di Alberto Spampinato*
Sulla misteriosa fine dei giornalisti Graziella De Palo e Italo Toni, scomparsi a Beirut il 2 settembre 1980, continua a gravare il segreto di Stato opposto per la prima volta dal Governo Craxi nel 1984 e rimosso parzialmente dal governo Berlusconi nel 2009. Il segreto riguarda le relazioni speciali fra il servizio segreto militare italiano Sismi e l’Olp. E’ emerso da varie fonti che quei rapporti erano regolati da un protocollo segreto che viene indicato come “lodo Moro”. Dal 1970 quel patto ha permesso all’Organizzazione per la Liberazione della Palestina di fare nel nostro paese attività paramilitari coperte in cambio della rinuncia a eseguire attentati terroristici in territorio italiano.
Le prime tracce di quel patto emersero a novembre del 1979, in seguito al sequestro dei tre lanciamissili SA7 Strele trasportati su un auto, nei pressi di Ortona, da Daniele Pifano e dal palestinese dell’FPLP Abu Anzeh Saleh. Altre tracce apparvero nell’inchiesta giudiziaria per l’abbattimento dell’aereo dei servizi segreti italiani Argo 16. Anche Italo Toni e Graziella De Palo probabilmente trovarono tracce e riscontri di quel patto segreto e furono eliminati per questo.
Nel libro-inchiesta “Omicidio di Stato”, scritto con cura scientifica e impegno personale amorevole da Nicola De Palo, cugino di Graziella, la vicenda è ricostruita con molti dettagli e con un preciso inquadramento storico. Sono citati alcuni retroscena della strage del 2 agosto 1980 a Bologna che non hanno trovato riscontro nei processi, secondo i quali i veri autori dell’attentato sarebbero terroristi collegati alle frange più estremiste del movimento palestinese. Con questi e altri dettagli, il libro descrive il lato buio e inconoscibile del’Italia delle stragi e dei segreti inconfessabili, delle verità irrangiungibili, dei mille depistaggi.
L’autore ricostruisce passo passo gli sforzi dei familiari di Graziella e Italo per ritrovali vivi o morti e per scoprire i motivi della loro scomparsa. Seguire il loro instancabile pellegrinaggio fra varie autorità per avere notizie dei loro cari e per scuotere con tenacia e fantasia l’attenzione delle distratte autorità italiane è commovente ed istruttivo. Emerge l’alto senso delle istituzioni di questi familiari, di questi cittadini esemplari che, dopo tanti inganni e delusioni, cercano di giustificare quel senso civico come se fosse un difetto.
In effetti, con il senno di poi, aver dato tanto credito a quei rappresentati dell’Italia dei misteri e dei depistaggi appare una nota stonata, un peccato di ingenuità. Ascoltando autorevoli e perentori consigli, i familiari di Graziella e Italo – che erano tutt’altro che sprovveduti – osservarono e difesero per oltre un anno il più assoluto silenzio stampa. Lo fecero su richiesta di ministri, di interlocutori politici e di alti funzionari pubblici di cui, qualche mese dopo, lessero i nomi nelle liste degli aderenti alla Loggia P2. Con quello stesso senso dello Stato, ancora oggi, Giancarlo De Palo, fratello di Graziella, e Alvaro Rossi, cugino di Italo, sperano che le istituzioni italiane facciano cadere il segreto e, finalmente, sulla sorte dei loro cari facciano trionfare la verità e la giustizia.
Nel 2009 il presidente del Consiglio Berlusconi annuciò che il segreto di Stato sui rapporti SISMI-OLP sarebbe caduto il 31 dicembre 2010. Ma non per i documenti più scottanti il governo ha mantenuto ferma la scadenza naturale del 28 ottobre 2014. Questa scadenza è ormai prossima. Ma non si possono escludere colpi di scena. Nè si può dare per scontato che caduto il vincolo del segreto si saprà tutto. Lo dice ciò che è accaduto agli oltre mille documenti già desecretati su istanza dei familiari dei due giornalisti scomparsi: sono pubblici, ma con moltissimi omissis che oscurano nomi, luoghi, circostanze riguardo ai punti essenziali da chiarire.
E tuttavia quei documenti hanno portato un po’ di luce, confermando le deviazioni ipotizzate in alcuni dei tantissimi articoli pubblicati in questi anni dai giornali (LEGGI GLI ARTICOLI) e nel corso di processi ed inchieste giudiziarie: le indagini per la scomparsa dei due giornalisti a Beirut Ovest furono caratterizzate fin dall’inizio da un’intensa attività di depistaggio ad opera del servizio segreto militare SISMI.
Graziella aveva 24 anni, era nata a Roma, era una giornalista free lance esperta di politica internazionale. Aveva lavorato per “Notizie radicali”, aveva scritto per “ABC” e altre testate, ma si era fatta conoscere sopratttutto con i 40 articoli puntuali e competenti pubblicati fra il 1978 e il 1980 su “L’Astrolabio”, la rivista fondata da Ferruccio Parri e diretta da Riccardo Lombardi. LEGGI GLI ARTICOLI DI GRAZIELLA E ITALO
Aveva trattato in particolare il tema del traffico d’armi che, grazie ad una legislazione tollerante, l’Italia praticava con grande disinvoltura, senza rispettare il divieto di vendere armamenti a paesi in guerra o sotto embargo.
