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Ingroia e Scarpinato, perchè li attaccano?

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E’ chiaro purtroppo a chi studia da tempo il fenomeno mafioso perché il procuratore generale di Caltanissetta, Roberto Scarpinato, è oggi di nuovo sottoposto ad attacchi violenti come d’altra parte lo è Antonio Ingroia procuratore aggiunto a Palermo. Come vent’anni fa,quando Falcone e Borsellino,vennero assassinati a Palermo con le loro scorte, a Capaci il primo e a via D’Amelio il secondo,il problema della difesa dei magistrati che parlano con chiarezza all’opinione pubblica nazionale sul grave pericolo costituìto da Cosa Nostra come dalle altre associazioni mafisose nel nostro paese,è molto difficile da risolvere.

Ora Ingroia andrà sicuramente a lavorare per un anno alle Nazioni Unite e questo ha già provocato attacchi al magistrato e rimpianti per la sua partenza.

Ma Scarpinato rimane – per quanto sappiamo – in Sicilia e le cose che ha scritto pesano come quelle che ha detto Ingroia sulla lotta a Cosa Nostra.
Scarpinato, nella lettera ideale che ha inviato a Borsellino ma soprattutto nella prefazione al libro di Antonella Mascali che si intitola Le ultime parole di Falcone e Borsellino e che è uscito poco più di un mese fa da Chiarelettere ha detto cose che a Cosa Nostra ma soprattutto ai suoi alleati politici spiacciono molto.

Ricordo quel brano della prefazione in cui Scarpinato racconta come e perché Falcone fu costretto ad abbandonare la procura di Palermo nel gennaio 1991 e a trasferirsi a Roma alla direzione degli Affari Penali del Ministero della Giustizia: ”dell’emarginazione e dell’angoscia di Falcone in quegli anni sono stato diretto e partecipe testimone.Mi confidò che doveva andar via perché, restando in quella procura,il suo nome rischiava di perdere credibilità giorno dopo giorno.Così alla fine decise di accertare l’offerta di trasferirsi a Roma ……Ero presente quando Giovanni,congedandosi dall’imperterrito procuratore capo,gli disse: “E’ penoso quello che ho dovuto ascoltare nei corridoi di questo palazzo,constatare che, tranne pochi, tutti sono contento per il fatto che me ne sto andando.”

Ancora una volta – osserva Scarpinato – come era accaduto in passato all’ufficio Istruzione,il vero punctum dolens non era il Falcone che indagava sulla mafia militare.Il punto di rottura,il trasformarsi dell’insofferenza in aperta crisi di rigetto,si verifica quando ci si rende conto che,nonostante gli inequivocabili segnali che gli erano stati dati,Giovanni non era disponibile a fermarsi solo a quel versante del pianeta mafioso.”
Concludendo la prefazione, il magistrato di Caltanissetta ricorda l’ultima intervista a Giorgio Bocca di Carlo Alberto Dalla Chiesa in cui il prefetto-generale diceva che,a differenza di quel che gli era capitato quando combatteva i terroristi,ora che lottava contro i mafiosi “l’Italia per bene può disinteressarsene”. E Dalla Chiesa era convinto che gli italiani facessero male a disinteressarsene.

Scarpinato è d’accordo con lui: “Aveva ragione il generale Dalla Chiesa. Aveva ragione Giovanni Falcone e Paolo Borsellino quando ripetevano che la mafia,ancora oggi la “Spa” con il maggior fatturato,non può essere sconfitta solo con l’azione repressiva della magistratura e delle forze di polizia. Fino a quando ci saranno politici che tradiscono lo Stato e prendono voti dai boss in cambio di favori,fino a quando questi politici vengono eletti dai cittadini,saremo costretto a parlare di mafia al presente e non al passato.”
E’ quello che dico anch’io da molti anni. Ma chi ci ascolta?


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