Di Ali Izadi
In Iran il Parlamento è giunto alla nona legislatura, e conta di giungere presto anche alla decima. Ma per la seconda volta, nel corso di tutta la sua storia e di questa legislatura, i deputati hanno scritto al Presidente della Repubblica: una lettera dura, nella quale gli chiedono di giustificarsi, questa volta per il disastro economico. Per mettere sotto accusa il presidente bastavano 73 firme, ne sono state raccolte 102.
Ovvio che la domanda politica di oggi sia semplice e diretta: a Tehran è arrivata l’ora dell’impeachment ? Oppure Khamenei esiterà ancora, come ha esitato sino ad oggi, per paura di quello che Nizam Islami ha chiamato “lo scandalo del disonore davanti al nemico”?
Kahmanei non può aver paura del piccolo Ahmadinejad, ma di come verrebbe letta la sua rimozione sì. E’ questa l’ultima carta rimasta in mano ad Ahmadinejad per riuscire a sopravvivere politicamente e arrivare alle prossime elezioni presidenziali in carica e non agli arresti, magari domiciliari.
Adesso il presidente in carica Mahmoud Ahmadinejad ha una settimana di tempo per rispondere alle accuse durissime che gli sono state mosse dalla larga maggioranza dei deputati: ma pochi si illudono che non seguirà la stessa tattica usata nel precedente scontro con il parlamento, quando di fatto si fece beffe dei deputati. Ma anche Ahmadinejad sa che le cose sono cambiate: questa volta ha scioperato il BAzar, cioè i ricchi mercanti della capitale, un evento senza precedenti nella storia della Repubblica Islamica. Ahmadinejad dunque ha perso il perno dell’economia nazionale, e nel Bazar aveva molti alleati. Ecco perchè il punto non è lui, ma Khamenei: cosa sceglierà dopo le elusive risposte di Ahmadinejad? Avrà paura del disonore davanti agli occhi del nemico o sceglierà il rito sacrificale?