Ancora una volta dalla Corte Europea dei diritti umani, giunge una grande lezione di civiltà e di umanità. La sentenza sulla legge 40 seppellisce letteralmente un altro pezzo, com’è giusto e come meritava, di una legge retrograda, medioevale e punitiva; una legge che – non a caso – non ha alcun riscontro (con la sola eccezione dell’Austria) in altri paesi europei. Una legge giustamente definita dalla Corte Europea “illogica”, fortissimamente voluta dagli ambienti più conservatori e retrivi del Vaticano e da zelanti zuavi pontifici del centro-destra. Ho immediatamente salutato questa sentenza come un importante, fondamentale passo verso la civiltà, la dignità e l’umanità. Ancora una volta vengono premiati la costanza e la determinazione dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà della ricerca scientifica e dei radicali, che hanno individuato nello strumento della legge e dei ricorsi nelle varie sedi di giustizia europee le sedi idonee per correggere e annullare le gravissime storture di cui è stata capace la maggioranza di centro destra.
I sostenitori di questa legge nemica della donna e della coppia, agitano strumentalmente lo spettro dell’eugenetica. A loro rispondo che non si tratta di selezionare il colore degli occhi o dei capelli. Qui si parla di malattie serie. Ci sono genitori che vivono situazioni tremende, terribili. Nel caso che ha originato la sentenza, una coppia dopo aver dato alla luce la loro prima figlia, hanno scoperto di essere portatori sani di una malattia, terribile e mortale, la fibrosi cistica. Ecco la loro colpa: hanno lottato, lottano per avere la possibilità di procreare figli sani. Non è forse un loro diritto, un nostro diritto, un diritto di tutti, sapere, e poter scegliere in modo responsabile? In nome di quale misericordia lo si vorrebbe impedire? E quale autorità, quale potere, autorizza quanti ciancicano di nazismo a offendere delle persone, già così pesantemente provate? Si dovrebbero vergognare!
Toccherà al Parlamento predisporre e votare una legge rispondente agli interessi della coppia e corrisponda al “comune sentire”. Pierluigi Bersani, Antonio Di Pietro, Nichi Vendola, ma anche Beppe Grillo…intendono assumere impegni precisi su questo? Non credo sia una domanda peregrina, e credo anzi sia un nostro diritto di elettori chiederglielo, e loro dovere, di candidati e aspiranti al governo, rispondere.
In queste ore colleghi come Paola Binetti dell’UdC o organizzazioni come il Movimento per la Vita sostengono che la sentenza della Corte d’Europa costituirebbe “un attacco alla vita nascente, alla vita debole e fragile”; e si invoca un “serio ticket alla legge 194”.
Affermazioni che rasentano l’impudenza, ma voglio accettare questo terreno. Ben venga, la verifica, il ticket auspicato. Si avrà modo, così, di documentare come in intere regioni la legge non viene applicata, e con il pretesto dell’obiezione di coscienza (perfino per i portantini!) intere strutture sanitarie non tutelano il diritto della donna a poter interrompere la gravidanza ove ritenga di doverlo fare; si avrà modo di documentare come le strutture ospedaliere disattendono la legge, che impone loro comunque di trovare soluzioni per le donne che decidono di far ricorso all’aborto. Si avrà inoltre modo di documentare le vere e proprie campagne terroristiche e in mala fede che in alcune strutture sanitarie vengono messe in essere per convincere in modo subdolo e falso, la donna a non abortire.
Sono certa che l’onorevole Binetti sia convinta della bontà delle sue affermazioni almeno quanto io sono convinta delle mie. Si unisca dunque a me nella pubblica richiesta perché il servizio pubblico radio-televisivo garantisca una adeguata informazione su queste questioni e si organizzino trasmissioni di confronto e dibattito in modo da consentire agli italiani di conoscere, sapere e poter decidere con cognizione di causa. E’ una richiesta precisa la mia, rivolta al presidente della RAI Anna Maria Tarantola e al direttore generale Luigi Gubitosi: il servizio pubblico, per essere tale, deve informare, assicurare confronto, dibattito, permettere che le varie posizioni siano conosciute. La RAI, in passato si è resa responsabile di una vera e propria confisca di conoscenza, per quel che riguarda temi e argomenti che pure sono nell’agenda politica del paese, si tratti della giustizia, del carcere, del debito pubblico, del fine vita o del testamento biologico. Noi radicali, inoltre, come documenta da anni il Centro di Ascolto sulla RAI siamo penalizzati in modo particolare, dal momento che si contano sulle dita di una mano le apparizioni di Marco Pannella o di Emma Bonino. Vogliamo continuare su questa strada, veri e propri attentati ai diritti di tutti di sapere, come peraltro ha riconosciuto svariate volte l’Autorithy preposta, che ha condannato la RAI a predisporre trasmissioni riparatorie? Il presidente Tarantola, il direttore generale Gubitosi se davvero vogliono, possono voltare pagina e dare un senso all’espressione “servizio pubblico”.