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Spagna e tv: un solo leit motiv per governo e destra: “Non disturbate il manovratore”

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Ana Pastor è stata destituita dalla guida del programma Los desayunos de Tve. Non si può dire che l’allontanamento non fosse annunciato. Il deputato del Pp, e portavoce nella Commissione di controllo del Congresso, Ramón Moreno, lo aveva scritto sul suo blog lo scorso dicembre: «Los desayunos esistevano già molto prima di Ana Pastor e esisteranno dopo, con infinite possibilità di miglioramento». Pastor è una giornalista di successo, che si è fatta conoscere come inviata in zone calde e poi col programma 59 segundos, dove si è costruita la fama d’intervistatrice scomoda, consolidata con la conduzione de Le colazioni di Tve, dove si è attirata l’inimicizia di ospiti politici di diversi partiti, socialisti compresi (fu il socialista José Bono che, incalzato con decisione su una domanda sulle candidature alla direzione del Psoe che tentava di eludere, la apostrofò con un «señorita Rottenmeier», dal nome della gelida e autoritaria governante del romanzo e poi famosa serie d’animazione giapponese Heidi). Ma è stato il Pp a metterla in cima alla sua lista, mentre porta avanti la sua controriforma complessiva del sistema radiotelevisivo pubblico.

L’esecutore della volontà del Partido Popular è stato il nuovo direttore dei servizi informativa, Julio Somoano, proveniente da Telemadrid in sostituzione di Fran Llorente, l’artefice della tappa di recupero di credibilità e leadership negli ascolti della Tve uscita dalla riforma del governo Zapatero del 2006 – appunto quella che il Pp sta smantellando adesso. Tra il nuovo direttore e la giornalista licenziata c’è stato anche un siparietto finale, con il primo a ringraziare per l’apporto, dire che erano state offerte valide alternative e a far gli auguri di buon lavoro, e la seconda a negare qualsiasi offerta concreta e a ribadire di essere stata allontanata per la colpa di «fare giornalismo». Oltre alla Pastor, molti ruoli chiave sono stati sostituiti. Xabier Fortes, de La noche en 24 horas è ritornato al suo posto di redattore nella redazione locale galiziana, dichiarando a El Mundo «Sono contento di andarmene assieme a tutta l’equipe di grandi professionisti guidata da Fran Llorente». Prima di lui era toccato a Asunción Gómez Bueno (sostituita alla direzione dell’all news, Canal 24 horas, da Sergio Martín), a Alicia Montano (che lascia a Jenaro Castro la direzione dell’informazione delle reti), a Matías Montero (che lascia la direzione dei contenuti dei Servizi informativi a José Gilgado) e a Miguel Ángel Hoyos (sostituito all’edizione del telegiornale del fine settimana da María Eizaguirre).

Le sostituzioni di Pastor e Fortes ci portano al rapporto contraddittorio che i popolari hanno con las tertulias, come gli spagnoli chiamano i dibattiti televisivi o radiofonici. Al governo del Pp, che guida il paese in tempi di crisi con misure lacrime e sangue, non piacciono perché «aumentano la sfiducia», come detto da esponenti del partito. Eppure quando governava Zapatero non ne mancavano una, anche se Rajoy, il capo di governo più silenzioso e col peggior rapporto con la comunicazione della democrazia, non le ha mai amate né frequentate. E non piacciono neanche alla segreteria di Stato perla Comunicazione, Carmen Martínez de Castro, né al sociologo Pedro Arriola, consigliere capo di Rajoy, e prima di Aznar – a cui consigliò di puntare sulla pista basca in occasione delle bombe dell’11 marzo2004, a due giorni dal voto che incoronò Zapatero, coniando la mai verificata frase «Se è l’Eta, vinciamo, se sono gli islamisti, perdiamo». E questo malgrado il ministro dell’educazione, Ignacio Wert, sia uno dei più assidui frequentatori di questi spazi, ora come durante l’opposizione al governo Zapatero.

Las tertulias sono quindi uno dei territori più battuti dal Pp, malgrado l’ostilità dei vertici, dato che la maggior parte dei conduttori sono di destra e il modo più facile di ottenere ascolti è solleticare il populismo dell’audience. Dopo le epurazioni nei canali pubblici, la maggioranza dei canali televisivi e radiofonici appoggiano il governo, a parte l’anomalia di Cadena Ser, la Radio del Gruppo Prisa, editori anche del quotidiano El País. Malgrado ciò, il governo ritiene che il rumore generato da questi programmi, anche se a favore dell’esecutivo, sia eccessivo e vorrebbe che non si toccassero temi come la crisi economica, la disoccupazione e il dissesto del sistema bancario. Per ora l’ascolto di questi programmi tiene, anche se cominciano a verificarsi fenomeni di abbandono delle tertulias di Tve verso programmi meno controllati come Al rojo vivo, deLa Sexta. I dibattiti politici, come quelli sul calcio, sono produzioni imprescindibili per le emittenti radiotelevisive che, con bassissimi costi di produzione, riempiono i palinsesti e ottengono anche buoni ascolti. Malgrado ciò alcune catene hanno già rinunciato a programmarle, come Veo Tv, l’emittente del quotidiano El Mundo, e Vocento, il gruppo multimediale dello storico giornale conservatore Abc. I due gruppi editoriali vicini alla destra spagnola hanno chiuso questi spazi visto che, in un contesto di grande sfiducia dei cittadini verso la politica e di crollo dell’appoggio al governo Rajoy, il modello presenta più rischi che possibilità, soprattutto nelle radio e nei programmi televisivi dove è previsto l’intervento telefonico del pubblico. La nuova politica editoriale dei media di destra e filo governativi spagnoli si ispira alla mai tramontata massima «Non disturbate il manovratore».


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