Scrivo di nuovo della vicenda di Palermo non per fissazione ma perchè la ritengo emblematica dello stato del nostro paese. Il motivo stavolta è l’intervista rilasciata oggi da Vittorio Teresi, procuratore aggiunto di Palermo, a Repubblica. Teresi è un magistrato riservato, non è un presenzialista e non appartiene all’elenco dei magistrati noti alle cronache giornalistiche di questi giorni. E’ peró un profondo conoscitore della realtà siciliana e mafiosa ed ha una lunga esperienza di inchieste. Cosa dice in sostanza Teresi:
1. l’azione della magistratura palermitana vive ormai una condizione di isolamento;
2. i procedimenti disciplinari avviati verso alcuni magistrati rischiano di condizionare pesantemente le nomine dei prossimi vertici della magistratura siciliana;
3. i responsabili investigativi dell’Arma dei Carabinieri a Palermo saranno azzerati e sostituiti da ufficiali privi di specifica esperienza. Sono affermazioni estremamente gravi e preoccupanti che dimostrano come la questione mafia sia ancora in Italia piena di ombre.
Per questo ho ritenuto di firmare l’appello del Fatto Quotidiano in sostegno dei magistrati siciliani. Per questo ha ragione Zagrebelsky quando, sempre dalle pagine di Repubblica, invita ad un ripensamento sul tema del conflitto di attribuzione tra Quirinale e procura di Palermo.
Ahimé la risposta è arrivata a stretto giro da Monti: “bisogna intervenire, ci sono stati abusi”. Già abusi, ma chi li ha commessi? Chi lottava senza quartiere la mafia a costo della vita o chi cercava accordi con essa? Chi investigava o chi tentava di coprirsi?