di Dioni
Mario Monti ha confessato ieri ha detto al Salone del Tessile di Milano quello che tutti sapevamo. Quello che anche i freddi numeri avevano già certificato. Il premier non ha risolto la crisi, anzi.
Oggi il tecnico prestato alla politica ha confessato:
“Le nostre decisioni hanno contribuito ad aggravare la crisi”.
Per poi aggiungere che “più in là” vedremo i benefici. Sarà, ma probabilmente questo “più in là” rischia di arrivare troppo tardi, quando ormai si è distrutto il tessuto sociale ed economico di un Paese intero.
Monti, quindi, lo ha ammesso. Le sue politiche economiche hanno aggravato la crisi. Secondo il premier ”soltanto in questo modo si può avere qualche speranza di risolvere la situazione”.
“Quando a questo governo gli è stato chiesto di trattare un caso non semplice, ci siamo posti il tema se comportarci con una visione di lungo periodo o se cercare di fare un surfing sulle onde della tempesta finanziaria”, ha detto il premier al Salone del Tessile, “Penso che le nostre decisioni abbiano contribuito ad aggravare la situazione congiunturale, è ovvio.”
E’ quello che hanno detto e continuano a dire anche in Grecia dove hanno proposto la settimana lavorativa di sei giorni su lettera dell’Unione Europea, FMI e BCE. La rivista inglese Guardian riporta:
L’Eurozona chiede la settimana di sei giorni per i greci. I creditori vogliono che il governo ateniese introduca la settimana lavorativa di sei giorni come condizione per il secondo bailout. La richiesta è contenuta in una lettera della troika dei prestatori, ossia la Commissione Europea, La BCE e il Fondo Monetario. Nella lettera, si chiede l’adesione al pacchetto di austerity imposto, e si insiste sulla necessità di riforme radicali del lavoro, dai salari minimi agli straordinari all’orario flessibile.
E’ così che pensano di risolvere la crisi? Sta funzionando?
Non è che forse per risolvere la crisi bisogna fare come in Islanda dove l’hanno risolta veramente, dati alla mano, senza parlare di un lungo termine e di false speranze e i più grandi economisti la pongono come esempio.
L’Italia non sarà cambiata dai politici ma dai cittadini.
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