L’attenzione della grande stampa al sequestro dei pellegrini sciiti iraniani in Siria è commendevole, a prescindere dalla possibilità che qualcuno di loro non fosse un pellegrino, ma un pasdaran. Quel che è meno commendevole è l’assoluto silenzio sulla deportazione in Siria di 19 rifugiati siriani in Libano. Anche qui, può essere che qualcuno di loro non fosse un semplice rifugiato, ma deportarlo in un paese dove rischia almeno la tortura non è carino, o no? Eppure di questa decisione da parte del governo libanese egemonizzato da Hezbollah non si parla, come non si parla del caso odierno: un cittadino libanese, Wissam Tarif, impegnato in un’organizzazione da tempo schierata per i diritti umani in Siria e oggi molto vicina agli insorti, si è visto confiscare il passaporto all’aeroporto Rafiq Hariri mentre si accingeva a partire per la Turchia. La decisione deriva da un ordine amministrativo e non giudiziario, cioè nessun magistrato ha convalidato la decisione della “Sicurezza Generale”, che non è accompagnata da nessuna giustificazione o motivazione. Un simile trattamento venne riservato anche al noto intellettuale della sinistra libanese, Samir Kassir, successivamente assassinato per ordine dei siriani a Beirut.
Questa diversità di attenzioni balza agli occhi e un po’ , solo un po’, sorprende, diciamo così.
Sorprende molto di meno l’attenzione riservata alla defezione del primo ministro siriano, un autentico signor nessuno, come tutti i primi ministri siriani, la cui defezione, oltre che fuori tempo massimo, rappresenta un colpo di immagine, certo, ma poco di più. Nel panorama “politico-familistico” degli Assad la sua fuga conferma che le cose per Assad non vanno bene, ma non costituisce un elemento capace di modificare o di incidere sui rapporti di forza. Da mezzo secolo a questa parte in Siria esiste un potere formale (governo, parlamento etc) e un potere reale (il partito Baath, gli apparati repressivi e le famiglie connesse con la famiglia Assad). La defezione del primo ministro potrebbe indurre altri membri del potere formale a mollare, ma non sembra tale da incidere sui membri dell’altra struttura, quella che detiene il potere reale.
da Il Mondo di Annibale
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