E’ alto l’allarme per le grandi piogge ma nella regione si costruisce ancora in zone a rischio
di Alessio Di Florio*
Cleopatra. Per giorni questo nome è stato sinonimo di allarme, di devastanti piogge in arrivo. Piogge che alla fine non sono arrivate. Sospiro di sollievo? Assolutamente no. L’Abruzzo ha già vissuto giornate difficili per le piogge a metà settembre. Piogge che sono scese per due giorni ininterrottamente, ma certamente non in maniera torrenziale. Eppure i danni sono stati altissimi, larga parte della costa è stata letteralmente devastata: 1 milione di euro di danni in Provincia di Teramo, Pescara con lo sguardo terrorizzato verso il fiume Pescara (di cui si temeva l’esondazione), San Vito Chietino che è stata costretta a chiedere lo stato di calamità naturale. Naturale? Ma è veramente tutto così naturale e imprevedibile? Assolutamente no. Se per fermare le piogge che scendono dal cielo nulla può l’uomo, c’è un’altra esondazione contro cui potrebbe, e dovrebbe, impegnarsi: il cemento. Ma contro questa terribile calamità nulla avviene anzi, come già in passato hanno costantemente denunciato le associazioni ambientaliste, si fa di tutto per favorirla. Nella piena legalità formale, o al confine, ma spesso anche superando abbondantemente questo confine.
PeaceLink Abruzzo e l’Associazione Antimafie Rita Atria l’anno scorso avevano lanciato un fortissimo grido d’allarme dopo la devastante alluvione ligure e toscana, “una cartolina anche per l’Abruzzo” che “dimostra quanto la scelleratezza e la devastante speculazione possano distruggere un territorio”. E’ passato un altro anno e la cronaca, così come si denunciava già nel dossier del dicembre 2010, ci racconta come si continua sempre a favorire la cementificazione e un’edilizia totalmente incontrollata. La cronaca di San Vito, il Comune che ha subito così ingenti danni da esser arrivata a chiedere lo stato di calamità, ha riportato durante l’estate la notizia del sequestro da parte della magistratura di un complesso edilizio in riva al mare, mentre gli attivisti e le attiviste di Zona22, hanno denunciato, e documentato con foto, una “spregiudicatezza edilizia” che si annoda “a doppio filo ai disastri” appena avvenuti. Nelle foto degli attivisti e delle attiviste sono immortalati “un grosso cilindro di cemento, interrato sotto la stradina che conduce alla calata, attraverso il quale un piccolo rigagnolo d’acqua, che una volta era un torrente, termina la sua corsa verso il mare attraverso i ciottoli della spiaggia” e “Al di là della Statale Adriatica, immediatamente a Nord dopo il ristorante “La Scogliera” (ex “Greco e Levante”),” in fase di conclusione “uno dei tanti enormi complessi residenziali spuntati come funghi sul territorio sanvitese, molti dei quali edificati lungo le rive di fiumi e fiumiciattoli, che purtroppo hanno il risaputo vizio di sfociare a mare” denunciando che “la collina è stata praticamente trasformata in una scala, alla cui base è stato realizzato un piccolo parcheggio “pubblico”, esattamente a strapiombo sul corso d’acqua” il cui letto è stato letteralmente strozzato dagli argini riforzati per difendere tale complesso. Durante le piogge “L’enorme mole d’acqua scesa a valle, prendendo velocità, si è infiltrata tra gli argini scorrendo sotto il parcheggio, provocando uno smottamento di dimensioni allarmanti, con vistose crepe sull’asfalto appena finito, e una parziale fuoriuscita di numerosi massi dell’argine sinistro. La ditta realizzatrice dell’opera, per ovviare a questo increscioso inconveniente, ha pensato bene di scaricare lungo il letto del fosso qualche simpatica decina di metri cubi di calcestruzzo fresco fresco (per l’esattezza 46, come da ricevuta fornita dal tecnico della ditta, la PROECO srl),” (i carabinieri e il comandante del Corpo Forestale dello Stato, giunti sul posto a seguito della segnalazione degli attivisti e delle attiviste di Zona22, hanno bloccato i lavori). La stessa San Vito dove dovrebbe sorgere un “mega resort di lusso a pochi passi da una zona di altissimo valore ambientale” su “una superficie di 200.000 mq. (140.000 nella delibera comunale 29/2011) di cui 130.000 interessati da 612 camere, seconde case, centro di talassoterapia per 9000 mq., sala meeting per 1000/1500 posti, centro culturale, 9 ristoranti, anche per banchetti, attrezzature sportive, piscine”.
