di Luigi Marini*
L’esistenza di un “sistema 10%” presso Finmeccanica presenta, sul piano delle analisi sociali e storiche, una prospettiva che non sorprende, se non per l’ipocrisia che nasconde e per i vantaggi illeciti aggiuntivi che sembra portare sè. Dalle letture specializzate, e dalle semplificazioni che del fenomeno trasmettono libri commerciali e pellicole varie, abbiamo imparato che costituisce una tradizione risalente nel tempo e diffusa a livello planetario il fatto che alle grandi transazioni internazionali si accompagni il pagamento di ingenti compensi non ufficiali sia ai “mediatori” sia ai prestanome dei politici che acquistano i beni e i servizi oggetto del contratto. Ciò sembra valere massimamente per le transazioni in tema di energia e di armamenti.
Appare assai improbabile che le imprese italiane che devono gareggiare con una concorrenza internazionale agguerrita possano sottrarsi a questa tradizione che, probabilmente, in molti casi fa diventare elemento decisivo per l’aggiudicazione delle commesse proprio la quantità e la qualità della “mediazione”, destinata a restare rigorosamente segreta. Se questo è lo stato di fatto, dove possono trovare e come movimentare ingenti somme di denaro non ufficiale le imprese che intendono gareggiare a livello internazionale ? A questo primo livello del problema se ne aggiunge un altro che trova in Italia un habitat particolarmente fertile. Le connessioni tra mondo politico e grandi imprese strategiche, necessariamente vicine alle istituzioni e, purtroppo, ai partiti politici, assumono da noi connotazioni perverse sulle quali si fonda un secondo livello di “mediazione”; non necessitata dalle finalità commerciali sopra ricordate ma fondata sul diffuso malcostume nazionale e tutta giocata su interessi personali e domestici. La domanda conclusiva è: il 10% di fondi non ufficiali di cui si parla, include o non include la quota di mediazione che si pensa resti distribuita tra i protagonisti nazionali, oppure questa si aggiunge al mitico 10%?
Seconda osservazione. A proposito di percentuali destinate ai protagonisti nazionali, è di qualche giorno fa una intervista all’imprenditore Piscitelli in cui emergono tratti di quello che è noto come il “sistema Protezione civile”. Siamo in presenza di un tema che sta scomparendo dalla nostra attenzione, forse perché superato nella comunicazione pubblica dagli scandali più recenti, ma che meriterebbe di essere approfondito per le implicazioni che porta con sé sotto molteplici punti di vista, non ultimi la spregiudicatezza con cui si è giocato con le vere situazioni di crisi e la ridotta capacità degli organi di controllo di intervenire in modo tempestivo ed efficace. Parlare di intercettazioni e di prescrizione dei reati è, dunque, parlare di cose molto serie.
Terza osservazione. La riforma delle norme in tema di corruzione che è in fase di approvazione in questi giorni non dovrebbe dimenticare l’esistenza sotto il medesimo “nomen iuris” di fenomeni illegali così diversi tra loro: dalla singola concessione edilizia compiacente all’esistenza di un “sistema” locale che la rende possibile (ecco qua un profilo di vero “decentramento”), dalla tangente sulla singola grande opera ai “sistemi” tipo Protezione civile e transazioni internazionali. Non sono realtà affrontabili col medesimo approccio e con i medesimi strumenti e ogni modifica che indebolisca l’intervento di controllo e ogni omessa introduzione di strumenti utili concorre ad aumentare la differenza fra i livelli di illecito che abbiamo davanti.
Quarta osservazione. Ma il discorso sulla capacità di risposta dei controlli riguarda pure noi magistrati, se è vero che in una sede giudiziaria considerata da tutti efficiente è giunto a prescrizione in primo grado un importante processo per fatti corruttivi celebrato a carico di figure politiche non di secondo piano. Un’accusa di tangenti su investimenti nella sanità mossa ad assessore e consigliere regionali, a imprenditore e manager della sanità aveva preso avvio dalle dichiarazioni rese nel 2006 dall’imprenditore interessato con riferimenti a “tangenti del 10%” pagate o richieste tra il 2000 e il 2004. Da quello che la stampa riferisce in modo apparentemente molto puntuale, le dichiarazioni furono rubricate dalla procura della Repubblica a Mod.45 e là rimasero a lungo, fino al momento in cui la procura generale dispose l’avocazione del procedimento; di qui “una corsa contro il tempo” e nel 2008 la richiesta di rinvio a giudizio per i soli fatti non prescritti; prima udienza in dibattimento il 19/2/2010 e poi due anni e mezzo di processo in cui si sono celebrate 7 (sette) udienze in tutto, fino alla sentenza di prescrizione di tutti i fatti. Il tema del funzionamento del processo e degli uffici giudiziari si ripropone in tutta la sua evidenza.
Quinta osservazione. I fatti di Siracusa, e quelli di Reggio Calabria di ormai un anno fa, e la vicenda nota come “P4” e altri fatti ancora mettono in luce i mille aspetti che la “corruzione” può assumere all’interno del sistema giudiziario. senza dimenticare la notizia di stampa, passata velocemente sui giornali e di cui dovremmo sapere di più, secondo la quale due ex presidenti di corte di appello avrebbero preso molto a cuore la posizione dell’amministratore delegato di Finmeccanica. Sono, tra l’altro, tutte vicende che pongono problemi rilevanti al nostro sistema di valutazione e di controllo interno, anche se, va detto, la “durezza” con cui molti di quei casi sono stati affrontati dimostra che i magistrati sanno comprendere il valore della trasparenza e della fiducia e non guardare in faccia a nessuno, neppure ai loro colleghi.
* Luigi Marini è presidente di Magistratura Democratica