Il generale Petaeus arriva in Turchia, visita non programmata di cui si è saputo solo che ovviamente avrebbe incontrato il primo ministro Erdogan: e proprio mentre a Istanbul era in corso il colloquio il presidente siriano ha mandato i bulldozer a demolire le case degli oppositori, alla periferia di Damasco. I conti della macelleria “made in Assad” sono agghiaccianti: 30mila morti ammazzati, 100mila detenuti, 250mila profughi fuggiti all’estero, 3milioni di profughi all’interno della Siria.
In questo quadro di inimmaginabile orrore il protavoce del Consiglio Nazionale Siriano, Abdel Basset Sayda, ha chiesto aiuti militati al mondo “civile:”abbiamo bisogno di armi per difendere la nostra gente, i civili che quotidinamente vengono uccisi dall’ esercito di Bashar al Assad. Siamo sicuri che l’Unione Europea possa convincere la Russia a modificare la sua posizione e ad appoggiare la costituzione di aree protette per i profughi.
La Siria è un paese multi etnico e multi confessionale e tale rimarrà dopo la nostra vittoria.”
Ma la comunità sembra cinicamente disinteressata al calvario di un popolo, pur consapevole delle ovvie conseguenze.