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Francia, il miliardario in fuga dal fisco

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Di Valentina Longo
Non c’è francese in queste ore che non stia lì a cercare di capire come riprendersi dalla botta che gli ha rovinato la rentrée: l’agenda economica e la conseguente manovra durissima annunciata da Hollande, i temuti sacrifici, più tasse che tagli di spesa. È indigesto il piatto principale servito sulle tavole apparecchiate per la cena di domenica sera, e la diretta televisiva del presidente francese risveglia le preoccupazioni anche di quei cittadini d’oltralpe che si sentivano più al sicuro di altri euro-colleghi, dagli italiani agli spagnoli.

Ma poi l’attenzione è andata tutta all’affaire Arnault, con un brulicare di commenti, molti piccatissimi, sulla querelle mediatica alimentata da Libération con la sua esplosiva prima pagina di ieri. Sullo sfondo di una foto a figura intera di un sorridente Bernard Arnault, valigia alla mano, ha piazzato un potente e inequivocabile “Casse-toi, riche con!” (Togliti di mezzo, ricco coglione). Questo titolone -seguito da quattro pagine di articoli – il quotidiano della gauche lo ha riservato all’imprenditore del lusso e patron di LVMH, primo uomo più ricco di Francia, il quarto al mondo nella classifica stilata da Forbes, di cui si è parlato molto negli ultimi giorni, uno della cerchia di Sarkozy, molto chiacchierato da quando si è detto pronto a lasciare il paese per stabilirsi in Belgio.

«Anche se contesta il fatto di voler andare via esclusivamente per motivi fiscali, la sua domanda di nazionalità belga appare come il simbolo dell’egoismo dei più fortunati», chiosa Libé, per il quale si tratterebbe tra l’altro di un primo passo verso altri paradisi fiscali. È vero che l’espressione usata dal quotidiano francese è un’allusione alla famosa esplosione del 2008 dell’allora presidente Sarkozy, che così apostrofò un visitatore che non voleva stringergli la mano al Salone dell’agricoltura (“casse-toi, alors pauvre con”). Ed è innegabile che Arnault è effettivamente l’incarnazione di quel modello di “super-ricchi” contro i quali si è schierato François Hollande quando, fresco di insediamento, ha chiesto solidarietà nello stringere la cinghia e svelato il suo progetto di tassare i redditi più alti: la solidarietà deve venire da tutti, soprattutto da chi guadagna di più, è il monito del presidente socialista, che vede i più ricchi chiamati a dare l’esempio.

La soluzione proposta da Hollande, l’uomo “normale” che tuonava “il rigore non è tutto”, si è tradotta in una riforma fiscale che comporterà l’entrata in vigore di una nuova aliquota al 75%, per i redditi superiori a un milione di euro. Il primo a pagare, dunque, sarebbe proprio il leader dei mega-milionari francesi, che anche nell’incontro con il premier Ayrault, qualche giorno fa, aveva ribadito la sua contrarietà. Il governo l’ha già ridimensionata: il prelievo fiscale salirà al 75, per cento ma solo per la parte eccedente il milione di euro.

Ma intanto la prima pagina di Libé è già diventata oggetto di querela da parte di Arnault. Magari la questione è malposta, visto che già da giorni la stampa belga ha riferito che Arnault è già residente nel paese dallo scorso autunno e che lui stesso ha parlato di una scelta dettata dal lavoro e da motivazioni personali: La Libre Bélgique e I telé lo hanno raccontato per voce dello stesso borgomastro di Uccle la cittadina belga vicino Bruxelles dove l’imprenditore già risiederebbe dal 2011, prima delle elezioni presidenziali (6 maggio) che hanno incoronato presidente Hollande. A Uccle, parola di borgomastro, Arnault avrebbe già acquistato una casa per farne la sua abitazione. Restano però aperti diversi interrogativi: altri lo seguiranno? Che faranno gli altri detentori di grandi fortune? La querela in cosa si tradurrà, diffamazione o invettiva e magari il tutto si risolverà con un ammenda simbolica perché traspare dalla scelta giornalistica un evidente tono di provocazione?

Intanto il dibattito sulla revisione delle convenzioni fiscali con paesi come Svizzera, Belgio e Lussemburgo si è già aperto. Ma comunque non sbaglia il barone Edourad de Rotschild, che paga le tasse e che difende Libération di cui è il principale azionista: è «una bella operazione di marketing».

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