Samia Yusuf Omar, olimpica somala a Pechino 2008, e morta inseguendo il sogno di decine di migliaia di giovani africani: raggiungere l’occidente per cambiare vita, uscire dalla miseria, aiutare la propria famiglia. A raccontare il dramma di questa giovane, poco più che ventenne, è un altro atleta somalo: Abdi Bilè considerato un eroe dai suoi connazionali per avere vinto, nel 1987 a Roma, la medaglia d’oro nei 1500 metri entrando nell’olimpo dell’atletica leggera. Samia Yusuf Omar, era la più grande di sei figli di una poverissima famiglia di Mogadiscio. La mamma fa ancora la fruttivendola dopo che il padre e’ stato ucciso da un proiettile di artiglieria. Tra mille difficoltà e sacrifici nel 2008, questa ragazza piccola e gracile, partecipa alle Olimpiadi di Pechino in rappresentanza del suo Paese. E’ arrivata ultima, 32 secondi di sforzo a cui nessuno fece caso, ma che la riempirono di gioia e soddisfazione. “Tornò a Mogadiscio felice ” – racconta Abdi Bile’ -. “Era stata un’esperienza bellissima, aveva portato la bandiera somala, sfilando con i migliori atleti del mondo”. Quattro anni dopo, il destino le ha riservato una storia completamente diversa. “Sapete che fine ha fatto Samia Yusuf Omar? – ha chiesto Abdi nei pochi giorni che mancano alle elezioni presidenziali somale -. La ragazza è morta… morta per raggiungere l’Occidente. Aveva preso una carretta del mare che dalla Libia l’avrebbe dovuta portare in Italia. Non ce l’ha fatta. Era un’atleta bravissima. Una splendida ragazza”. Su Wikipedia é scritto che ” Samia ” il 18 agosto 2012 é mortin mare a soli 21 anni, su un barcone di migranti con cui era partita dalla Libia sperando di arrivare in Italia”. Una storia crudele e difficile da verificare, ma che la scrittrice italiana di origine somala Igiaba Scego ha scelto di raccontare su Pubblico, mettendola in parellelo con i trionfi di un altro somalo dal diverso destino, Mo Farah. Il giovane atleta, arrivato da rifugiato in Inghilterra, é diventato oggi un simbolo delle Olimpiadi di Londra dopo aver dominato le sue due discipline, i 5 e 10 mila metri. Samia sarà, invece, il simbolo delle oltre ventimila persone che negli ultimi 20 anni sono state inghiottite dal Mediterraneo. Un terribile massacro che dobbiamo fermare.