di Nadia Redoglia
E’ morto un Sapiente. Ha impiegato la sua esistenza terrena per conoscere il pensiero degli altri ben consapevole che questo è il solo modo per ottenere gli elementi più utili alla serenità necessaria per esporre il proprio pensiero, senza timore di urtare la sensibilità del prossimo. Ci vogliono umiltà e profonda sensibilità per riuscirci e il card. Martini c’era riuscito in pieno. Penso che “laicissima religiosità” che qualcuno ha riferito parlando di lui, sia il tributo più “giusto” in assoluto: comprende tutto il significato dell’animo buono non già perché religioso, ma perché uomo. Per essere come lui infatti non è indispensabile essere prete. Lui, essendolo, ha dimostrato però che certi uomini se sono anche preti possono dare tantissimo. La Chiesa cattolica ancora non dimostra d’aver capito.
I giornali hanno pensato bene di battere e ribattere sul tasto del “ha rifiutato l’accanimento terapeutico” giusto per rimestare in una delle vicende italiane che insieme allo squallore della legge 40 non ci fanno sentire belle persone. In sostanza il cardinale ha semplicemente rifiutato i sondini nasali e gastrici per alimentazione e idratazione artificiali. La legge italiana in ogni caso non può imporli a persona cosciente. Il bailamme tra clericali e accoliti cosiddetti pro-vita, parlamentari e no (fortunatamente bloccati in senato) è frutto d’elucubrazioni ingarbugliate che partono tutte dal termine eutanasia, invece di partire dall’umano senso della parola amore, sulla quale il card. Martini, appunto, ha fondato la sua esistenza, lavorando moltissimo per capirne appieno il significato e dunque praticarlo.
Probabilmente i “nostri” stanno ancora addirittura bisticciando sul significato d’umanità.