essere economica e politica. Non si tratta di un’osservazione particolarmente originale o difficile da interpretare.
Chi scrive ha pubblicato, per molti decenni, articoli sui quotidiani più importanti ma in questo periodo, cacciato poco fa – silenziosamente- dal quotidiano del Partito Democratico su cui scrivevo da trent’anni e da la Repubblica, fondata da Eugenio Scalfari, a cui ho collaborato per trent’anni, si dedica soprattutto ad insegnare STORIA DELLA MAFIA nell’Università di Torino ed a scrivere i suoi libri che hanno superato il numero di trenta in cinquant’anni di lavoro negli archivi di diversi paesi europei.
Ma l’assenza di pluralismo che caratterizza oggi la penisola è davvero impressionante.
Ne ha parlato, in maniera particolarmente efficace, Michele Polo in un libretto pubblicato dalla benemerita casa editrice de Il Mulino di Bologna, che si intitola L’informazione che non c’è ed io posso rimandare almeno adesso i lettori al libretto che è lungo meno di cento pagine e costa in libreria soltanto dieci euro.
Voglio tuttavia aggiungere qualcosa perché ho insegnato per molti anni Storia del giornalismo nell’Università di Torino e ho diretto con Valerio Castronovo la Storia della stampa in sette volumi pubblicata tra gli anni settanta e ottanta dall’editore Laterza. Insomma come studioso di Storia mi sono occupato per molti anni proprio della storia dei mezzi di comunicazione nel nostro paese e intendo occuparmene ancora come ho già anticipato a uno dei miei attuali editori.
Ebbene, ritornando al tema di partenza, è necessario, a mio avviso, sottolineare che oggi in Italia si sta dibattendo su una questione che riguarda soprattutto la politica di chi occupa cariche significative a livello del parlamento nazionale come di quelli regionali e che pone in discussione questioni fondamentali per il nostro paese.
Mi limito ad elencarle in maniera netta. Riguardano i criteri di selezione usati dalle forze politiche , rappresentate nelle assemblee legislative di diverso ordine e grado, i requisiti morali ritenuti necessari per produrre le leggi e i regolamenti che caratterizzano la vita quotidiana degli italiani e naturalmente il grado di rappresentanza che caratterizza ad ogni livello gli eletti e in ogni caso quelli che hanno l’onere di rappresentare le comunità di fronte all’opinione pubblica più o meno rispecchiata nei canali televisivi e nei giornali cartacei o on-line che esistono.
Ebbene, credo di poter dire, proprio perché la mia professione è quello dello studioso di storia e non di politico, che siamo atterriti dal livello medio della classe politica e dirigente che guida oggi il paese.
Certo vediamo tutti che la corruzione è nettamente più diffusa nella destra berlusconiana che guida la penisola in molte regioni importanti (dalla Lombardia al Lazio e ancora ad altre regioni come la Calabria, la Sicilia, la Campania e la Sardegna) ma non possiamo dire di fronte al caso Penati ed altri intervenuti negli ultimi tempi che il centro-sinistra ne sia stato del tutto esente.
E allora come possiamo superare la questione morale che attanaglia la nostra società politica( ma anche civile) se non ci battiamo tutti per una bonifica integrale della società che significhi il rinnovamento della repubblica a tutti i livelli ma anche l’immissione nelle prossime assemblee di persone preparate ed oneste, capaci di far politica per il bene comune e non per i propri affari, disposte sempre a cedere il passo a chi presenta proposte migliori.
E’ utopia tutto questo? Forse, ma da una crisi così grave e difficile si può uscire soltanto se si è disposti a sacrificare tutto o quasi tutto per la ricostruzione dell’Italia di oggi.
Un’impresa disperata ma a cui dobbiamo collaborare,pena la distruzione di tutto quello che hanno costruito i nostri padri,e specialmente i membri dell’Assemblea Costituente del 1945-47.