Graziella aveva approfondito l’argomento su “Paese Sera”, firmando una documentata inchiesta in cinque puntate pubblicata fra il 18 marzo e il primo aprile 1980, quattro prima della sua partenza per il Libano. L’inchiesta traccia un quadro impressionante fino allora inedito. Mette in luce le “triangolazioni”, le furbizie commerciali, la compiacenza di altri paesi, per aggirare gli embargo e da conto di un volume d’affari gigantesco, valutato per l’Italia, nel 1976, in 1.300 miliardi di lire di fatturato, con 146 aziende produttrici e 80 mila dipendenti, che conferiva all’Italia la posizione di quarto paese esportatore di armi, dopo Usa, Urss e Francia.
Italo Toni aveva 50 anni, era di Sassoferrato (Ancona). Era un giornalista professionista, aveva lavorato a “L’Avanti!” , era stato redattore dell’ “Astrolabio”, poi aveva cominciato a lavorare come free lance per varie testate. Dagli archivi dell’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno è emersa una sua antica, forse occasionale, “collaborazione”. E secondo alcune ipotesi questa circostanza ha contato sulla sua scomparsa.
Italo aveva conosciuto Graziella alla redazione di “Notizie radicali” e aveva stabilito con lei un forte sodalizio professionale. Avevano pubblicato insieme un libro sul mito di Che Guevara, e poi avevano deciso di fare insieme quel viaggio di lavoro in Libano.
Erano andati a Beirut su invito del responsabile della delegazione italiana dell’OLP, Nemer Hammad, che li aveva aiutati ad avere un passaggio aereo a prezzo ridotto per Damasco, l’alloggio a Beirut e l’accredito presso il quartier generale dell’Organizzazione a Beirut.
Per inquadrare la vicenda, bisogna ricordare il momento storico, segnato da profondi sconvolgimenti in Medio Oriente e dal terrorismo. A novembre del 1979 era caduto il regime di Reza Palkevi in Iran aprendo la strada a Komeini. Lo stesso mese c’era stata la “crisi dei missili di Ortona” che secondo alcune ipotesi dovevano servire per un attentato contro il governo italiano, secondo altre contro il presidente siriano Assad. Il 27 giugno ci fu la strage di Ustica e il 2 agosto la strage di Bologna.
Italo e Graziella arrivarono a Damasco il 22 agosto 1980 e il giorno dopo furono condotti a Beirut da militanti dell’OLP attraverso una frontiera militare. Nei rapporti fra i due giornalisti e gli esponenti dell’OLP che li ospitavano, o con qualche frangia del composito movimento di cui era leader Yasser Arafat, probabilmente sorse qualche problema, poiché il 1 settembre i due giornalisti andarono all’ambasciata d’Italia a Beirut, registrarono la loro presenza, e dissero:”Se fra tre giorni non saremo rientrati in albergo, date l’allarme e venite a cercarci”.
Il giorno dopo dovevano lasciare l’albergo di Beirut per visitare le postazioni militari palestinesi nel Sud del Libano. Quella mattina effettivamente una macchina li prelevò in albergo. Da allora non si è saputo più nulla di loro.
I familiari attesero invano il loro rientro in Italia previsto il 15 settembre. Per giorni e giorni gli esponenti dell’OLP e i funzionari diplomatici li rassicurarono, falsamente. Per mesi e mesi fecero credere che fossero ostaggio di qualcuno e che fosse in corso una trattativa per liberarli. Poi più nulla.
Uno degli interlocutori principali dei familiari fu il colonnello Stefano Giovannone, l’uomo del SISMI a Beirut e l’interfaccia italiana dell’OLP in Libano. Giovannone ebbe un comportamento sfuggente e contraddittorio e al processo fu il primo a invocare il segreto di Stato sui rapporti con l’OLP. In uno dei suoi articoli Graziella, senza farne il nome, ne aveva tracciato l’identikit quale referente in Medio Oriente delle industrie italiane degli armamenti. Probabilmente, insieme al capo del SISMI, generale Santovito, era il garante numero uno del “lodo Moro”.
Il libro di Nicola De Palo espone le varie ipotesi sulla fine di Graziella e Italo e conclude che la tesi più gettonata, probabilmente quella che più si avvicina alla verità, è questa: i due giornalisti italiani sarebbero stati sequestrati, “processati” e uccisi da una fazione dell’OLP, l’FPLP di George Habbash, nella convinzione che fossero spie al soldo degli israeliani. Falco Accame, ex ammiraglio ed ex deputato, una delle fonti di Graziella e Italo, aggiunge un’altra ipotesi: forse furono eliminati perché a Beirut avevano scoperto la base italiana del traffico di armi in Medio Oriente o, addirittura, perché avevano trovato tracce della super segreta struttura internazionale di Gladio, venti anni prima assoluta dell’ammissione dell’esistenza di quella struttura militare occulta.
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