Questa sera alle ore 23:25 su Raiuno andrà in onda il documentario di Maria Grazia Mazzola “L’uomo che sapeva di dovere morire”. A vent’anni dalla strage di via d’Amelio, in cui hanno perso la vita Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta – Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina, Eddie Walter Cosina – moltissimi sono gli interrogativi e i misteri irrisolti. E’ una storia colma di depistaggi, di silenzi, di false dichiarazioni, di interrogativi senza risposta come quello sulla misteriosa scomparsa dell’agenda rossa del magistrato o quello – ancora più inquietante – sulla tempistica con cui cosa nostra decide di organizzare la strage.
Domenica 15 luglio a Speciale Tg1, Maria Grazia Mazzola ripercorrerà in un documento di grande intensità i fatti di quei giorni. Una storia raccontata dal di dentro, tracciata seguendo il fil rouge di un’intervista “dimenticata” in cui Paolo Borsellino sembra voler affidare alla telecamera il suo testamento. Un documento che ricompone le ultime ore di vita di un uomo assolutamente consapevole di essere condannato a morte. Un racconto colmo di emozione in cui parla Agnese, la moglie di Borsellino, che decide di leggere una lettera a suo marito: un dialogo post mortem che riporta in vita le speranze e i valori dell’esistenza del magistrato.
Maria Grazia Mazzola ricostruisce le ore, le emozioni, le inchieste in questo straordinario documento in cui parla per la prima volta Gioacchino Natoli, presidente del Tribunale di Marsala, che con Borsellino firmò i verbali di interrogatorio di Mutolo; il procuratore di Caltanissetta Sergio Lari e i magistrati Leonardo Guarnotta e Ignazio de Francisci.
Ripropone le immagini sconcertanti della festa dei figli dei boss nel carcere minorile di Catania alla notizia della strage e la rabbia dei cittadini, delle scorte, l’angoscia dell’Italia in lutto.
In studio, Monica Maggioni intervistera` Don Cesare Rattoballi, cugino di Vito Schifani, uno degli agenti di scorta di Falcone morti a Capaci e confessore di Paolo Borsellino nell’ultimo mese di vita del magistrato.
“L’uomo che sapeva di dovere morire”, un documento unico che commuove, impone di non dimenticare, chiede verità.