Tutta la Costa Teatina è ingabbiata dal cemento, si può attraversare la Statale Adriatica per decine di chilometri senza vedere il mare, nonostante sia a pochi passi. Eppure è una costa strepitosa, scrigno di tesori immensi e imperlata da una bellezza commovente. Una bellezza che, nel 2001, si era deciso di proteggere e tutelare con l’istituzione di un Parco Nazionale. Un Parco Nazionale che, nonostante siano passati oltre 10 anni, non vede ancora la luce per la miope azione di contrasto di lobby private e di parte della classe politica. L’unica scelta che andrebbe fatta, l’unica vera difesa dalle calamità artificiali (le uniche che ripetutamente minano questo territorio!) continua a cedere il passo al timore di frenare l’edilizia e gli interessi economici (di pochi!). Una contraddizione assurda nella Regione dei Parchi, recentemente stigmatizzata anche dal direttore generale del Ministero dell’Ambiente Renato Grimaldi, che ha invitato con forza la Regione a dare il suo contributo alla nascita di questo nuovo Parco, smettendola con inerzie e contrasti. Parole saggie e lungimiranti che meritano di essere sottoscritte. Un anno fa si faceva riferimento a Megalò2, il progetto che si voleva far nascere (al fianco del primo Megalò e di un altro centro commerciale) in una zona a fortissimo rischio idrogeologico e a pochissimi passi dalle sponde del fiume Pescara, che l’ultima volta nel 1992 esondando distrusse tutto ciò che incontrò (nel 1888 addirittura sommerse interamente le case, trascinandosi via le persone che avevano trovato rifugio sui tetti). Un anno dopo, quel progetto ha fatto decisivi passi avanti, grazie al parere favorevole della Commissione Regionale della VIA (Valutazione d’Impatto Ambientale). Ma non ci si è accontentati, perché non moltissimo distante si è completata anche la costruzione di un centro IKEA (nonostante subito dietro ci fosse già un capannone abbandonato). E, rimanendo nella stessa area metropolitana, non si può non citare la costruzione di un nuovo complesso edilizio a ridosso della linea di costa, accusato dal consigliere regionale Maurizio Acerbo (ma non solo) di essere un enorme favore ai costruttori Mammarella e Milia e in via di autorizzazione solo grazie ad “un’interpretazione assai forzata e illegittima del decreto sviluppo (legge 70/2011)”. E quindi, ancora una volta, le leggi diventano strumenti per favorire privati, senza preoccuparsi minimamente del consumo di suolo e dell’assetto del territorio.
Tutto questo nella Regione del terribile terremoto del 6 aprile 2009. Sono passati tre anni e mezzo eppure non si è riusciti ancora a restituire neanche un minimo di speranza di futuro: il centro storico è, in buona parte, ancora fermo a quella maledetta notte (nonostante la stragrande maggioranza dei mesi siano trascorsi sotto un commissariamento che la ricostruzione doveva favorire e accelerare – e qualcuno questo lo ricordi all’ex prefetto Gabrielli…). Nella Finanziaria regionale 2012, il 31 dicembre scorso, fu approvata una moratoria all’autorizzazione a nuove cave, nelle more di un Piano Cave che attende da quasi 30 anni di essere realizzato (chi sta scrivendo quest’articolo compirà fra qualche giorno 28 anni!). In questi mesi nulla, o quasi, si è mosso per redigere finalmente questo prezioso strumento territoriale. Mentre si è svolto un vero e proprio stillicidio di dichiarazioni contro la moratoria, nel quale si è contraddistinta la CISL (sostituitasi addirittura ai difensori di un indagato nei mesi scorsi chiedendo ripetutamente ed energicamente che venissero levati i sigilli ad una cava sequestrata dalle forze dell’ordine per sospetti di violazioni di legge). Non si è mosso quasi nulla perché qualcosa, dopo mesi e mesi di attesa, è avvenuto: l’assessore alle attività produttive Alfredo Castiglione all’inizio di settembre ha annunciato l’affidamento a professionisti qualificati dell’incarico di redigere il Piano. Uno dei professionisti sicuramente è qualificatissimo e conosce benissimo il settore: è il Presidente Nazionale di Assomineraria, l’organizzazione confindustriale della quale fanno parte gli imprenditori del settore cave. Praticamente i “cavatori” si scriveranno da soli le regole…
Quanto riportato finora sono solo alcuni esempi della non gestione del territorio, della capitolazione di chi dovrebbe difenderlo, tutelarlo e governarlo agli interessi di pochi. Interessi che non si curano, anzi spesso la danneggiano, della collettività. Ma ci sia concesso chiudere con alcuni emblemi di tutto ciò. La Regione Abruzzo ha impegnato, a proposito di tutela della propria costa, ben 13 sedute per il “taglio” della Riserva del Borsacchio (devastata un anno fa dalle piogge e dove 2 giorni di pioggia a settembre hanno causato danni stimabili in 1 milione di euro circa), così da permettere ad alcuni costruttori di operare. La notte tra il 18 e il 19 settembre il Consiglio Regionale ha definitivamente approvato la “Legge edilizia”, che all’inizio prevedeva una totale deregulation urbanistica e superpremi di cubatura ovunque e dovunque in deroga a tutto, frenata soltanto da mesi di ostruzionismo di Maurizio Acerbo e altri consiglieri regionali. Approvata la legge, immediatamente i costruttori sono tornati alla carica per chiedere che vengano approvate alcune modifiche alla legge per tornare verso lo spirito iniziale. Chissà forse il loro sogno è Vasto, dove il Prg approvato all’inizio degli anni Duemila ha dato il via ad una miriade di costruzioni ovunque, dalle colline (che ad ogni pioggia sono teatro di grandi e pericolosi smottamenti) alla costa dove svettano complessi edilizi di palazzoni immensi. Vasto dove la Procura scriveva all’inizio di quest’anno nel “Bilancio Sociale” dell’attività del 2011 “Particolarmente impegnativo è il contrasto all’abusivismo edilizio che mina la solidità del territorio e la bellezza della costa. Nell’anno scorso sono stati posti i sigilli a 14 immobili abusivi che vanno ad aggiungersi agli oltre 20 sequestri già in essere, alcuni dei quali relativi a imponenti costruzioni o a lottizzazioni abusive” facendo riferimento anche all’inchiesta “Mattone Selvaggio”, avviata nel 2006 e che nell’aprile 2012(6 anni dopo!) ha portato ancora al sequestro di ulteriori 47 alloggi in una zona dove non è possibile costruire.
Una fotografia del territorio, dunque, che deve responsabilizzare sulla colata di cemento, in vista di calamità naturali. E non viceversa.