La decisione del governo conservatore portoghese di “affidare in mani private” la gestione della RTP, il servizio pubblico radiotelevisivo, seppure per un periodo transitorio, al fine di “fare cassa”, sta suscitando forti reazioni in seno alla comunità dei Network pubblici, allarmati da questa misura che potrebbe fare da “apripista” anche in altri paesi colpiti dalla crisi economica e con forti indebitamenti finanziari.
Al momento l’EBU/UER, ovvero l’Eurovisione, che associa i 56 enti radiotelevisivi pubblici europei e del bacino mediterraneo, è scesa in campo rivolgendosi direttamente al capo del governo e al presidente della Repubblica portoghesi con una lettera aperta dai contenuti molto duri, che fanno presagire anche un ricorso alle istituzioni comunitarie, compresa l’Alta Corte del Lussemburgo. Intanto, nel silenzio assoluto dei media pubblici e privati, si registra anche l’assenza imbarazzante di qualsiasi presa di posizione del presidente della Commissione europea, Manuel Barroso (esponente di punta dello stesso partito conservatore al potere a Lisbona), nonostante l’evidente contrasto della misura del governo lusitano rispetto ai dettami giuridici dei Trattati di Lisbona, di Amsterdam, e delle risoluzione del Parlamento e del Consiglio europei. Ne abbiamo parlato con il rappresentante italiano, il vicepresidente dell’EBU/UER, Claudio Cappon, già Direttore generale della RAI.
Cappon, qual è il suo giudizio sull’intera vicenda?
La nostra posizione è chiara. Sappiamo tutti che c’è una grave crisi economica e finanziaria in Europa, che porta i paesi più indebitati ad assumere misure eccezionali. Queste manovre, però, possono mettere in discussione il valore stesso del servizio pubblico e quindi, in alcune situazioni, abbiamo verificato che la crisi finanziaria diventa strumento di agire politico, con finalità contrarie rispetto all’esistenza e al valore del servizio pubblico stesso.
Come intendete agire?
L’EBU/UER è impegnata fortemente in questo caso e ha portato al centro dei propri interessi il sostegno istituzionale del servizio pubblico. Abbiamo reagito prontamente alla situazione portoghese, perché riteniamo che questa sia una caratteristica dell’esperienza culturale ed europea da salvaguardare in ogni circostanza e situazione. Sempre! Sia nel caso si tratti di una grande o una piccola organizzazione e sia se il rischio economico-finanziario si presenti grande o piccolo.
Quali i rischi per gli altri servizi pubblici di paesi indebitati come il Portogallo?
Riteniamo che l’indebolimento anche in aree periferiche del servizio pubblico possa mettere a rischio il concetto stesso e l’esistenza del servizio pubblico. Piena consapevolezza che la crisi vada affrontata con interventi adeguati, ma i valori e i principi del servizio pubblico non vanno messi in discussione. Non possono essere abbandonati. Certo, anche da parte delle TV pubbliche ci vuole senso di responsabilità ed affrontare dei sacrifici; ma dal punto di vista dei principi, questi occorre preservarli.