“Così hanno ucciso Mastrogiovanni” ha titolato L’Espresso in un articolo di Gianfrancesco Turano prima della ripresa del processo dopo la pausa estiva. Ora siamo alle ultime udienze e la sentenza potrebbe arrivare il 30 ottobre. Franco Mastrogiovanni, 58 anni maestro elementare di Castelnuovo Cilento, morì la mattina del 4 agosto 2009 dopo 83 ore in trattamento sanitario obbligatorio nel reparto psichiatrico del San Luca di Vallo della Lucania, legato polsi e caviglie ad un letto di contenzione. Un finale tragico per un uomo senza colpe, per un cittadino entrato in un ospedale in buona salute e senza aver commesso reati, uscito morto dopo quattro giorni, senza acqua né cibo e senza che ai parenti fosse consentito di vederlo. Una morte terribile che è stata consegnata ai familiari da una telecamera che nella stanza ha ripreso secondo per secondo per 84 ore come può morire un uomo.
Imputate 18 persone, 6 medici e 12 infermieri, con l’accusa di sequestro di persona, falso in cartella e morte come conseguenza di altro reato. Il pubblico ministero Renato Martuscelli nella requisitoria finale ha chiesto condanne da due a quattro anni per sei medici e sei infermieri, l’assoluzione per altri 6 infermieri. La richiesta non ha soddisfatto l’avvocato Di Palma di Telefono Viola (parte civile nel processo), perché “il pm nella ricostruzione non ha menzionato in nessun modo il fatto che Grazia Serra, la nipote di Mastrogiovanni, si fosse recata in ospedale per visitarlo e che la visita gli venne negata dal medico: avrebbe avuto sicuramente un’incidenza innanzitutto medica”. In una delle ultime udienze Bartolo De Vita, avvocato di parte civile dell’Asl di Salerno ha commentato le immagini del video di sorveglianza ricostruendo il comportamento dei sanitari.
“Un uomo legato ai polsi e alle caviglie senza interruzione per 83 ore e 55 minuti, impedito nei più elementari bisogni, come nutrirsi, bere, recarsi in bagno, necessari a conservarne la dignità umana, sequestrato in una cella-lager e sottratto alla visita dei familiari e privo di assistenza sanitaria. La contenzione è atto del medico, non atto terapeutico”. Per Michele Capano, avvocato del Movimento Robin Hood e Avvocati senza frontiere di Milano nella sua arringa ha sottolineato che “il professore Mastrogiovanni è stato calunniato come un pazzo, drogato, volgare ma era solo un paziente, non rappresentava nessun pericolo”. Un processo mediatico e politico accusano invece i legali degli accusati.
Per l’avvocato Francesco Bellucci “nel binario parallelo del processo sul caso di Franco Mastrogiovanni si sta assistendo ad un processo che rischia di svilire le garanzie istituzionali a svantaggio delle esigenze di giustizia, mettendo in risalto le esigenze giornalistiche”. Luigi Manconi, presidente dell’associazione A Buon Diritto è stato tra i primi a denunciare questo caso che solo in questi giorni viene ripreso dai mezzi di informazione nazionale. “E’ stata violata ogni legge, ogni norma deontologica, ha detto Manconi alla trasmissione di Rai Tre Che tempo che fa. Non è un caso isolato. Nel 2006 all’ospedale di Cagliari Giuseppe Casu è morto in circostanze simili. I familiari di Franco Mastrogiovanni hanno voluto che le immagini della sua agonia venissero conosciute perché il loro dolore più intimo privato diventasse occasione di riflessione pubblica e collettiva”. Più che una scelta un obbligo terribile e necessario che si è ripetuto in tante altre battaglie di altri familiari che chiedono una normale e civile giustizia per i loro cari morti nelle mani delle istituzioni.