A fine luglio scrivevo qui di riforma elettorale soprattutto in ottica di corretta comunicazione e riscontro sui principali mezzi di informazione.
Sono arrivato a digiunare 35 giorni per quella che considero una battaglia politica prioritaria in un momento di crisi profonda dei partiti e del sistema democratico per ciò che concerne i criteri di rappresentanza. Ho iniziato questo sciopero della fame non per sensibilizzare l’opinione pubblica su un tema evidentemente già compreso ed espressamente tradotto da un voto referendario che non lascia spazio ad interpretazioni: il Porcellum va cambiato ed è indispensabile una nuova legge elettorale che consenta ai cittadini di avere l’ultima parola su chi mandare in Parlamento a rappresentarli. Ho scelto questa forma estrema rivolgendomi fondamentalmente ai partiti e a tutti quei leader che, un giorno sì e un altro pure hanno continuato a proclamare e promettere un’intesa urgente in materia fissando tempistiche e scadenze puntualmente eluse o rimandate. Durante il mese di agosto oltre 200 cittadini hanno proseguito il mio digiuno avviando una staffetta di 24 ore, alla quale hanno partecipato anche una trentina di miei colleghi parlamentari, e piu di 1600 sono gli iscritti ad un gruppo Facebook che chiede di rispettare gli impegni assunti mettendo mano quanto prima ad una riforma seria e strutturale. Lo scorso 3 settembre ho ripreso il digiuno perché – mi rendo conto – nulla è cambiato, non vi è stata alcuna accelerazione a calendarizzare una proposta base su cui discutere ma anzi, se possibile, si sono riportate le lancette indietro di alcuni mesi e si assiste ad uno spettacolo sconfortante di veti, dilazioni, appuntamenti mancati, comitati ristretti con poteri decisionali che passano la palla nuovamente a future conferenze di gruppo ma di fatto, oggi, ancora non sappiamo quando approderà in Aula un testo condiviso. Tutto ciò esattamente dopo nove mesi da quando i partiti hanno cominciato a misurare le reciproche posizioni tra incontri privati dei leaders e relative dichiarazioni ottimistiche sui tempi e sui modi. Ora, se tutto va come previsto, il testo sarà in Senato ad ottobre in prima lettura e successivamente passerà all’esame della Camera, con il forte rischio, dovuto ai tempi ristrettissimi, di fare la stessa fine delle riforme costituzionali, cioè di viaggiare in partenza su un binario morto.
Io credo che questo rischio nessuno di noi abbia il diritto di correrlo, nessun componente di questa classe dirigente può permettersi di fallire ancora tradendo le aspettative del paese e demolendo una credibilità già fortemente minata da comportamenti incoerenti ed impegni disattesi. Soprattutto se l’importanza e la centralità della questione elettorale sono ben chiare in primis ai cittadini che, giustamente, hanno imparato a conoscere le nefaste conseguenze di una legge autoreferenziale e conservatrice i cui danni sono quotidianamente sotto i riflettori di media ed opinione pubblica.