L’Italia è una Repubblica
af-fondata sul lavoro?

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Caro Direttore,
un giovane muore a 14 anni schiacciato da un masso. Un operaio morto mentre lavorava sul palco del concerto della Pausini, l’Ilva e le statistiche sulla disoccupazione record. Ma il diritto al lavoro (e alla sicurezza) non è il primo capitolo della nostra Costituzione? Tutta la responsabilità è della crisi economica generale? E soprattutto, perché per saperne di più sul Paese che affonda l’unico strumento è internet che ovviamente viene utilizzato solo da una parte della popolazione? Le sarò grato se vorrà di una sua riflessione.

Valerio Gentilini, operaio Vicenza

Caro Valerio,
la morte del giovane di 14 anni in un cantiere nel leccese e la notizia del licenziamento dell’operaio licenziato dopo la diagnosi del linfoma di Hodgkin sono due facce della stessa medaglia. Schematizzerei così la riflessione:
– Lavoro e precarietà devono essere al primo posto della cosiddetta “agenda politica”.
– Le statistiche sulle morti sul lavoro che fanno esultare alcuni per il calo negli ultimi anni sono quantomeno discutibili dal momento che la riduzione degli infortuni e’ riconducibile sostanzialmente alla diminuzione del numero degli impiegati e delle ore lavorate a causa della crisi economica.
– E’ fondamentale approfondire tutte quelle circostanze in cui il lavoro oltre ad essere precario è pericoloso laddove, dall’Ilva alle fabbriche di Eternit l’esposizione a sostanze inquinanti o contaminanti rappresenta un rischio elevatissimo per la salute con effetti devastanti nei prossimi anni.
– Di sicurezza sul lavoro se ne continua a parlare poco e meno se ne parla meno si attuano meccanismi di prevenzione indispensabili ad evitare incidenti.

Per questa ragione condivido la lettera-appello “furto d’informazione” del gruppo di economisti, giuristi, intellettuali e docenti tra cui Luciano Gallino e Guido Rossi secondo cui “il modo in cui si parla della crisi costituisce una sistematica deformazione della realtà e una intollerabile sottrazione di informazioni a danno dell’opinione pubblica”.
Da dove si comincia? Dalla tv.
Secondo la ricerca ‘Minori, mass media e crisi economica’, condotta dal Centro Studi Minori e Media di Firenze il 75,3% dei giovani attinge le informazioni sulla crisi dalla televisione, il 7% si informa attraverso internet e il 9,2% dai giornali.
Se la tv, pubblica e privata, rinunciasse a qualche replica estiva per qualche approfondimento in più sulle ragioni e le conseguenze della crisi, del malessere economico e sociale il “furto d’informazione” sarebbe in parte risarcito.

Stefano Corradino

 


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