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Momenti cruciali in Somalia per la fine della transizione

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La Somalia sta vivendo momenti cruciali per il suo futuro. Sono in corso le operazioni per il passaggio alle nuove istituzioni da quelle di transizione che dal 2004 reggono le sorti del Paese. La road map che ha preso l’avvio lo scorso settembre prevedeva che, non essendoci ancora le condizioni per elezioni universali, fossero gli Anziani di ciascun clan, gli Elders, a designare, dapprima, gli 825 membri dell’Assemblea Nazionale Costituente e, poi, i 225 parlamentari, portati infine a 275 per assicurare una maggiore rappresentatività ai vari clan, i quali dovranno a loro volta nominare le più importanti cariche dello Stato, primo fra tutti il presidente della Repubblica con la cui elezione, prevista il prossimo 20 agosto, si concluderà la transizione.

Ma intorno a questo processo costituente si sono accese critiche diffusissime e da più parti sono piovute accuse di malversazioni, violenze e di mercato nero dei seggi parlamentari.

Dopo il rapporto di Matt Bryden, coordinatore del Monitoring Group per Somalia ed Eritrea, che ha accusato di corruzione dilagante la pubblica amministrazione somala, a cominciare dagli esponenti delle attuali istituzioni di transizione, e la denuncia di Augustine Mahiga, inviato speciale per la Somalia del Segretario Generale dell’Onu Ban Ki-moon, il quale ha riferito di tangenti e intimidazioni nella designazione dei membri del nuovo Parlamento, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU è tornato a sottolineare, con un comunicato dell’altro ieri, i timori per i brogli, gli ostacoli alla road map ed i pericoli che corrono le “quote rosa” del 30%. Nel comunicato si esprime soddisfazione per l’adozione in via provvisoria del testo della nuova Costituzione, “una pietra miliare” del passaggio verso una “governance più stabile e responsabile” ma, – anche in questo caso – si auspica che la scelta dei nuovi parlamentari avvenga “il più presto possibile e in modo trasparente, senza il timore di violenze o di intimidazioni”.

A dire il vero, talvolta è sembrato che fosse la stessa comunità internazionale ad ammorbidire le regole. Nell’ultima riunione di Nairobi del 6 agosto si è aggiunta, al requisito del possesso di un titolo di istruzione superiore per divenire parlamentare, l’alternativa di un’equipollente esperienza. Una locuzione estremamente vaga che la stampa e la società civile hanno letto come una modifica dell’ultim’ora, e a giochi in corso, accettata da Mahiga per favorire lo speaker dell’attuale parlamento di transizione Sheikh Hassan, privo di titoli di studio.

Ma anche le contorsioni diplomatiche di Mahiga, che da una parte denuncia e dall’altra agevola i personaggi più potenti, ma anche più chiacchierati, sembra arrivata al capolinea. Le accuse di immoralità diffusa a tutti i livelli pubblici hanno portato a Mogadiscio gli esponenti della Corte Penale Internazionale dell’Aia e proprio questa mattina, a conferma dell’impegno assicurato dal Ministro Giulio Terzi su queste pagine in risposta alle preoccupazioni espresse dalle Associazioni Migrare e Articolo 21, si è fatto sentire il rappresentante dell’Unione Europea perla Somalia AlexRondos il quale ha lasciato intendere l’insoddisfazione per le modalità di attuazione della transizione.

Quasi in risposta all’UE, è stato diffuso un ultimatum di ONU, Unione Africana e IGAD – che hanno la gestione diretta della road map – contro i capi delle attuali istituzioni di transizione somale affinché cessino le loro pesanti intimidazioni sul regolare processo del più qualificato rinnovamento delle istituzioni nel tentativo di essere rieletti assieme ai loro sostenitori, assicurando che saranno presi immediati ed adeguati provvedimenti nei loro confronti. A sua volta James Swan, Ambasciatore degli Stati Uniti perla Somalia, ha accolto con favore l’ultimatum ed ha aggiunto che per restituire dignità alla Somalia nel contesto internazionale deve essere favorito l’ingresso nel nuovo parlamento degli uomini migliori e sbarrato il passo ai Warlords.

In effetti Mogadiscio sta vivendo momenti di altissima tensione ed il Comitato Tecnico Elettorale, che comprende anche osservatori internazionali ed ha diritto di veto sui candidati, ha sin qui ammesso solo 210 nominativi sui previsti 275, mentre il termine per il giuramento scadeva il 10 agosto scorso. Il ritardo dà l’idea della fibrillazione con la quale si stanno svolgendo le trattative.

Le sparatorie si accendono in varie parti di Mogadiscio non solo per i conflitti sulle nomine dei parlamentari (l’ultima è avvenuta tra le stesse forze del TFG in prossimità della sede del Comitato elettorale e vicino a quella dove siedono gli Elders), ma anche per le candidature alla presidenza della Repubblica in vista dell’elezione del prossimo 20 agosto.

Tutti e tre gli esponenti delle istituzioni di transizione, il Presidente Sheikh Ahmed, lo speaker Sheikh Hassan e il Primo Ministro Abdiweli Ali Mohamed, aspirano alla nuova presidenza della Repubblica ma i candidati sono oltre un centinaio.

Tra questi, nei giorni scorsi,  arrivato a Mogadiscio Mohamed A. Mohamed (Farmajo) accolto da manifestazioni di giubilo tanto che pure alcuni militari hanno abbandonato le loro postazioni per unirsi alla folla. Nella conferenza stampa all’aeroporto Farmajo ha detto di sapere che da sei mesi militari, poliziotti e pubblici dipendenti non ricevono lo stipendio ed ha intimato al Governo di transizione, tra il tripudio della folla, di provvedere entro il corrente Ramadan.

Nonostante i problemi di sicurezza, il superamento della transizione sta riportando in Somalia molti che l’avevano abbandonata. Fervono i lavori di ripristino delle abitazioni e riprende vigore il mercato sotto l’impulso di avanzatissime tecnologie. La phone-money è di uso comune e perfino l’elemosina passa da un telefonino all’altro. Se appena la situazione si normalizzasse, la Somalia darebbe filo da torcere sui mercati internazionali.

Fondatrice e Portavoce dell’Associazione Migrare – www.migrare.eu
Pubblicato su l’Unità


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