tratto da famigliacristiana.it
( http://www.famigliacristiana.it/volontariato/organizzazioni/articolo/difesa-dubbi-etici-e-costi-elevati.aspx )
Convegno (blindato) sulle missioni di pace. In quella occasione, i vertici hanno sollecitato la riforma del settore chiedendo mano libera. Le riflessioni della Tavola della pace.
«Un plotone di suore». Il generale Luigi Ramponi, ora senatore del Pdl, è il più esplicito: «Se in Irak avessimo voluto fare un intervento umanitario avremmo inviato un plotone di suore. Quello è stato un intervento bellico vero e proprio». Ci sono molte cose che le vecchie gerarchie militari italiane non sopportano: che in Italia (e solo in Italia) si debba chiamare la guerra con un altro nome (missioni di pace); che i politici dicano quali armi usare o non usare nel campo di battaglia (in Kosovo come in Afghanistan); che il Parlamento “pretenda” di decidere come ristrutturare e riorganizzare le Forze armate, quali armi comperare o rottamare; che il Paese non riconosca sino in fondo la loro importanza, la loro funzione, il loro valore.
Ma, anche per loro, il problema più grande oggi è un altro e si chiama crisi economico-finanziaria. I soldi non ci sono più. L’illusione di continuare ad aumentare la spesa militare è archiviata e ora tocca davvero fare i conti con la spending review. Ne è ormai convinto obtorto collo anche il ministro tecnico della Difesa, l’ammiraglio Giampaolo Di Paola, che il 25 settembre ha concluso il convegno sul ruolo dell’Italia nelle missioni internazionali organizzato presso la Camera dei Deputati dallo Iai (Istituto affari internazionali) e dall’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale).
Il problema resta “come fare” e “cosa fare”. e soprattutto: con quali obiettivi? Le tesi emerse nel corso del convegno – un convegno blindato, senza contraddittorio – ci debbono preoccupare non tanto per il contenuto quanto per la totale assenza di una riflessione critica sulle sfide internazionali che il nostro Paese è chiamato ad affrontare e sugli strumenti più appropriati per fronteggiarle. Un vuoto, che è innanzitutto politico, che ci deve allarmare perché lascia il nostro paese privo di una visione e di un progetto in grado di affrontare il tempo lungo e difficile della crisi e del cambiamento che stiamo vivendo…
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