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Rai: attenti agli sciacalli

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La lunga e approfondita analisi di Beppe Giulietti su presente e futuro della Rai – che nella sostanza è una puntuale e condivisibile relazione programmatica – l’ho tradotta immediatamente in alcune immagini che propongo alla riflessione di governanti e utenti. La prima. L’interminabile ‘prorogatio’ del direttore Maccari, pensionato che resta a dirigere la principale testata giornalistica televisiva d’Europa, è esattamente rappresentata dalla sigla del suo Tg1. Berlusconi ha lasciato il posto a Mario Monti ormai da dieci mesi. Ebbene, chi c’è ancor oggi a rappresentare il governo del nostro Paese nello storico globo rotante? Ma naturalmente Silvio Berlusconi seduto alla scrivania del comando. Questione di forma o di sostanza? Possibile che in dieci mesi non ci sia stato il tempo di un qualunque cambiamento, così come, ad esempio, è avvenuto per la sigla del Tg2?

La seconda. Si avvicina la stagione autunno-inverno. Cosa ne sarà dell’informazione dalle sedi regionali che in piena estate ha avuto spazio nelle testate nazionali? L’Ilva di Taranto, l’Alcoa e la Carbosulcis in Sardegna, Pomigliano d’Arco, Termini Imerese, oltre ai tantissimi servizi di cronaca nera o sull’estate bollente. Sarebbe significativo poter fare un raffronto su quante e quale tipo di notizie ‘passano’ perché servono a riempire gli spazi estivi e quel che succede negli altri periodi dell’anno. Così accade che la più completa rete di copertura informativa del territorio venga sottoutilizzata se non svilita perché le valutazioni “dal centro” sono spesso di una Grande Italia che non esiste, di un centro che si ricorda saltuariamente delle tante periferie. L’importante compito che potrebbe svolgere un vero Servizio Pubblico, vale a dire la conoscenza dall’interno, approfondita delle tante realtà del nostro straordinario Paese, ridotto a succursalismo o, peggio, a provincialismo.
La terza. Le assenze di autori e conduttori come, ad esempio, Saviano, Santoro e Ruotolo, Ruffini, Dandini, i Guzzanti; le programmazioni delle reti; la sostanziale emarginazione di ideatori di tv di qualità, o di storici conduttori e conduttrici di telegiornali; l’incredibile numero delle fiction a danno degli approfondimenti che potrebbero realizzarsi: tutto questo, di cosa à figlio? E dove trovano origine queste insopportabili situazioni?
In quello sciagurato Conflitto d’Interesse, non solo mai sanato, ma addirittura considerato questione secondaria in un Paese come il nostro. Conflitto d’interesse che. lontano dall’essere sconfitto, ha addirittura prodotto un monstrum come la Legge Gasparri.

Ora, che il presidente del Consiglio abbia tutte le ragioni per rivendicare a sé il merito di avere almeno modificato la Governance della Rai, non può assolutamente bastare a chi crede fermamente che una seria riforma passi attraverso la radicale trasformazione del sistema di nomina dei governanti dell’Azienda. Non possiamo far finta che – così come ha ricordato Giulietti – solo il Pd non ha nominato propri rappresentanti nel nuovo Consiglio d’Amministrazione. La cinghia di trasmissione Partiti-Governo-CdA è stata solo parzialmente modificata, fermo restando il rispetto che si deve comunque ai nuovi amministratori chiamati al delicatissimo compito di rilanciare e ristrutturare la principale Azienda Culturale del Paese. Nessuna preclusione, quindi, ma neppure nessuna carta bianca, visto il vizio originario che ancora una volta ha caratterizzato l’inizio della nuova stagione.
Nuova stagione che riguarda anche il sindacato dei giornalisti Rai, i quali alla fine di novembre andranno a congresso per prepararsi al futuro con capacità progettuali, ma anche con la ferma convinzione che l’indipendenza professionale è il valore principale da salvaguardare. Per questo giova ricordare, a governanti ed utenti, la battaglia che, in questa direzione, continua a combattere il sindacato unitario. E non mi riferisco, ad esempio, al voto di sfiducia massiccio, con il quale è stata indicata l’inadeguatezza dell’allora direttore generale Masi – fatto ampiamente ripreso e commentato dai quotidiani -, ma a due risultati molto più significativi sul piano della riorganizzazione professionale interna: le selezioni pubbliche che hanno consentito di portare dentro la Rai appassionati, competenti, indipendenti giovani giornalisti; la tutela ripetuta e continua che viene fatta dei precari che progressivamente vengono immessi nel lavoro stabile secondo precise tabelle e non esclusivamente in dipendenza del giudizio dei direttori. Ovviamente di questi risultati, che potrebbero rappresentare modelli anche per altri, nessuno, se non pochissimi hanno scritto.
Il confronto di idee e la voglia di unità hanno consentito tutto questo. Spirito unitario che ovviamente da fastidio a chi immagina che sulla divisione sindacale si può portare un assalto mortale alla Rai. E’ da qui che deriva un articoletto comparso ieri, 8 settembre, sul “Giornale” della famiglia Berlusconi, in cui un legittimo, auspicabile, corretto confronto di posizioni fra due candidati alla carica di futuro segretario viene descritto come una spaccatura in cui si cerca in tutti i modi di bloccare “il cattolico” Giorgio Balzoni per favorire il “40enne e prodotto della Scuola di Perugia” Vittorio Di Trapani. Gli obiettivi principali dei due candidati sarebbero: per Balzoni, tutelare gli ultracinquantenni che invece sarebbero nel mirino del tagliatore di teste Di Trapani. Questa rappresentazione ridicola e distorta di un serio dibattito politico, come è sempre stato all’interno dell’Usigrai, cerca di seminare zizzania e favorire la formazione di conventicole pro o contro. Ignorando, oltretutto, il vero tema al centro del congresso di Salerno che sarà quello della qualità del Sevizio Pubblico. Altro che nominalismi. La sfida, dunque, è su programmi, progetti, futuro in cui tutti gli apporti diventano indispensabili, se nella logica del miglioramento e del potenziamento del Servizio Pubblico: dei Cattolici e dei Laici, di trentenni, quarantenni, cinquantenni, sessantenni.
Le idee, ancora una volta, al posto di qualunque etichetta appiccicata in modo strumentale..


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