Di Maria Ferdinanda Piva
A Napoli e dintorni ne hanno proprio le scatole piene dei roghi di monnezza. Il Coordinamento Comitati Fuochi ha fatto sapere che sta preparando querele contro gli amministratori locali rimasti inerti di fronte al fenomeno e minaccia di riservare lo stesso trattamento ai ministri dell’Ambiente, della Salute e degli Interni. Inoltre, a quando scrive Il Mattino, la Procura si prepara ad aprire un’inchiesta ad ampio raggio.
Gli incendi di rifiuti nella zona di Napoli e di Caserta, vanno avanti da anni e annorum, che ci sia o no emergenza con i mucchi di spazzatura sulle strade. Ultimamente si sono intensificati.
Un conoscente mi diceva che adesso almeno una volta alla settimana c’è un grosso incendio in una zona densamente popolata. Il rogo di ecoballe ad Acerra è il più recente caso eclatante.
Chi dà fuoco, e perchè? Certo qualsiasi sostanza, qualsiasi rifiuto industriale di illecita provenienza può essere perfettamente mimetizzato quando finisce in cenere insieme ad un mucchio di rifiuti domestici…
I pochi dati relativi alle conseguenze sulla salute collettiva sono da incubo: nelle zone dei roghi si muore di tumore fino al 47% in più rispetto alla media nazionale. Lo dice uno studio condotto dall’Istituto Nazionale Tumori in collaborazione con la Fondazione Pascale.
M cosa entra nell’aria, cosa si deposita al suolo e nei polmoni dopo un rogo di monnezza? Nefande schifezze, certo: però – vi sembrerà strano – nessuno è in grado di dire quali.
A parte la campagna iniziata in seguito all’incendio di Acerra, non ho trovato notizie di prelievi e analisi durante o dopo i roghi sul sito dell’Arpa Campania. In tutta la regione ci sono 20 centraline, diconsi venti soltanto, per il monitoraggio dell’inquinamento atmosferico.
Se il rogo di monnezza non avviene a due passi di distanza, cosa volete che riescano a rilevare? Bisognerebbe che ogni volta qualcuno accorresse prontamente con gli strumenti per prelevare campioni. A quanto mi risulta, non avviene nulla di tutto ciò.
Che io sappia, non esistono neppure studi scientifici di carattere generale sulle emissioni di sostanze inquinanti legate ai roghi di rifiuti (chi ne conosce uno, per favore segnali nei commenti). Certo è facile pensare alle diossine, generalmente legate alla plastica che va a fuoco: peraltro sul sito dell’Arpa Campania la campagna per il monitoraggio generale delle diossine risulta aggiornata solo fino all’inizio del 2010.
A seconda delle sostanze bruciate, nei fumi dei rifiuti possono esserci anche metalli pesanti e Ipa, idrocarburi policiclici aromatici, tanto per dire. Negli inceneritori sono installati filtri per trattenere queste sostanze e le emissioni non possono superare limiti di legge: eppure già abitare vicino ad un inceneritore può nuocere gravemente alla salute. Figuratevi quando tutto va direttamente nell’atmosfera…
Il ministro della Salute Renato Balduzzi stamattina, bontà sua, ha parlato di “quadro preoccupante”: sta aspettando i risultati del gruppo di lavoro istituito in seguito allo studio del De Pascale, dovrà definire con esattezza entro fine settembre “il quadro generale di alcuni problemi”.
Auspica inoltre interventi e monitoraggi immediati senza dire, peraltro, chi (e con quali soldi) dovrebbe occuparsene.
Ma i napoletani, dicevo, stavolta ne hanno le scatole piene. Il Coordinamento Comitati Fuochi ha diffuso un comunicato stampa in cui afferma, in sostanza, che i roghi di monnezza servono per far sparire rifiuti industriali portati illecitamente in Campania. E soprattutto dice che stanno partendo le querele ai politici.
Fonte: Blogeko