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Ecomafie, attacco alle foreste del mondo

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di Luca Scarnati
Eravamo abituati a pensare che i grandi business delle ecomafie riguardassero i rifiuti, ma a quanto pare proprio perchè Pecunia non olet anche i boschi ne sono vittime. A dirlo non è solo la voce dell’UNEP, l’organo delle Nazioni Unite per la protezione dell’ambiente, ma anche quella dell’INTERPOL. L’organizzazione dedita al contrasto del crimine internazionale, mediante la promozione della cooperazione tra forze di polizia, evoca scenari insospettabili: l’industria illegale del legname si attesta fra il 15% e il 30% del mercato globale, divenendo un settore capace di far guadagnare alla criminalità organizzata tra i 30 e i 100 miliardi di dollari l’anno. Le aree maggiormente minacciate dalla criminalità consistono in foreste tropicali situate nel bacino dell’Amazzonia, in Africa centrale e Sud Est Asiatico, dove le quote di mercato illegale arrivano a picchi del 90%. La malavita ha un’enorme responsabilità rispetto alla morte lenta dei più efficienti “polmoni” della Terra, dietro ogni foresta che sparisce c’è la mano dei trafficanti di legno, tanto che dopo la cocaina e i diamanti sta divenendo la terza industria più redditizia per le mafie internazionali.

Si tratta di un’attività che comincia con il convincere le popolazioni indigene a cedere i propri alberi, spesso in cambio di pochi soldi o beni di scarso valore, per poi passare attraverso la corruzione di funzionari locali in modo da assicurarsi la possibilità di fra uscire il legno dal paese, magari in forme lavorate, più facilmente camuffabili da prodotti legali. Ma il livello dell’attività criminale sta diventando sempre più sofisticato, raggiungendo picchi di alta tecnologia, con veri e propri attacchi informatici ai siti governativi in grado di creare finti permessi per i tagli o le esportazioni.

Addirittura le organizzazioni arrivano a mettere le mani sui finanziamenti governativi, fingendo di aver ottenuto il legname da foreste create dall’uomo, in applicazione dei protocolli internazionali per la riduzione della CO2. E tutto questo accade con la complicità di imprenditori locali e multinazionali conniventi, tanto che proprio l’INTERPOL nel 2011 ha creato un programma speciale (Law Enforcement Assistance for Forests) deputato alla salvaguardia delle risorse naturali nei paesi in via di sviluppo, cercando di assicurare l’effettiva applicazione delle leggi internazionali all’interno dei singoli confini, richiedendo alle autorità nazionali di sviluppare risposte proporzionate alla portata e alla complessità della sfida.

Attualmente le foreste del mondo rappresentano uno dei pilastri più importanti nella lotta contro il cambiamento climatico, la deforestazione, concentrata proprio nelle foreste pluviali tropicali, è responsabile di circa il 17 per cento di tutte le emissioni di origine antropica di gas serra, il 50 per cento in più di quelle da parte di navi, aerei e trasporti terrestri combinati. Inoltre coinvolge almeno 350 specie di alberi protette dalla CITES (la Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione di flora e fauna selvatiche), rappresentando un significativo pericolo per la biodiversità.

Finché il traffico sarà così conveniente, con alti profitti e basse possibilità di essere scoperti, le organizzazioni criminali continueranno la pratica del taglio e del commercio illegale a spese dell’ambiente e delle popolazioni indigene. Il report pubblicato da UNEP e INTERPOL invita pertanto alla creazione di una vera e propria unità di controllo internazionale per mettere fine al fenomeno, suggerendo che solo uno sforzo coordinato tra i diversi paesi consentirà di impedire alla criminalità organizzata di sfruttare questa situazione.

Intanto in questi giorni presso la FAO a Roma, l’UNEP, insieme all’Istituto Interregionale delle Nazioni Unite per la Ricerca sul Crimine e la Giustizia (UNICRI), ha organizzato la conferenza internazionale “Crimini contro l’ambiente: minacce attuali ed emergenti.” Occupandosi oltre di taglio, trasporto e commercio illegale di legname, anche di altre emergenze legate ai reati ambientali: commercio delle specie animali in via d’estinzione, il contrabbando di sostanze dannose per lo strato di ozono, il commercio illegale di rifiuti pericolosi e la pesca abusiva.

Leggi il report di UNEP e INTERPOL


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